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Francesco Giambertone per www.corriere.it
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Non solo First Lady: la Casa Bianca accoglie per la prima volta un Second Gentleman. Fino a Kamala Harris non c’era mai stata una vicepresidente donna, e nemmeno un partner uomo: l’onore di aprire una nuova strada tocca a Douglas Emhoff, 55enne avvocato di famiglia ebrea, sposato in seconde nozze con Kamala dal 2014, padre di due figli (della precedente moglie, entrambi più che ventenni, che adorano l’ex senatrice della California e la chiamano «Momala»).
douglas emhoff e kamala harris
Ma Emhoff sarà protagonista di un’altra enorme novità: al contrario della First Lady Jill Biden che vorrebbe continuare a insegnare, lui lascerà il suo lavoro per sostenere la carriera della moglie, assumendo a sua volta un incarico — ancora da definire — nell’amministrazione.
Nella scia delle Second Ladies che lo hanno preceduto, probabilmente si occuperà di fare attivismo alcuni temi cari all’amministrazione. Oppure la Casa Bianca proverà a sfruttare l’enorme rete di contatti e competenze che si è costruito in una vita da avvocato di grido in California, dove vive da quando aveva 17 anni.
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Prima che Biden scegliesse Harris come sua vice, già ad agosto l’affabile Doug (così lo descrivono, aggiungendo che «sa quel che vuole e come ottenerlo») aveva preso un’aspettativa dallo studio di cui è partner, DLA Piper, il terzo più grande degli Stati Uniti, che nel 2018 secondo le dichiarazioni fiscali lo pagò 1,34 milioni di dollari. Una bella posizione, che gli era servita anche per finanziare parte della campagna di Kamala. Ora, fa sapere un portavoce all’Ap, Douglas ha deciso di mollare il lavoro: entro il 20 gennaio completerà la sua personale transizione.
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Una scelta che piace a molti per l’inversione dei ruoli stereotipici, per cui di solito un uomo difficilmente lascia una brillante carriera per supportare quella della moglie: Doug porta una ventata d’aria fresca.
Qualcuno fa notare che la «rinuncia» non sarà stata difficilissima, visto cosa lo attende. Ma dietro la scelta di Emhoff ci sono almeno altre due ragioni. La prima di opportunità: l’amministrazione non vuole potenziali conflitti di interessi con l’attività legale di Emhoff, il cui studio (anche se non attraverso di lui) ha difeso case farmaceutiche, aziende di armi, società di telecomunicazioni, ha una lunga attività di lobbying alle spalle e ha sedi da Mosca a Riyad. Meglio evitare ogni potenziale imbarazzo. E la seconda, di prospettiva: se un giorno Kamala volesse candidarsi alla presidenza, o dovesse diventarlo (speriamo di no) per un impedimento di Biden, il Second Gentleman diventerebbe First. E per sognare una carriera da Michelle Obama al maschile ci vuole tempo, impegno e dedizione.
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