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Occhiali tondi, barba, panciotto di rigore, un’innata capacità di mediazione ed uno spiccato senso delle istituzioni: sono i segni particolari di Raffaele Volpi, il “gregario” di Giancarlo Giorgetti nell’operazione che ha portato Matteo Salvini ad assicurare il consenso “whatever it takes” della Lega a Mario Draghi per la formazione del nuovo governo.
Bresciano, riservato per vocazione e per “ufficio” (è il presidente del Copasir), l’ex sottosegretario alla Difesa nel governo Giallo-Verde è un mediatore nato: un’arte che ha imparato militando in Franciacorta nella corrente di Emilio Colombo della Democrazia Cristiana.
Quando per la Lega c’è da mediare e da scegliere, Volpi c’è sempre. “Obelix”, come lo chiamano affettuosamente alcuni giovani deputati della Lega di cui Matteo Salvini gli ha affidato la “formazione istituzionale” non appena eletti alla Camera, ascolta, parla sottovoce, fuma decine di sigarette seduto sulle panchine del Cortile d’Onore di Montecitorio.
Sempre un passo indietro a Giancarlo Giorgetti, lui soppesa, valuta, media e parla dentro e fuori il Carroccio. Al fianco del 'capo' Giorgetti, che nel governo del cambiamento giocò da sottosegretario alla Presidenza del Consiglio il ruolo a suo tempo svolto da Gianni Letta, in tutta la partita delle nomine c'è stato lui.
Stava al fianco di Giorgetti in tutti i tavoli di maggioranza. A partire da quello, in un afoso sabato di inizio luglio, in cui è stato deciso chi avrebbe dovuto occupare le caselle più importanti nel 'risiko' delle nomine. Davanti a loro, a trattare per il Movimento Cinquestelle c'erano il capo politico Luigi Di Maio, Vincenzo Spadafora e Alfonso Bonafede. Da quel tavolo uscì un impianto di nomine che alla fine è stato sostanzialmente rispettato fino alla fine.
Teorico dell'understatement ad ogni costo, Volpi approda alla Lega tanti anni fa, dopo aver imparato la politica nelle file della Democrazia cristiana della Franciacorta. Preciso fino alla maniacalità, talent scout naturale, è stato lui a far muovere i primi passi nel Sud alla Lega. Nella scorsa legislatura in Senato si è 'smazzato' le riforme costituzionali, sempre con un filo diretto aperto con Giorgetti e Matteo Salvini. E sempre un passo indietro rispetto al 'Capo'.
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