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DOPO UCRAINA E GAZA, IL MONDO RISCHIA UN’ALTRA GUERRA. IL SEGRETARIO DELLA DIFESA USA HEGSETH LANCIA L’ALLARME: “UN ATTACCO MILITARE DELLA CINA A TAIWAN POTREBBE ESSERE IMMINENTE. XI JINPING HA ORDINATO AL SUO ESERCITO DI INVADERE L’ISOLA ENTRO IL 2027”. E POI HA RINCARATO LA DOSE SPIEGANDO CHE GLI USA SONO PRONTI A CONTRASTARE LE MIRE EGEMONICHE DEL DRAGONE: “GLI STATI UNITI SONO TORNATI NELL’INDO-PACIFICO E SONO QUI PER RESTARCI" - SI RIALZA LA TENSIONE TRA LE DUE POTENZE CON PECHINO CHE ALZA LA VOCE: "LA QUESTIONE DI TAIWAN È PURAMENTE INTERNA ALLA CINA E NESSUN PAESE STRANIERO HA IL DIRITTO DI INTERFERIRE. GLI STATI UNITI SU QUESTO NON DOVREBBERO GIOCARE CON IL FUOCO”
Paolo Salom per corriere.it - Estratti
Venti di confronto spirano in Estremo Oriente. Gli Stati Uniti «sono tornati» in questo quadrante del mondo e intendono «rassicurare i Paesi alleati e amici» che sono pronti a contrastare le «mire egemoniche della Cina».
Parole del segretario alla Difesa Usa, Pete Hegseth, che ieri, allo Shangri-La Dialogue di Singapore — il più grande forum annuale sulla sicurezza e la difesa in Asia — ha pronunciato un discorso ben poco diplomatico capace di oscurare le tensioni innescate dalla «guerra dei dazi» scatenata dal suo presidente Donald Trump.
Al centro del ragionamento del capo del Pentagono, il futuro di Taiwan, l’isola-Stato di fatto indipendente ma che Pechino rivendica come parte del proprio territorio. Senza girarci intorno, Hegseth ha «scoperto» le carte dell’avversario: un attacco militare cinese a Taiwan «potrebbe essere imminente», ha detto, aggiungendo come sia «di dominio pubblico che Xi Jinping abbia ordinato al suo esercito di essere in grado di invadere Taiwan entro il 2027».
E poi ha rincarato la dose, indicando la Repubblica Popolare come una Potenza sempre più «egemonica» nella regione. Il Dragone, a suo modo di vedere, si sta «preparando in modo chiaro e credibile a usare la forza militare per alterare l’equilibrio di potere nell’Indo-Pacifico: la minaccia rappresentata dalla Cina è reale e potrebbe essere imminente». Hegseth ha poi voluto rassicurare i presenti affermando che gli Stati Uniti «non lasceranno soli» amici e alleati.
Il capo del Pentagono ha affermato che gli Stati Uniti sono «tornati» nell’Indo-Pacifico e «sono qui per restarci» ma, e qui è il punto che forse sta più a cuore a Trump, i Paesi che temono l’espansionismo cinese devono assumersi una maggiore responsabilità per le rispettive difese convenzionali senza aspettarsi che gli Usa si facciano carico di tutti gli oneri finanziari.
Nel suo secondo viaggio in Asia, insomma, il segretario alla Difesa americano ha detto che nessuno dovrebbe dubitare dell’impegno degli Stati Uniti nei confronti dei propri alleati nell’Indo-Pacifico (mentre i cinesi mettono in guardia dalla «inaffidabilità» di Washington). E ha sottolineato: «Continueremo a stringere le braccia intorno ai nostri amici e a trovare nuovi modi di collaborazione».
Hegseth ha ricordato come Trump si sia impegnato a «raggiungere la pace attraverso la forza», processo iniziato con la dissuasione delle aggressioni in Estremo Oriente.
La reazione di Pechino è stata dura. Ma l’onere di rispondere «alle provocazioni» è caduto — nel silenzio della cittadella del potere pechinese, a Zhongnanhai — sull’ambasciata cinese a Singapore che ha prodotto un comunicato secco e tagliente: il discorso del capo del Pentagono, si legge, «è pieno di provocazioni e istigazioni, ha ripetutamente diffamato e attaccato la Cina e ha enfatizzato senza sosta la cosiddetta minaccia cinese. In effetti, gli Usa stessi sono il principale agitatore per la pace e la stabilità regionale».
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Dura la replica del ministero degli Esteri di Pechino: la questione di Taiwan «è puramente interna alla Cina e nessun Paese straniero ha il diritto di interferire». Gli Stati Uniti su questo «non dovrebbero giocare con il fuoco». E ancora: «Gli Usa non dovrebbero cercare di usare la questione di Taiwan come merce di scambio per contenere la Cina», ha affermato un portavoce che ha anche aggiunto di aver «presentato solenni rimostranze alla parte statunitense» in merito alle dichiarazioni di Hegseth.
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