DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
A.Cop. per il “Corriere della Sera”
La «sconfitta cool» dicono l' abbia inventata Marine Le Pen. È un' espressione che le attribuiscono i giornalisti francesi, pronunciata in circostanze diverse, ripresa poi anche da suoi fedeli: saper perdere. Meglio: perdere con stile.
Si tratta comunque di una sconfitta. Nonostante la grande prova di forza, 10,6 milioni di voti al ballottaggio, il doppio di quanto seppe fare il padre nel 2002; un nuovo record dopo gli exploit alle regionali e al primo turno, Marine Le Pen in queste presidenziali ha mostrato molti limiti e già adesso, all' indomani del voto, deve rimboccarsi le maniche della giacca blu per «capitalizzare il risultato» e al tempo stesso dimostrare che può fare di meglio.
È una battaglia che si gioca su due terreni: uno interno al partito, il Front National; l' altro nell' arena politica più vasta del Paese. La prima resa dei conti è nell' aria da tempo, più volte rimandata, ora inevitabile. In parte è una vicenda familiare: lo scontro tra l' ala tradizionalista, capeggiata dalla giovane e ambiziosa nipote Marion Maréchal Le Pen, e l' anima riformista di Marine e del suo braccio destro Florian Philippot.
È quest' ultimo adesso ad essere messo sotto accusa, «responsabile», dicono i critici, del tentativo malriuscito di prendere voti a sinistra, della scelta controproducente di andare al dibattito tv come se fosse un incontro di boxe, di insistere sull' uscita dall' euro che avrebbe spaventato molti elettori. Ma a Philippot si deve anche l' apertura del Front National, la sua «normalizzazione». Si coglie la differenza nelle battute delle ultime ore.
Mentre Marion dichiarava su France 2 , la sera della sconfitta: «C' è delusione, sarebbe disonesto negarlo. Ci saranno delle lezioni da trarre, positive e forse anche negative»; Philippot al tiggì dell' una di ieri, ancora su France 2 , sottolineava il successo della campagna elettorale: «Abbiamo rotto il tabù dell' alleanza (l' accordo con il gollista Dupont-Aignan, ndr ). Rinnoveremo il partito, cambieremo nome, ma manterremo questa linea. La tappa successiva è raggruppare ancor di più, per essere estremamente performanti alle legislative».
La scadenza è vicina: 11 e 18 giugno. E se c' è da discutere e ritrovare una rotta comune bisogna farlo subito, rimandando le questioni più spinose al congresso del partito, a fine anno.
Perché i due turni delle elezioni parlamentari sono sin dal principio la vera sfida da vincere per i «frontisti». Da tre anni, dalle europee del 2014, ripetono «siamo il primo partito». Ma all' Assemblea nazionale contano solo due deputati. È adesso che possono dimostrare di avere un' altra forza.
La posta di Marine - ecco il secondo terreno - è diventare «capo dell' opposizione», approfittando della storica debolezza dei Républicains. Non sarà così semplice. I primi sondaggi danno al 24 per cento la nuova formazione del presidente «En Marche!»,
che sottrarrà deputati da destra a sinistra; subito dopo, col 22 per cento, si collocherebbe la pattuglia dei gollisti, che guidati da François Baroin devono far dimenticare il disastro della campagna di Fillon. Il nuovo Front National punta a scavalcarli, ora ha il 21-22 per cento, ma tradizionalmente il doppio turno lo penalizza, c' è sempre un «fronte repubblicano» pronto a sbarrare la strada anche nelle circoscrizioni.
Resta poi da fare i conti con gli «indomiti» dell' estrema sinistra di Jean-Luc Mélenchon, che contano di «reinvestire» i loro 7 milioni di voti al primo turno delle presidenziali. Per ora le rilevazioni li danno al 13-15 per cento, ma c' è sempre la possibilità di spolpare quel poco che rimane dei mortificati socialisti, fermi anche nelle previsioni delle legislative all' 8-9 per cento.
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