
DAGOREPORT - COSA FRULLA NELLA TESTA DI FRANCESCO MILLERI, GRAN TIMONIERE DEGLI AFFARI DELLA…
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Uomini sull’orlo di una crisi di nervi. Senza scomodare Almodovar basta andare dalle parti di Pontassieve. Matteo Renzi alterna momenti di euforia (politica, s’intende) a depressione. La sua più grande paura è quella di essere dimenticato. Vede allungarsi sulla sua persona il classico cono d’ombra che avvolge chiunque lasci Palazzo Chigi.
Così, ripete come un mantra che mai come in questo momento il principale competitor del Pd (M5S) è in crisi. E quindi, bisogna cogliere l’attimo per anticipare il voto. “Ho ancora il 40%”, dice in continuazione agli interlocutori. E questo la dice lunga sulla capacità d’analisi politica dell’ex premier.
Sa benissimo che Mattarella si può mettere di traverso. Il Colle reclama ogni istante la necessità di uniformare i sistemi elettorali elettorali per Camera e Senato. Ma il Ducetto è sicuro che Paolo Gentiloni è un uomo d’onore e che per forzare la mano al Quirinale è anche pronto a dimettersi. E comunque, lo fa marcare stretto da Paolo Aquilanti, segretario generale di palazzo Chigi.
Prima di sedersi al tavolo con Berlusconi per discutere di legge elettorale, Matteuccio vuole fare una conta interna di chi lo sostiene nelle sue “visioni”. Così, tra domani e dopodomani, avvierà una serie di consultazioni con i maggiorenti del partito. Nell’ordine vedrà Franceschini, Orlando e Cuperlo. Con l’obbiettivo di verificare chi gli è ancora fedele.
Solo dopo averlo verificato, e con in mano almeno il 60% dell’assemblea, sarà pronto a fare la proposta di riforma elettorale. Al momento, resta arroccato sul Mattarellum ma è pronto a sposare la richiesta di Berlusconi di ripristinare il proporzionale. A tessere il negoziato sono Maria Elena Boschi, da una parte, e Gianni Letta dall’altra
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