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Andrea Morigi per “Libero Quotidiano”
Basta con la reticenza. Nel primo pomeriggio di ieri, è calata la maschera d’ingenuo candore delle istituzioni sul riscatto pagato per Greta Ramelli e Vanessa Marzullo. «Contropartite ci sono sempre quando uno riesce a liberare ostaggi, ma non sempre sono di tipo economico», ha rivelato il presidente del Copasir Giacomo Stucchi, a proposito del rilascio delle due giovani sequestrate in Siria. È perplesso sulla cifra di 12 milioni di dollari ipotizzata, perché «mi sembra esagerata dal tipo di informazioni che io ho. Se si fosse pagato quel riscatto sarebbe inaccettabile».
In ogni caso, «a prescindere dall’importo, pagare dei soldi, poi magari utilizzati per comprare armi, sarebbe sicuramente un errore da non fare», meglio «individuare altre soluzioni», meno «dannose anche per il futuro perché, se io faccio vedere che sono disponibile a pagare, poi tutte le persone che si recano in certe zone diventano un bancomat per i terroristi».
Tutta la vicenda si potrebbe chiarire meglio mercoledì, ricorda il presidente del Comitato per la sicurezza della Repubblica, all’audizione del direttore del Dis, Giampiero Massolo, quando «ci verrà illustrato tutto l’iter del sequestro: in quella occasione il Parlamento, perché il Copasir è il Parlamento per le questioni legate all’intelligence, verrà reso edotto di tutti questi passaggi e faremo le nostre valutazioni».
Sono sotto la lente d’ingrandimento le mosse del governo quindi, ma anche l’operato delle due giovani che, a giudizio di Stucchi, «sono state avventate e anche un po’ sprovvedute, perché non ci si reca in zone così senza preparazione, sono luoghi molto delicati dove nemmeno le associazioni che vengono gestite da professionisti spesso si recano.
Anche Amnesty ha ricordato che sulla cooperazione non si scherza e non si improvvisa, è un messaggio importante anche perché le conseguenze quando si tratta di affrontare un sequestro non sono solo, seppure importanti, di tipo economico: occorre impiegare risorse e uomini in territori delicatissimi, che mettono a repentaglio la loro stessa sicurezza».
greta e vanessa atterrano a roma gentiloni le accoglie 4
A sottolineare le responsabilità politiche è invece il Codacons, che ieri ha presentato un esposto alla Corte dei Conti per chiarire la vicenda del rapimento delle due giovani lombarde.
Pur esprimendo «grande e legittima soddisfazione» per la conclusione del sequestro, l’associazione chiede «che venga accertato se una qualunque fonte di finanziamento pubblico sia stata investita per riportare le due ragazze a casa e in caso affermativo di che importo trattasi».
Inoltre, criticando le affermazioni di Laura Boldrini, secondo la quale le due italiane hanno fatto qualcosa di «nobile ma al tempo stesso in un contesto troppo complicato», il Codacons le bolla come «mero populismo» e «demagogia senza fine che riteniamo inaccettabile per un Presidente della Camera» e ricorda che «le stesse Greta e Vanessa, nonché l’associazione onlus Rose di Damasco per cui lavoravano le due operatrici lombarde, abbiano potenzialmente esposto loro stesse e l’intero Stato italiano a una situazione di rischio e difficoltà coscientemente con la loro volontaria presenza in un Paese in gravi condizioni in cui imperversa la guerra civile e con una pesante presenza di terrorismo».
Greta Ramelli (S) e Vanessa Marzullo
Il Codacons chiede quindi di scoprire «se la liberazione delle due cooperanti abbia determinato un danno erariale per le casse dello Stato, sotto forma di riscatti, attraverso stanziamenti pubblici, o atti di qualsiasi altra natura».
Gravi responsabilità, dunque, che non si possono in ogni caso limitare all’esecutivo in carica, se si ricorda che la legittimazione del Consiglio Nazionale Siriano è iniziata a livello internazionale nel dicembre 2011 da parte della Francia e degli Stati Uniti ed è proseguita con un dialogo a livello istituzionale con l’Unione europea, Italia compresa.
Tutti consapevoli che dietro la sigla del Cns si nascondevano i Fratelli musulmani e l’Esercito siriano libero, cioè la formazione armata che combatte contro il regime di Damasco e che la Ramelli e la Marzullo intendevano aiutare con kit di pronto soccorso e pacchi alimentari.
Si erano dedicate a tempo pieno alla causa della resistenza contro Assad, attraverso il progetto «Assistenza sanitaria in Siria», con la comunità siriana araba in Italia e l’Osservatorio italo-siriano, un’associazione composta da alcuni profughi siriani con contatti diretti nel teatro della guerra. Se prima di essere sequestrate postavano foto di kalashnikov sul loro profilo Facebook, in fondo, è perché si erano convinte di essere staffette partigiane, con la copertura del governo italiano.
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