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Veltroni da Lucia Annunziata
Alessandro Di Matteo per la Stampa
È un appello al disarmo bilaterale quello che arriva da Walter Veltroni alla vigilia della direzione Pd. Il fondatore del partito, intervistato da Lucia Annunziata chiede un passo indietro sia a Matteo Renzi che ai suoi avversari per scongiurare il rischio di un centrosinistra diviso, e perdente, alle prossime elezioni.
Bisogna evitare, dice, «un ritorno a Ds e Margherita, ma più deboli, quasi una caricatura del passato», una versione «bonsai. Dividersi è da irresponsabili, sarebbe un errore storico incalcolabile».
E allora, Renzi deve «includere, anche quelli più lontani: accetti le osservazioni più dure, così si sta in una comunità».
La vocazione maggioritaria, poi, non è autosufficienza: «Si può e si deve cercare di costruire alleanze al centro e a sinistra. In altri anni si è arrivati fino a Mastella...». Renzi oggi in direzione Pd dica che prima del voto vanno approvati Ius soli e biotestamento, «sarebbe un segnale di apertura molto importante». E poi: «Si inviti a un tavolo Grasso e le altre forze».
Ma Veltroni critica anche gli ex Pd. «Mi colpisce l' acrimonia verso Renzi dall' esterno. Tutti devono capire che c' è un limite, se si apre una guerra a sinistra saremo tutti più deboli».
Veltroni fa nomi e cognomi: «Conosco bene D' Alema e Bersani: non sono estremisti. Devono smetterla di dire no ad alleanze con il Pd se c' è Renzi. E' sbagliato». Anche perché, conclude, saranno gli elettori a decidere le leadership: «Si può stare in una coalizione nella quale ci sono diverse leadership. Saranno le elezioni a decidere chi debba prevalere».
2. LE ALTE CARICHE TUTTE IN CAMPO
Fabio Martini per la Stampa
Sta parlando da 32 minuti, un intervento lunghissimo quello di Laura Boldrini, più lungo di quello del padrone di casa, Giuliano Pisapia e quando finalmente la presidente della Camera si congeda dalla platea, i militanti di Campo progressista la salutano con una standing ovation, un applauso lungo e appassionato. L' ex sindaco di Milano resta seduto e il suo viso è contrariato. Per ragioni evidenti.
Nella mezzora appena conclusa, la presidente della Camera non soltanto ha trascurato la terzietà che si attribuisce di solito alla terza carica dello Stato, ma è intervenuta con espressioni lapidarie nel delicatissimo dibattito in corso dentro Campo progressista e più in generale nell' area a sinistra sull' opportunità di coalizzarsi col Pd e lo ha fatto con voce alta e impostata, apprezzatissima dalla platea: «Di fronte a tante espressioni di indisponibilità credo che non ci siano più le condizioni per un' alleanza con il Pd! E io dico, purtroppo».
E, sempre con un tono gagliardo, da comizio, ha bocciato la politica economica dei governi a guida Pd: «Basta con i palliativi, con i bonus a pioggia. Gli incentivi devono essere strutturali e non elargiti come oboli!».
Espressioni molto nitide, inserite in un intervento fiammeggiante che segue di qualche giorno le esternazioni più misurate ma altrettanto nette espresse giovedì scorso dal presidente del Senato Pietro Grasso al Festival della letteratura di Pescara: «Non so se sia uscito io dal Pd o se è il Pd che non c' è più. Il Pd era quello di Bersani...». Grasso e Boldrini, due interventi nell' arco di 4 giorni che disegnano uno scenario originale: la seconda e la terza carica dello Stato impegnate nella bagarre politica con la stessa verve polemica dei leader di partito.
Ma mentre Pietro Grasso è stato chiamato (da Bersani e D' Alema) a guidare la "Cosa rossa" che dovrebbe nascere dall' alleanza Mdp-Sinistra italiana-Montanari&Falcone, la presidente della Camera non soltanto si è di fatto "iscritta" a Campo progressista, ma ha fatto pendere il suo peso su una bilancia ancora molto in equilibrio dentro il movimento guidato dal sempre più indeciso Pisapia.
Una divisione tra le diverse anime affiorata anche nella assemblea dei quadri, convocata all' Auditorium Antonianum dei Francescani, che era chiamata a prendere una decisione sulle alleanze. L' ex sindaco di Milano resta convinto che la Lista progressista in costruzione con altri soggetti (i Radicali, i Verdi, i socialisti di Nencini, prodiani come Giulio Santagata), debba lasciare aperta la strada per un' alleanza tecnica col Pd nei collegi: «Non vogliamo un' altra Sicilia, non possiamo non fare di tutto per unire».
Chiede a Mdp, di non chiudersi in una «ridotta» che può fare solo testimonianza, senza cambiare il Paese. E ripete più volte che la parola-chiave, oltre ad «unità», è «discontinuità». Non al punto di chiedere, almeno ora, che Renzi si faccia da parte. Una linea condivisa, nei loro interventi, da Giulio Santagata, 'ex braccio destro di Romano Prodi, dal leder dei Verdi Angelo Bonelli e con qualche cautela in più da Riccardo Magi, segretario dei Radicali italiani.
Ma dentro Campo progressista l' area ex Sel (Ciccio Ferrara, Marco Furfaro) non ci sta e spinge non soltanto per rompere col Pd, ma punta a ricongiungersi con Mdp e con gli eventuali, ulteriori scissionisti dal Pd (Orlando e Cuperlo?), una linea che a sorpresa ha trovato come portavoce la presidente della Camera. Incoraggiata probabilmente dagli ex Sel (ma anche da Bruno Tabacci), Laura Boldrini con un intervento appassionato e militante ha conquistato gli applausi più convinti della giornata, costringendo una volta ancora Pisapia a rinviare ogni decisione.
bianca berlinguer con veltroni
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