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Ilario Lombardo per "la Stampa"
MATTEO SALVINI IN SENATO APPLAUDE DRAGHI
Alla fine dell' incontro con Matteo Salvini a Palazzo Chigi, Mario Draghi è soddisfatto almeno di una cosa. «Apprezzo - confessa ai collaboratori - il cambiamento dei toni» del leghista. Non sono più quelli del giorno prima, quando con il megafono in mano è sceso in piazza tra i ristoratori del movimento "Io Apro", decisi a ribellarsi alle chiusure serali dei locali. Salvini li ha accolti nel suo studio, si è fatto fotografare con la loro maglietta addosso e li ha raggiunti al sit in davanti alla Camera unendosi alla loro protesta al grido di «Riaprire! Riaprire!», proprio mentre Draghi discuteva di vaccini con Angela Merkel e lavorava sulle prossime misure sanitarie da adottare.
Il presidente del Consiglio ha guardato le immagini, stupito di trovare il leader del secondo partito della maggioranza tra la folla, ad assecondare la rabbia rivolta verso Montecitorio. Ogni giorno che passa la questione si pone a Draghi in tutta la sua problematicità: Salvini di lotta e di governo è un nodo che va affrontato.
Lo dimostra anche l'insistenza con la quale il senatore sta premendo sul premier perché mandi via il commissario straordinario nella lotta al Covid Domenico Arcuri. Per questo, al mattino, Draghi lo chiama a Palazzo Chigi, per un incontro che dura poco meno di mezzora e in cui il premier e il senatore del Carroccio, ognuno suo a modo, mettono sul tavolo quello che pensano.
Chi ha più consuetudine con Draghi, intravede tutta la formazione gesuita dell' ex banchiere centrale nei modi in cui cerca di catechizzare il leghista, senza dire troppe parole, semplicemente invitandolo per un confronto. Convengono, entrambi, subito su un punto. In fase di pandemia e di incertezza economica, bisogna essere più sobri nella comunicazione. Salvini ribadisce che sulle chiusure e sulle restrizioni «è augurabile che non ci siano dichiarazioni allarmistiche, senza coordinamento».
Chiede più certezze, sui tempi, innanzitutto, Draghi concorda e racconta di averne parlato con Agostino Miozzo, il coordinatore del Comitato tecnico scientifico. Ma «la sobrietà», secondo il premier, deve essere anche «responsabilità dei politici», a maggior ragione se partecipano alle fatiche del governo. Un messaggio diretto a Salvini, ovviamente.
Senza scortesia e con tutta la diplomazia del mondo il premier gli sta chiedendo di scegliere tra la piazza e il palazzo.
Lo invita ad abbandonare la retorica delle aperture a ogni costo, a essere prudente, a guardare con pragmatismo alla realtà dei dati che stanno tornando preoccupanti, per le varianti del virus che minacciano una terza ondata. Salvini tiene il punto sui ristoranti: «Credo che se un italiano può pranzare a distanza con tranquillità, possa anche cenare».
E sulle restrizioni più severe: «Basta lockdown nazionali. Servono interventi mirati», una soluzione che il premier, comunque, non esclude. Poi, in coda al colloquio, il leghista piazza le sue condizioni. Ribadisce che vuole la testa di Arcuri, e all' uscita si dirà fiducioso di poterla ottenere- «non vedo da parte di Draghi possibilità di riconferme» - anche se in realtà il capo del governo non si sbilancia a proposito con il capo del Carroccio.
Si trovano abbastanza d' accordo, invece, su quello che con una certa perfidia, davanti alle telecamere, Salvini etichetta come «sovranità vaccinale», il piano di autoproduzione nazionale per «non rimanere dipendenti dall' estero o dai contratti firmati dall' Europa». Infine, fissa i suoi paletti sui sottosegretari. La Lega chiede caselle strategiche, identitarie e di rilancio: posti all' Interno, all' Agricoltura, alla Scuola, alle Infrastrutture e all' Ambiente, questi ultimi due quelli in cui passeranno la quasi totalità dei soldi del Recovery fund.
Alla fine dell' incontro anche Salvini appare soddisfatto, gongolante per essere il primo leader politico a convocato per un faccia a faccia da Draghi. In qualche modo, pensa il leghista, il premier dovrà scendere a patti con chi guida il secondo partito del Parlamento e che con Forza Italia ha la componente maggioritaria in Senato. «Con Draghi la pensiamo allo stesso modo: al più presto bisognerà tornare alla vita precedente. Con i ristoranti, ma anche con i cinema, i teatri, le attività culturali». Per il premier però «al più presto» vuol dire: quando sarà possibile. Una linea di assoluta prudenza che è lontana dalle tesi di Salvini.
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