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Felice Naddeo per il Corriere della Sera
«Ultimamente non ero più messo nelle condizioni di lavorare a tempo pieno su inchieste delicatissime che richiedono un impegno totalizzante». E’ un addio tra le polemiche quello di Nino Di Matteo, il pm che ha lasciato la Procura di Palermo - su sua richiesta accolta dal Csm - per la Direzione nazionale antimafia. «La mia scelta non è una resa - ha rivelato il magistrato - ho fatto domanda per cercare di continuare a dare un contributo alla lotta alla mafia. Mi sono occupato di queste vicende per 25 anni in due procure di frontiera: Palermo e Caltanissetta».
LO SFOGO IN UNA PAUSA DEL PROCESSO
Le parole di Di Matteo sono arrivate a margine del processo sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia, «Negli ultimi anni - ha aggiunto - sono stato costretto a conciliare la delicatezza di certi impegni come quello del dibattimento sulla trattativa con la necessità di occuparmi di una massa di procedimenti su piccoli furti, truffe e reati comuni. Questa situazione non poteva continuare all’infinito. Soprattutto negli ultimi tre anni stava diventando paradossale. In più c’è stato l’aumento del rischio per me e la mia famiglia».
I VETI SULL’INCARICO
«A prescindere dal valore altissimo dei colleghi che mi sono stati preferiti - ha rivelato Di Matteo - resto convinto che in passato ci sia stato qualche veto, qualche pregiudizio, anche qualche alto esponente istituzionale che abbia pressato perché la mia domanda non fosse accolta. Ho qualche elemento per ritenere che possa essere accaduto».
sede csm consiglio superiore della magistratura
LA SVOLTA PROFESSIONALE
Il nuovo incarico rappresenta per il pm una svolta importante. «Ritengo questa scelta la più utile per dare un contributo sulle vicende a cui ho lavorato - conclude il magistrato - spero di poter dare un contributo nel percorso di approfondimento investigativo sul periodo delle stragi e sui rapporti tra mafia e politica. Dopo aver saputo della proposta della commissione del Csm, ho anticipato al procuratore di Palermo e a quello della Dna che avrei chiesto l’applicazione per finire il processo sulla trattativa e qualche indagine collegata perché lo reputo un dovere».
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