DIO STRAMALEDICA HOLLANDE! ACCADEMICI IN RIVOLTA CONTRO L’INSEGNAMENTO DELL’INGLESE

Anais Ginori per "La Repubblica"

Un professore del College de France, Claude Hagege, parla addirittura di "pulsioni autodistruttrici", "progetto suicida". E conclude: «Siamo in guerra». Il motivo di tanta agitazione è l'idea del governo di istituire dei corsi in inglese all'interno delle università e delle Grandes Ecoles, le scuole che formano l'élite del paese.

Le intenzioni della riforma, già presentata dall'esecutivo e tra pochi giorni al vaglio del parlamento, sono lodevoli. In un sistema accademico internazionale sempre più competitivo, in cui le principali potenze si contendono i migliori cervelli, avere dei corsi in inglese all'interno delle facoltà francesi permetterebbe di attrarre più studenti stranieri.

Ma con la lingua di Voltaire non si scherza. A scanso di equivoci, dal 1992 esiste persino un articolo della Costituzione che sancisce che la lingua ufficiale della République è il francese. Quindi non c'è da stupirsi se la misura del governo socialista, che vorrebbe mettersi al passo coi tempi e la globalizzazione, abbia già sollevato una levata di scudi negli ambienti intellettuali.

Puntuale è arrivata la bocciatura dell'Accademia di Francia, istituita nel lontano 1635 dal cardinale Richelieu proprio per difendere l'idioma nazionale e proteggerne l'elegante purezza. Secondo l'Accademia il progetto rischia di provocare una "marginalizzazione" della lingua francese. E poco importa che il ministero dell'Istruzione abbia precisato che l'insegnamento in lingua straniera sarà comunque limitato all'1% dei corsi, in particolare quelli che più tecnici, che spesso già necessitano l'uso di termini inglesi.

La rivalità con l'inglese è antica e radicata, anche nella classe politica che spesso si presta a grotteschi strafalcioni negli incontri internazionali. Questo è il paese che si ostina a bandire gli anglicismi, cercando di tradurre ogni parola, dal "computer" ordinateur
a "tiebreak" jeu décisif, anche se poi capita per esempio di accendere la radio e ascoltare gruppi nazionali cantare solo in inglese.

Quella dell'Accademia di Francia sembra insomma l'ennesima battaglia di retroguardia, ignorando il fatto che il francese non è più la principale lingua usata negli scambi diplomatici.

«Siamo ridicoli» ha commentato con incauta schiettezza la titolare dell'Istruzione, Geneviève Fioraso. Il sistema accademico francese è il quinto al mondo per numero di studenti stranieri, ma le iscrizioni dall'estero diminuiscono di anno in anno.

Anche se esiste un importante bacino di giovani francofoni, soprattutto in Africa, per il governo si tratta soprattutto di aprire a potenze emergenti come Brasile, Cina, India. Quest'ultimo paese è citato come esempio dal ministro Fioraso. «L'India - spiega - ha un miliardo di abitanti di cui 60 milioni di informatici, ma accogliamo solo 3000 studenti indiani».

Qualche giorno fa, Le Monde ha pubblicato un appello in favore della riforma governativa firmato da alcuni premi Nobel per la medicina e la fisica, come François Barré-Sinoussi, Serge Haroche o ancora il matematico "medaglia Fields" Cédric Villani. «La comunità scientifica internazionale - hanno scritto - parla già in inglese». Piaccia o non piaccia, è così.

 

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