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DAGOREPORT – SE C’È UNO SPIATO, C’È ANCHE UNO SPIONE: IL GOVERNO MELONI SMENTISCE DI AVER MESSO…
IL DUCETTO È DAVVERO L'UOMO DEI RECORD: A STO GIRO È L'UNICO LEADER CHE RISCHIA IL POSTO - ECCO LA SOGLIA SOTTO LA QUALE DOVREBBE TORNARE A GIOCARE A FLIPPER A RIGNANO. MA LUI SI È PIAZZATO AL SENATO CON TUTTI I FEDELISSIMI, UN FORTINO CHE PUO' ESSERE STRATEGICO PER QUALUNQUE GOVERNO - OPPURE PROVERA' A RIFARSI UNA VERGINITÀ ALL'OPPOSIZIONE DI UN GOVERNO TAJANI
1. RENZI LA SOGLIA VITALE DEL 20% PER RESTARE IN SELLA
Alberto Gentili per ''Il Messaggero''
Matteo Renzi un primato già l' ha strappato. Visti i sondaggi e le ansie della vigilia, è l' unico leader di partito a rischiare il posto. Perché è vero, come ha detto nelle ultime ore per evitare il bis di un plebiscito pro o contro di lui, che il suo incarico di segretario scade nel 2021. E' però altrettanto vero che se il Pd dovesse scendere sotto quota 20%, difficilmente potrà far finta di nulla. In più non subito, ma appena saranno state distribuite tra fine marzo e inizio aprile le presidenze delle Camere (non si sa mai, qualcuno potrebbe incassare una bella poltrona e non sarebbe prudente andare anzitempo all' assalto del capo) i generali e i colonnelli alleati gli volteranno le spalle. E partirà il processo di derenzizzazione del Pd auspicata da molti padri nobili.
A questo scenario il leader dem non vuole pensare. Renzi, nonostante la scissione subita, è convinto di riuscire a strappare un 22-23% (due-tre punti in meno di quanto prese Bersani nel 2013). E con questo gruzzolo - che potrebbe essere accresciuto dai resti delle liste alleate - si dice sicuro di poter essere il «baricentro di qualsiasi equilibrio politico». E dunque di poter dare le carte in Parlamento.
«Senza di noi nessuna maggioranza sarà possibile, per fare un governo dovranno rivolgersi a noi», è il leit motiv della vigilia.
Per fare cosa? Renzi non lo dice. Molti sospettano che punti a un' intesa con Berlusconi, se il centrodestra dovesse vincere ma non avere la maggioranza.
Di certo, c' è solo che il leader dem non dirà mai sì a un governo con M5S e LeU: «E i nostri eletti li ho scelti tutti io, dunque...». Se però non agguantasse almeno il 20% sarà il tempo del Pd derenzizzato. E allora...
2. IL SEGRETARIO DEMOCRATICO AL BIVIO CON L' INCUBO DELLO STIGMA DI PERDENTE
Fabio Martini per ''la Stampa''
All' età di 43 anni, dopo essere stato il più giovane capo del governo nella storia italiana, Matteo Renzi si gioca tutto. Un bivio prematuro, perché i leader di solito lo affrontano in età più avanzata. Per il segretario del Pd, salvo tracolli, a breve non è in discussione il controllo sul suo partito: quello è garantito dalla filosofia ispiratrice della legge elettorale, pensata per consentire a tutti i leader di ammortizzare le perdite. Per Renzi, in caso di sconfitta anche limitata, il vero rischio è un altro: restare in campo, ma con lo stigma del perdente di successo.
Pronto a replicare nuove sfide, ma nel ricordo collettivo delle ferite precedenti.
Certo, il destino politico del leader di Rignano dipenderà molto dal livello sul quale si fermerà l' asticella elettorale. Se il Pd si confermerà il primo gruppo parlamentare, Matteo Renzi sarà tra i leader che detteranno le regole del gioco e sarà lui, alle prossime elezioni, a giocarsi di nuovo la sua chance. Se invece, come indicavano i sondaggi prima del divieto di pubblicazione, la sua coalizione risulterà non la prima e neppure la seconda, ma la terza, con un distacco di una decina di punti dal centrodestra, tutto è destinato a complicarsi.
Cinque anni fa l' allora leader del Pd Pierluigi Bersani scoprì che avevano votato per il suo partito 8 milioni e 646 mila elettori (pari al 25,4 per cento), ben tre milioni e mezzo in meno rispetto a cinque anni prima, quando il segretario era Walter Veltroni. Ma soprattutto si trattava del peggiore risultato nella storia del Pd e delle liste unitarie dell' Ulivo. Per Renzi stabilire un nuovo record al ribasso aprirebbe uno scenario ad alto rischio per sé e per il suo partito.
Per questo il voto conta ma conta anche la gestione del dopo-voto. Renzi ha già anticipato tre indicazioni che sono state sottovalutate. La prima: la colpa dell' eventuale flessione elettorale del Pd è tutta di D' Alema e Bersani. Ma affrontare il dopo-elezioni con una lettura riduttiva non aiuterebbe il rilancio del leader. La seconda promessa: se perdo, non mi dimetto. La terza: il Pd potrebbe andare all' opposizione.
Si tratta di due affermazioni da non sottovalutare. Matteo Renzi, avendo intuito l' inconfessabile veto «ad personam» da parte di tutti gli altri leader per future maggioranze da contrarre con lui, potrebbe essere tentato dalla suggestione di rifarsi una verginità politica da leader dell' opposizione di un governo Tajani di centro-destra allargato ai «responsabili» di turno. Magari passando da un duello per la presidenza del Senato con Massimo D' Alema, che ha sussurrato questo scenario ad alcuni imprenditori toscani.
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