DAGOREPORT - CHI L’HA VISTO? ERA DIVENTATO IL NOSTRO ANGOLO DEL BUONUMORE, NE SPARAVA UNA AL…
Maria Teresa Meli per il “Corriere della Sera”
Matteo Renzi, com’è nel suo stile, non intende perdere tempo e cambiare schema di gioco. Da una decina di giorni il premier sa che Giorgio Napolitano ha fissato (definitivamente e irrevocabilmente) la data delle sue dimissioni per domani e ha preparato il «timing» delle riforme basandosi su questo.
«Il presidente, a cui dobbiamo essere sempre tutti grati va via — spiega — ma con le riforme procederemo in modo regolare. Tutto va avanti come deve, la tabella di marcia non cambia». Del resto, al di là dei tira e molla quotidiani a uso e consumo della stampa, Silvio Berlusconi ha dato a Renzi la «disponibilità» di Forza Italia sui tempi. Per questa ragione, per il premier «non cambia nulla».
L’iter delle riforme è tracciato, come ha spiegato ieri, in un incontro al Quirinale, lo stesso Renzi al capo dello Stato, rassicurandolo. Tanto che a Palazzo Chigi c’è chi punta a convocare il Parlamento per l’elezione del successore di Napolitano con un po’ di anticipo rispetto al termine ultimo. Circola anche una data: quella del 27 gennaio. Ma al momento questa è solo un’ipotesi su cui ragionare ancora.
Nonostante l’ostruzionismo dei grillini alla Camera, Renzi non fa mostra di temere ritardi. Piuttosto, qualche agguato potrebbe esservi al Senato, sull’Italicum, ma nemmeno questa prospettiva sembra preoccuparlo troppo: è convinto che alla fine «i tempi saranno rispettati».
Quel che forse ancora Renzi non sa è che a Palazzo Madama la maggioranza per le riforme potrebbe allargarsi di un’unità. Sì, di un’unità, ma più che significativa. Infatti, una volta dismessi i panni del presidente della Repubblica, Napolitano potrebbe partecipare alle votazioni per le riforma della legge elettorale.
Nell’incontro di «commiato» con il capo dello Stato, ieri mattina, il presidente del Consiglio, dopo aver parlato a lungo dei fatti di Parigi, ha anticipato anche le linee del discorso che terrà oggi a Strasburgo, per la chiusura del semestre di presidenza italiana della Ue. Nel suo intervento Renzi riprenderà il tema dell’integrazione europea, già toccato all’Università di Bologna, sabato scorso. E i temi «della cultura e della formazione, come possibile antidoto all’odio e al terrore».
Renzi vorrebbe dedicare un passaggio del suo discorso pure alla questione dell’accordo di Schengen, convinto com’è che «occorra sfidare populismi e strumentalizzazioni».
Come era ovvio, nell’incontro al Quirinale si è finito per parlare anche della successione a Napolitano, una questione che sta a cuore al capo dello Stato, il quale, raccontano nel Transatlantico di Montecitorio, non nasconde una certa preoccupazione per il futuro.
MANIFESTAZIONE PDL A VIA DEL PLEBISCITO AGOSTO RAFFAELE FITTO
Renzi non ama discutere di questo argomento in pubblico o con i giornalisti. «Abbassiamo l’attenzione sull’elezione del capo dello Stato», è l’ammonimento che ha consegnato ai suoi prima della pausa festiva. Ma, ovviamente, il tema viene toccato in tutti gli incontri che sta facendo in questi giorni. E nei colloqui telefonici.
Per questa ragione continuano a filtrare diversi nomi, come quelli di Sergio Mattarella e Mario Monti, che ieri erano tra i più accreditati. Il presidente del Consiglio continua a essere «sicuro» di farcela alla quarta votazione. Ha un solo timore: che minoranza pd, grillini, Sel e fittiani si mettano d’accordo per votare Prodi sin dal primo scrutinio. In questo caso, giunti al quarto, per il premier sarebbe difficile non sposare il nome del fondatore dell’Ulivo. Il quale non verrebbe comunque eletto, ma in compenso sulla sua candidatura si infrangerebbero il patto del Nazareno e anche la stabilità della legislatura.
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