DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Alberto Gentili per il Messaggero
Il blitz era praticamente pronto. Tra questa sera e domani Paolo Gentiloni, con la benedizione di Sergio Mattarella, aveva in programma di convocare il governo. Un solo punto all’ordine del giorno: la conferma di Ignazio Visco alla guida della Banca d’Italia. Poi, però, Matteo Renzi si è fatto sentire. Il leader dem ha fatto sapere al premier che il Pd, in caso di riconferma del governatore uscente, è pronto ad andare alla guerra nella commissione parlamentare d’inchiesta sulle banche. Da qui la frenata.
Il ritorno al calendario già fissato: giovedì Gentiloni salirà al Quirinale, poi venerdì il governo deciderà. E il nome più accreditato per palazzo Koch diventa quello del direttore generale Salvatore Rossi. Oppure quello del vice dg Fabio Panetta, c’è chi dice non troppo gradito a Renzi. Visto il nuovo marasma, fonti accreditate parlano di «riflessioni in atto». Quella del premier, cui per legge compete la scelta. E quella del capo dello Stato, al quale spetta la ratifica della nomina. Qualcuno sostiene che anche Visco è sottoposto a un pressing per farlo «riflettere fino all’ultimo su ciò cui va incontro».
LA GUERRA PROMESSA
Il riferimento è, appunto, alla battaglia che la conferma del governatore - sfiduciato martedì scorso da una mozione del Pd - innescherebbe nella commissione parlamentare d’inchiesta presieduta da Pier Ferdinando Casini. A dispetto della promessa di Renzi («Gentiloni confermi pure Visco, io accetterò la decisione»), i suoi fedelissimi minacciano la guerra. «La conseguenza di un nuovo mandato a Visco», dice un altissimo esponente dem, «sarà che nei prossimi tre mesi passeremo al setaccio le carte di Bankitalia. E quei documenti riserveranno molte sorprese...».
In estrema sintesi: «Si faranno del male, in Commissione sarà battaglia dura». Anche perché, come ricordano al Nazareno, «non c’è solo il Pd contro Visco, ma anche la stragrande maggioranza dei partiti. Cinquestelle inclusi. E visto che a pagare dazio sarà il governatore appena riconfermato, anche Bankitalia ne usciràmalconcia». Minacce e altolà fatti recapitare dal quartier generale dem a Gentiloni che, a sua volta, ha avvertito Mattarella. Da qui il supplemento di riflessione. La frenata.
«A bloccare la riconferma del governatore uscente possono essere ormai solo le minacce di Renzi», diceva a metà pomeriggio un alto esponente istituzionale che ha in mano il dossier. Il premier e il capo dello Stato sono determinati a difendere «l’autonomia e l’indipendenza» di palazzo Koch dalle «interferenze» della politica. Aspetto che sta a cuore anche alle istituzioni finanziarie europee, a cominciare dalla Bce di Mario Draghi. E non vogliono creare un «precedente». Per questo al momento resistono al pressing di Renzi.
Sul Colle e a palazzo Chigi si teme che se venisse scartata la riconferma di Visco - su cui prima di martedì scorso c’era un patto blindato tra le più alte cariche istituzionali - di fatto verrebbero lese le prerogative del governo, del presidente del Consiglio e del capo dello Stato. Aspetto che è stato sottolineato, nel giorno della mozione dem, con «sconcerto» e «stupore» sia dal Quirinale che da palazzo Chigi.
Anche per questo Gentiloni, cui spetta la prima mossa, è abbottonatissimo. I suoi allargano le braccia: «Paolo parla poco di queste cose e se parla lo fa con l’altro presidente». Con Mattarella. E negando qualsiasi accelerazione, non escludono che alla fine la scelta possa cadere su un’«altra soluzione interna» a via Nazionale «in grado di garantirne l’autonomia»: il direttore generale Rossi, appunto, o il vice dg Panetta. «Se non sarà Visco non si andrà lontano da lui», confermano al Quirinale.
IL FORTINO DI VIA NAZIONALE
Da palazzo Koch filtra «sconcerto» e «allarme». Visco in una riunione a porte chiuse ha messo a verbale: «Noi non abbiamo contribuito alle crisi bancarie, abbiamo operato con successo per contenerne gli effetti e risolvere le situazioni più difficili». Una risposta indiretta a Renzi. Questa sera cominceranno ad arrivare a Roma i membri del Consiglio superiore chiamato a “vistare” (il parere non è vincolante) il nome scelto dal governo. E da via Nazionale, davanti alla possibilità che Visco non sia riconfermato, trapela «forte preoccupazione».
Non perché non siano graditi i nomi di Rossi o Panetta, ma perché giovedì il governatore uscente dovrà partecipare a una importantissima riunione del board della Banca centrale europea. Quella incaricata di delineare il “way-out” dal quantitative easing, l’acquisto dei titoli di Stato da parte della Bce di cui ha beneficiato soprattutto l’Italia, forbiciando lo spread e la spesa per finanziare il debito pubblico. Ebbene, la speranza di palazzo Koch era spedire a Francoforte il governatore a un passo dalla riconferma. Non una potenziale anatra zoppa.
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