DAGOREPORT - BLACKSTONE, KKR, BLACKROCK E ALTRI FONDI D’INVESTIMENTO TEMONO CHE IL SECONDO MANDATO…
Jacopo Iacoboni per “la Stampa”
A metà novembre, con una mossa a effetto, Beppe Grillo ha tolto il suo nome dal simbolo del M5S. Ne possiamo dedurre che il 2016 sarà il primo anno del Movimento senza il peso decisivo delle uscite del suo fondatore, e l' occhiuto controllo del suo cofondatore, Gianroberto Casaleggio?
Le cose non sono così scontate. Innanzitutto perché già tre anni e mezzo fa Grillo si era cautelato, registrando un logo del Movimento senza il suo nome, ma ugualmente di sua proprietà. E, per statuto, chi detiene il logo coincide con il proprietario del Movimento, cioè colui che nomina il segretario formale e il tesoriere dell' organizzazione (che ne gestisce in ultima analisi i soldi).
Ciò vuol dire che, nonostante la stanchezza, e forse anche una certa delusione (Grillo ai suoi ha domandato amaro «siamo sicuri di aver dato alla gente che ci votava ciò che promettevamo?»; velata critica alle camarille dei giovani scalatori del direttorio) l' ex comico resta figura chiave.
In più, il M5S rimane l' anomalia di un movimento parzialmente generato dal basso, ma saldamente controllato (e certificato) dall' alto, anzi, da un' azienda (in questo simile solo, di recente, al berlusconismo): nonostante tutto, anche i problemi di salute, Casaleggio continua a detenere le chiavi della macchina. Insomma, e per farla breve, Grillo e Casaleggio ci sono eccome; forse il secondo ancora più del primo.
Realisti e ottimisti È vero però che qualcosa sta cambiando, e il Movimento Cinque Stelle che si appresta alla prova delle elezioni nelle più importanti città italiane (Torino, Milano, Roma, Napoli) in quest' anno ha cambiato radicalmente pelle. Per gli ottimisti, il direttorio a cinque sta scongelando il Movimento facendolo entrare in una dialettica politica più proficua con il resto del «sistema».
Per i più realisti, il Movimento si sta trasformando a sua volta in un partito: con una sua leadership che assomiglia molto alle vecchie segreterie, e vede al centro il giovane Luigi Di Maio (figlio di un vecchio, importante dirigente rautiano del Msi di Napoli) e il suo entourage. E con alcune antiche regole assai tradite nella prassi (per esempio quella sui soldi da restituire: è in caduta libera tra i parlamentari la vecchia etica francescana del ridare quasi tutto, che tanto era cara a Casaleggio).
Con questo groviglio di contraddizioni, il Movimento si presenta al voto, ma in ogni città con caratteristiche diverse, maggiore, o minore credibilità.
Uno dei volti più interessanti è la candidata di Torino, la bocconiana Chiara Appendino, consigliera comunale che molto ha incalzato la giunta Fassino, e non dispiace anche alla Torino borghese. Se la lista di Sinistra togliesse a Fassino i voti per vincere al primo turno, al ballottaggio può succedere di tutto.
A Roma la base aveva fatto anche una raccolta di firme per avere Di Battista candidato, cosa impossibile per le regole del Movimento (chi ha già un incarico elettivo, lo completa): la scelta del nome verrà fatta a gennaio, con la procedura gestita alla Casaleggio associati, ma se dobbiamo azzardare, la candidata favorita è Virginia Raggi, volto pulito e mediatico, ma certo assai meno nota di Di Battista.
Al punto che c' è chi ha sospettato che in fondo il M5S non voglia davvero vincere Roma, una gatta da pelare che rischierà di bruciare qualunque forza politica ci si cimenterà. A Milano pare senza chance di successo Patrizia Bedori, mentre a Napoli la corsa è tutta da decidere, e molto dipenderà anche da ciò che avviene nel campo di centrosinistra: correrà di nuovo il sindaco uscente De Magistris?
di battista e di maio in scooter
Ogni città la sua storia Di certo il Movimento delle origini era «tutto principi e metodi», come diceva Casaleggio: ma qui i metodi per la selezione dei candidati sono saltati, e ogni città ha fatto a modo suo: a Torino voto per acclamazione a un' unica candidata, a Milano primarie tra otto candidati (ma primarie fisiche, come quelle del Pd, per capirci),
a Bologna imposizione di Bugani (e radiazione per chi voleva sfidarlo), a Napoli, nel momento in cui scriviamo, ancora una grande incognita. Al punto che la prima domanda che il Movimento nel 2016 si porrà è: siamo sicuri di voler vincere o sarebbe per noi l' inizio della fine?
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