DAGOREPORT - BLACKSTONE, KKR, BLACKROCK E ALTRI FONDI D’INVESTIMENTO TEMONO CHE IL SECONDO MANDATO…
Michela Allegri per "Il Messaggero"
MARTA CARTABIA E GIORGIO LATTANZI
L'Italia è maglia nera in Europa per la durata dei processi: sono 8 volte più lunghi rispetto alla media registrata negli altri Paesi. Per questo motivo la Commissione Lattanzi, incaricata dalla ministra Marta Cartabia di lavorare alla riforma del processo penale, ha uno scopo preciso: rendere il rito più snello, velocizzare la fase delle indagini, rendere più spedite le notifiche, ottimizzare udienza preliminare, fare diventare più appetibili i riti alternativi e, soprattutto, ridurre drasticamente la mole di procedimenti che si incagliano nelle aule.
Marta cartabia al Meeting di Comunione e liberazione
Tutte le proposte sono contenute nelle oltre 70 pagine di relazione depositata ieri alla Guardasigilli. Gli esperti, guidati dal presidente emerito della Consulta, sottolineano che anche l'annoso problema della prescrizione «deve trovare soluzione, in primo luogo, sul terreno della riduzione dei tempi del processo». Una delle strategie studiate per abbattere la mole di fascicoli destinata ad approdare in aula è quella delle «archiviazioni meritate».
LA PROCEDURA
Una procedura già utilizzata all'estero che riguarderebbe i reati minori che, sottolinea la Commissione, «rappresentano la fetta più importante dell'attività processuale: le condanne a una pena pecuniaria o a una pena detentiva inferiore a 2 anni costituiscono il 90% del totale».
Alla fine delle indagini preliminari, scatterebbe la possibilità di attivare una misura alternativa alla formulazione dell'imputazione: l'indagato avrebbe l'opportunità di compensare il reato con una serie di condotte positive nei confronti della collettività, oppure concordate con la parte lesa.
Potrebbe trattarsi di un risarcimento, dello svolgimento di un lavoro di pubblica utilità, di attività di volontariato, dell'assoggettamento a percorsi psicoterapeutici.
Tra le altre proposte, l'estensione della non punibilità per i reati lievi, una profonda revisione dei mezzi di impugnazione, con l'inappellabilità delle sentenze di condanna e di proscioglimento da parte del pm.
GLI INCONTRI
L'obiettivo, ora, è arrivare a riforme rapide e incisive. Per questo motivo la Guardasigilli ha già messo in calendario per la prossima settimana un vertice con i capigruppo della Commissione Giustizia sulla riforma del Csm, ultimo tassello per completare il disegno riformatore fondamentale per ottenere i 191 miliardi previsti dal Recovery Fund.
Oggi, invece, la ministra incontrerà, su richiesta dell'ex premier Giuseppe Conte, una delegazione dei Cinquestelle: per il M5S, che chiede lo stop alla prescrizione dopo la sentenza di primo grado, introdotto con la riforma Bonafede, le proposte della Commissione Lattanzi non sono condivisibili.
La commissione avanza due ipotesi alternative, partendo dal presupposto che la riforma Bonafede «espone l'imputato al rischio di un processo di durata irragionevole», mentre il successivo lodo Conte, che limita la sospensione della prescrizione al solo caso di sentenza di condanna in primo grado, «presta il fianco a rilievi critici».
La prima proposta prevede che, dopo la sentenza di primo grado di condanna e dopo la sentenza di appello di conferma, la prescrizione rimanga sospesa, per 2 anni, nel primo caso, e per un anno, nel secondo.
ALFONSO BONAFEDE GIUSEPPE CONTE
Se nel periodo di sospensione non interviene la decisione sull'impugnazione, la prescrizione riprende il suo corso e il periodo di sospensione è computato ai fini della determinazione del tempo necessario a prescrivere.
La seconda ipotesi, invece, è più radicale: la prescrizione del reato - il cui termine smette di correre con l'esercizio dell'azione penale - non può verificarsi dopo che è iniziato il processo. Ma se il processo non si esaurisce entro 4 anni per il primo grado, 3 anni per l'appello, 2 anni per il giudizio di legittimità, allora scatta l'improcedibilità dell'azione.
E, comunque, il processo penale, nel complesso, non può durare più di 9 anni dopo l'esercizio dell'azione penale. Limite che si estende a 11 anni se si tratta di reati di criminalità organizzata, oppure puniti con l'ergastolo.
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