ECUMENICO E SOCIALISTA, EPIFANI DEVE TRASFORMARE UN PD SPACCHETTATA IN UNA CGIL “BIPARTISAN”, DI LOTTA E DI LETTA

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Fabio Martini per "la Stampa"

Sull'uscio del suo studio a palazzo Chigi Silvio Berlusconi andò incontro al nuovo segretario della Cgil, protese la mano destra e disse: «Carissimo Epifani, finalmente tra socialisti ci intenderemo!». Ed Epifani, sempre col sorriso sulle labbra: «Socialista sì, ma interista!». Come dire, ma con classe: non ci intenderemo mai. Uno duetto che risale all'autunno del 2002 e racconta un tratto significativo del futuro segretario del Pd: Epifani è un uomo di stile, come riconoscono anche i detrattori.

Un aneddoto che contiene anche l'altra cifra originale del personaggio, almeno per la storia del Pd: Epifani ha radici socialiste, anche se la sua è stata una fede politica vissuta non nel Psi, ma dentro il sindacato. Da questo punto di vista, Epifani porta alla guida del Pd una storia personale davvero diversa dai suoi tre predecessori: mentre Pier Luigi Bersani e Walter Veltroni si erano formati nel Pci e Dario Franceschini nella Dc, Epifani si è foggiato nella Cgil, con una formazione tutta legata alle trattative sindacali.

Dunque, il primo ex socialista, ma soprattutto il primo ex sindacalista alla guida del partito della sinistra italiana. Un sindacalista che ha sempre cercato di guidare la Cgil col massimo dell'accordo, un tratto che si è ritrovato in questi ultimi giorni: davanti ad un partito che considera «molto, troppo diviso», Epifani non ha brigato per prendersi la "reggenza", non ha cercato il posto al sole: «Lo sapete, sono un ecumenico», ha ripetuto in queste ultime ore a Bersani e ai notabili che gli chiedevano la disponibilità.

Certo, Epifani è un ex sindacalista che una storia e un carattere diversi dal suo principale sponsor in Cgil, quel Sergio Cofferati che nel 2002 scelse come successore proprio il suovice. Sessantatre anni, romano, Epifani è quasi coetaneo di Cofferati, ma mentre agli inizi degli Anni Settanta il futuro "Cinese" bazzicava gli ambienti del Movimento studentesco, il giovane Guglielmo presentava una tesi di laurea su Anna Kuliscioff, socialista riformista e compagna di Filippo Turati.

Mentre il giovane Sergio si iscrive al Pci, Epifani canta Guccini, Brel e De Andrè e, «cercando il numero sull'elenco telefonico», si iscrive alla Fgsi, la libertaria Federazione giovanile socialista. Certo, lui ci tiene a ricordare che da socialista stava con Antonio Giolitti e, «quando Craxi vinse, noi che eravamo vicini agli intellettuali di Mondoperaio, perdemmo».

La carriera di Epifani in Cgil si svolge nella componente socialista, nella stagione di Ottaviano Del Turco e Giuliano Cazzola. Fa il segretario del sindacato poligrafici. Con quel viso alla Harrison Ford, Epifani è un sindacalista posato, che non alza mai la voce, tranne una volta. A fargli smarrire la flemma è un altro felpato come Gianni Letta, ai tempi amministratore delegato e direttore del "Tempo": «Quella volta chiesi che si dimettesse...».

In realtà, quando ha preso la guida della Cgil, Epifani è passato alla storia come un decisionista. Un ministro del governo Prodi ricorda una sequenza memorabile. Era il 2007, a palazzo Chigi, era in corso una serrata trattativa sul Welfare, gli altri sindacati erano d'accordo e «ad un certo punto Epifani si alzò, disse che non era d'accordo, se ne andò e per una intera notte, nessuno seppe più nulla, poi l'indomani la Cgil aderì all'accordo ma con una lettera».

Una leadership sindacale che un ex compagno come Giuliano Cazzola dipinge così: «Per 8 anni la sua Cgil è stata ostile ai governi di centrodestra e ha traccheggiato con quelli di centrodestra. Da leader sindacale non ha mai preso una decisione difficile; figuriamoci se lo fara' ora da pensionato». Tredici anni fa, quando Epifani approdò ai Ds, Massimo D'Alema gli propose di diventarne il responsabile Organizzazione. Allora il numero due della Cgil declinò. Stavolta il compito è molto più difficile, ma Epifani non se l'è sentita di rifiutare una seconda volta.

 

 

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