1. DOPO L’ERA DELLE INTERVISTE IMPOSSIBILI OGGI VA DI GRAN MODA VEDERE I VIVI CHE SI AGGRAPPANO AI MORTI PER TRASCINARE I TRAPASSATI NELLE LORO POLEMICHE D’ATTUALITA’ 2. DAL SOMMO EU-GENIO SCALFARI CHE FA RESUSCITARE L’EUROPEISTA ALTIERO SPINELLI PER BACCHETTARE SUA FIGLIA BARBARA SENILMENTE INGRILLITA AL BANCHIERE ABRAMO BAZOLI CHE RICHIAMA IN VITA LO GNOMO-MUTO CUCCIA PER DIFENDERSI DALL’ACCUSA (VERA) DI AVER CANCELLATO ANCHE LA MEMORIA DELLA COMIT DI MATTIOLI 3. E NELLE REICARNAZIONI (A MEZZO STAMPA) SI ESERCITANO ANCHE PIETRANGELO BUTTAFUOCO SU “IL FOGLIO”, CHE FA DIRE AL MUSICOLOGO DEFUNTO MASSIMO MILA CHE PAOLINO ISOTTA E’ “UN GENIO ASSOLUTO”, E DANIELE PROTTI SUL ‘’CORRIERE’’ CHE CHIAMA IN CAUSA ANGIOLONE RIZZOLI PER RISPEDIRLO ALL’INFERNO SUL “CASO” ZINCONE

di Tina A. Commotrix per Dagospia

Nel romanzo "Jacques le fataliste" lo scrittore e filosofo Denis Diderot fa dire al protagonista che non si deve parlare dei vivi perché talvolta si è esposti "ad arrossire del bene e del male che se n'è detto; del bene che sciupano, del male che riparano". E poi, aggiunge, a volte i giudizi sulle persone sono divergenti "in due istanti della nostra vita".

Il che lascia aperto il dubbio (amletico) se, invece, si può parlare dei morti, evocandoli all'opportuna, e interpretarne il pensiero magari per piegarlo a sostegno delle proprie ragioni nella polemica viva del momento.

I ricordi personali, le carte dei diari, la stessa aneddotica che a volte sfiora amabile e gustosa il pettegolezzo in realtà dovrebbe essere materia plasmabile soprattutto nelle biografie e nella memorialistica di lungo respiro saggistico e letterario.

Dunque, se ne può fare un uso buono e corretto delle confidenze ricevute dai defunti senza tirarli per la giacca alla prima occasione polemica. Come invece capita oggi con sempre maggiore frequenza nei media: da Scalfari che rievoca la memoria europeista di Altiero Spinelli per bacchettare sua figlia Barbara in odore di grillismo; al banchiere Abramo Bazoli che per difendersi dall'accusa di aver cancellato (inglobandola in Banca Intesa) la storia e il valore unico (e universale) della Commerciale di Raffaele Mattioli chiama in causa a sua difesa nientemeno le confidenze fattegli dallo gnomo-muto di Mediobanca, Enrico Cuccia.

Già in occasione della presentazione di un volume ben documentato sulla "Sfida internazionale della Comit" (il Mulino), la curatrice del "Diario di Cuccia" (per i tipacci di Dagospia) aveva richiamato l'attenzione sulla nuova sortita pubblica di Abramo Bazoli che evocava Cuccia e alcune sue lettere "private" per dimostrare che la Comit da lui ereditata era in pratica una banca decotta invece di consegnare il tutto il materiale nelle mani degli studiosi.

"Il miglior modo per rispettare i morti è non divorarli, il che vuol, dire: non adoperarli per i propri scopi politici o personali. Mi dispiace che Scalfari abbia derogato a questa regola aurea", rivelava intanto tra le polemiche Barbara Spinelli nella sua piccata replica al sommo Scalfari.

Ma tanto per restare agli ultimi casi di reincarnazione (a mezzo stampa) su "il Foglio" di Giuliano Ferrara, nel paginone dedicato al critico musicale del Corrierone Pallino Isotta, messo al bando dalla Scala (ma andrebbe pure ricordato, non per le sue stroncature al cartellone), il sublime Pietrangelo Buttafuoco ci assicura - senza possibilità di smentita e senza citare qualche fonte scritta -, che il musicologo Massimo Mila lo considerava addirittura "un genio assoluto".

E nel ripercorrere il suo travagliato ingresso nelle stanze di via Solferino nell'anno primo dell'era P2, nella splendida narrazione-cavalcata dell'epopea isottiana ci si dimentica di precisare che il suo passaggio (mancato) da "il Giornale" di Montanelli al "Corriere" fu bloccato dal comitato di redazione soprattutto per difendere l'onore professionale dell'allora titolare della musica, Duilio Courir, il quale stava per essere rimosso senza alcuna ragione plausibile.

Un musicologo che aveva collaborato al gruppo de "il Mondo" e che era stato promotore e animatore dello "Spettatore dello spettacolo" e di "Amadeus" insieme a Mario Bortolotto (critico illustre non ignoto ai foglianti di cui è tra i migliori collaboratori) e Alberto Pironti.

In quegli stessi anni da P2, non sappiamo se per volere della massoneria di Licio Gelli o di altri, oltre al galantuomo Courir la direzione aveva proposto l'allontanamento del bravo vaticanista Fabrizio De Santis, erede dello storico scrittore Silvio Negro, per far posto a Sandro Meccoli che fino allora si era occupato del salvataggio dalle acque della sua città, Venezia. E come per il critico musicale messo bruscamente alla porta, la redazione impedì, in pratica, la espulsione immotivata di De Santis dalle sacre stanze di San Pietro. Con pieno giubilo della stessa Curia papale.

Sulla strada di Lazzaro alzati e cammina si è avviato, spericolato, anche il giornalista Daniele Protti. Con una lettera inviata al Corriere Protti torna sul "licenziamento" di Giuliano Zincone dalla direzione del "Lavoro" di Genova al solo scopo di smentire che il suo ex editore, Angelo Rizzoli jr. - appena deceduto -, era "un uomo buono".
Macché assicura Protti!
La cacciata di Zincone (anche lui scomparso da poco e mai licenziato dal gruppo!) dimostrerebbe invece il contrario.
La prova?

Incontrando in quelle settimane a Milano Angiolone e chiedendogli il perché i "vertici della P2" avessero rimosso il "liberale" Giuliano si è sentito rispondere che forse era "troppo liberale". O, forse, per l'occasione troppo filo-craxiano sulla linea della fermezza (o meno) per combattere il terrorismo?

Ma prendendo per oneste le argomentazioni di Protti se c'è stato un Rizzoli "cattivo" c'è stato pure un Rizzoli "buono" che l'ha assunto prelevandolo dalle colonne della sinistra extraparlamentare.
E in quale girone dantesco Protti collocherebbe poi l'Angiolone che accompagna Franco Di Bella all'hotel "Raphael" per incontrare Bettino Craxi e "accettare" la sua candidatura (Zincone) per la direzione del "Lavoro" di Genova? Una delle tante imprese editoriali sciagurate pagate alla politica dalla Rizzoli che ben presto si avvierà sulla strada della bancarotta.

Così, dopo il genere dell'ultima intervista (postuma) tanto cara una volta nelle redazioni dei settimanali ("Espresso" capofila), sembra andare di gran moda ahimè la seduta spiritica per portare nel campo della polemica attuale chi non ha più diritto di replica o di rettifica. Anche se, per dirla con Pier Paolo Pasolini, ricordare è un "vizio" ma al tempo stesso un "dovere" ma con precisi confini etici.

 

 

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