DITTATURA DO BRAZIL: I MILITARI SPIAVANO SENNA E PELÈ. E PAPA WOJTYLA

Emiliano Guanella per "La Stampa"

Pelé, Socrates, Ayrton Senna e persino papa Giovanni Paolo II, in quanto proveniente da un Paese comunista: la dittatura brasiliana aveva per ognuno di loro un dossier speciale, che ora viene alla luce grazie alla digitalizzazione dei documenti riservati degli anni del regime decisa dal governo dello Stato di San Paolo.

Ci sono voluti tre anni di lavoro e un pool di settanta persone che ha fotografato e scannerizzato oltre 4.500 documenti provenienti dall'enorme archivio del Deops, la polizia politica dei militari, al potere dal 1964 al 1985 e, successivamente, del Dcs, organo analogo ereditato col ritorno della democrazia.

Ogni personaggio pubblico degno di sospetto era seguito da vicino, ogni comportamento considerato inappropriato veniva segnalato. Negli archivi, che sono consultabili ora liberamente in rete (www.arquivoestado.sp.gov.br) si citano le dichiarazioni fatte da Pelè al Senato nel 1977, quando affermava che il popolo brasiliano non era sufficientemente preparato per poter andare alle urne.

Molti i documenti relativi a Socrates, stella allora del Corinthians e fautore di un movimento che chiedeva maggior democrazia dentro e fuori i campi di calcio. Risalta inoltre la scheda di Dilma Rousseff, oggi presidente, allora detenuta e torturata in prigione per aver fatto parte di un gruppo di opposizione al regime.

Il caso di Ayrton Senna è diverso; il suo nome appare in un documento del 1990, che rivela che il pilota già bicampione del mondo fu protetto dalla polizia a causa delle minacce di sequestro che arrivavano dal potente gruppo criminale Comando Vermelho, a Rio Janeiro. Su Giovanni Paolo II, invece, la scheda fu aperta automaticamente in quanto proveniente da un Paese comunista come la Polonia.

L'accessibilità al materiale computerizzato, che rappresenta per ora solo il 10% del totale delle schede cartacee, aiuterà il lavoro di centinaia di ricercatori in tutto il mondo, proprio mentre si sta riaccendendo in Brasile il dibattito su responsabili e complici della dittatura, attraverso le testimonianze prestate alla Commissione della verità istituita dal governo della Rousseff.

La Commissione sta ricostruendo fatti dell'epoca per avere un quadro storico più dettagliato possibile, ma i risultati di queste indagini non potranno costituire la base per l'apertura di processi come avviene in Argentina giacché in Brasile vige ancora la legge d'amnistia sulla quasi totalità dei crimini perpetrati dal lungo regime militare.

 

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