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Maria Antonietta Calabrò per www.huffingtonpost.it
“Non soffrire l’afflizione del tuo prossimo. Non soffrire la paralisi del tuo vicino. Ma stendi la mano. Allunga la mano”. “Radio Baghdad” - una delle liriche più famose di Patti Smith (un’artista spesso presente in Vaticano in questi anni), scritta alla fine della seconda guerra del Golfo, dopo la caduta di Saddam Hussein - canta anche per Papa Francesco che parte per l’Iraq.
Mai un Papa c’era stato. Il Papa andrà a stendere la sua mano, a farsi vicino, a portare conforto, speranza. Un viaggio fortemente voluto già da Giovanni Paolo II proprio all’inizio del Giubileo del Millennio, nell’anno 2000, e che Francesco aveva programmato l’anno scorso, se non fosse stato per lo scoppio della pandemia.
Nel frattempo sono passati vent’anni. Vent’anni di guerre, di distruzione, terrore. Non solo per l’Iraq, ma per tutto il mondo. Il “pellegrinaggio penitente” di Francesco giunge nella terra di Abramo (così si è espresso il Papa nel videomessaggio di oggi all’Iraq). Abramo, il patriarca delle tre religioni monoteiste (Ebrei, cristiani e musulmani).
L’arrivo di un Papa nella città originaria di Abramo a Ur dei Caldei, è per questo anche un viaggio di ritorno nella “culla” dell’umanità. Una culla dove simbolicamente e geograficamente si collocava il giardino dell’Eden descritto dal primo libro della Bibbia, la Genesi, il giardino felice della Creazione del mondo.
Ma anche quello della cacciata, dopo la disobbedienza di Adamo, il giardino della distruzione, del primo omicidio. Come oggi, quel paese è distrutto, fatto a pezzi, dalla violenza di cui prima vittima sono stati i cristiani, martoriati e in fuga.
Parte Francesco alla volta della culla della nostra civiltà che è assiro babilonese, la patria degli inventori, della matematica e del numero zero (quanto è importante il numero zero per il progredire della conoscenza!) e dell’esplorazione del cielo (proprio mentre qualche giorno fa siamo arrivati su Marte).
Del resto, è nel giardino dell’Eden che fu posto da Dio l’albero della conoscenza. Francesco ha invitato gli iracheni a guardare “alle stelle”, cioè alla speranza di Abramo di poter avere una discendenza infinita, come appunto le stelle del cielo. E si sa che Abramo sperò contro ogni umana speranza.
il benvenuto in iraq per il papa
Per questo, quello di Francesco vuol essere il viaggio per un nuovo inizio, cominciando a sanare le ferite dell’Iraq e non solo l’Iraq, ma anche del Medioriente.
Al tempo stesso questo viaggio riguarda tutti noi, esseri umani, “fratelli tutti”, come sostiene papa Francesco. Perché il Tigri e l’Eufrate (che delimitano l’Iraq) non sono fiumi qualsiasi, ma quelli citati nella Genesi.
“Nelle vene stanche che si formano dal Tigri e dall’Eufrate. Nel regno della pace tutto il mondo girava intorno a un cerchio perfetto, città di Baghdad, città degli studiosi. Empirico umile centro del mondo. Città in cenere Città di Baghdad”, canta Patti Smith in Radio Baghdad.
Nel 2017, il cardinale Giovanni Battista Re (che oggi è il Decano del Sacro Collegio) spiegò con chiarezza sull’Osservatore Romano come mai Giovanni Paolo II non poté andare in Iraq. Gli Usa erano totalmente contrari alla visita papale e fecero di tutto per bloccarla perché avrebbe "rafforzato Saddam e reso più difficile un intervento militare contro l’Iraq”.
papa francesco atteso in iraq 2
“In realtà, la visita di Giovanni Paolo II in terra irachena - scrisse Re - avrebbe probabilmente orientato a trovare una soluzione pacifica, tanto più che in realtà né il sospettato programma nucleare segreto né le armi chimiche esistevano, come poi risultò».
papa francesco atteso in iraq 1
Giovanni Paolo II fu un buon profeta quando mise in guardia dalla devastazione di quella guerra, perché si è dimostrata la matrigna di tutte le guerre più recenti. Ancora il cardinale Re: “Un punto sembra certo: se tale infelice guerra non avesse avuto luogo, non avrebbero probabilmente avuto luogo le cosiddette primavere arabe con le conseguenze da esse portate, né l’attuale guerra in Siria che dura ormai da sei anni, né il sedicente Stato islamico, almeno per quanto riguarda le basi che esso riuscì ad avere in Iraq e in Siria. E di conseguenza neppure vi sarebbero oggi i numerosissimi profughi che fuggono dalla guerra verso l’Europa per sottrarsi alla morte. Né i migranti che, spinti dalla fame, cercano una prospettiva di futuro, mentre non pochi di essi, purtroppo, periscono tragicamente in mare, rendendo ancora più grave una emergenza che non sembra avere fine. È una pagina di storia che fa pensare".
La guerra in Iraq è stata la matrigna di tutte le ultime guerre, perché ha quasi distrutto la “culla” dell’umanità. Ecco perché Papa Francesco non ha potuto deludere il popolo iracheno per la seconda volta, dopo Giovanni Paolo II, come ha annunciato lui stesso mercoledì scorso, durante l’Udienza generale. Ma insieme agli iracheni, a ben guardare non poteva deludere neanche noi.
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