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"SI DOVREBBE PENTIRE LEI DI FARMI SEMPRE LA STESSA DOMANDA DA DUE ANNI" – IL PRIMO MINISTRO ALBANESE EDI RAMA SBROCCA ALLA DOMANDA DEL GIORNALISTA DEL TG3 JACOPO MATANO CHE AVEVA CHIESTO SE SI FOSSE PENTITO DEL PROTOCOLLO IMMIGRAZIONE CON L'ITALIA - NON È UN CASO ISOLATO. NEGLI STATI UNITI SI E' VISTO CON DONALD TRUMP, IN ITALIA CON GIORGIA MELONI: DELEGITTIMARE E COLPIRE CHI DOMANDA PER INDEBOLIRE CIÒ CHE VIENE CHIESTO. LO SCHEMA È SEMPLICE: SE IL CRONISTA DIVENTA IL PROBLEMA, LA DOMANDA SCOMPARE. LO SPETTATORE SE LA DIMENTICA. NON E’ UN PROBLEMA DI STILE, E’ UN MODO DI INTENDERE IL POTERE”
Ieri il primo ministro albanese Edi Rama ha rivolto un attacco personale al giornalista Rai Jacopo Matano. "Se non si è pentito lei che fa da due anni la stessa domanda, come posso pentirmene io (di aver fatto un accordo con il Governo italiano ndr)?", ha detto, aggiungendo che "non so cosa capiranno quelli che seguiranno la sua cronaca" e ironizzando sul fatto che "non sono domande ma la stessa domanda ripetuta".
Matano aveva chiesto al primo ministro Albanese se si fosse pentito di quell'accordo, che ancora non è entrato a regime, e se lo riproporrebbe ad altri Paesi europei.
MELONI E RAMA,
Silerenonpossum.com - Estratti
La cosa più preoccupante non è l’attacco in sè ma ciò che rivela: l’idea che una domanda possa diventare una colpa.
Non è un caso isolato. Negli Stati Uniti lo abbiamo visto con Donald Trump, in Italia con Giorgia Meloni, e nelle ultime ore a Roma con il primo ministro albanese Edi Rama: contesti diversi, ma lo stesso meccanismo. Delegittimare e colpire chi domanda per indebolire ciò che viene chiesto.
Non è un problema di stile, ne' di temperamento personale. È un modo di intendere il potere. Quando un politico reagisce a una domanda prendendo di mira il giornalista, non sta rispondendo: sta ridefinendo il perimetro di ciò che ritiene lecito chiedere.
La questione non è cosa venga detto, ma chi "si permette" di dirlo. La ricerca più avanzata sull’informazione nelle società contemporanee mostra che questo è uno dei segnali più chiari di deriva autoritaria:
edi rama e giorgia meloni vertice intergovernativo italia albania villa pamphilij roma 2
non si interviene sul contenuto, ma sulla credibilità dell’interlocutore. Ruth Moon, studiando i sistemi informativi nei regimi ibridi, evidenziava come il potere tenda a sostituire la discussione dei fatti con la costruzione di un sospetto sulla legittimità di chi domanda. È una forma di controllo molto più efficace della censura, perché agisce dove il giornalismo è più vulnerabile: nella fiducia pubblica.
Lo schema è semplice: se il cronista diventa il problema, la domanda scompare. Lo spettatore se la dimentica. È ciò che accade quando a un giornalista non si risponde sul merito, ma si imputa un’intenzione, un’ostilità, una presunta appartenenza politica. La domanda viene trasformata in un atto di aggressione; il potere assume il ruolo di vittima; lo spazio critico si restringe.
giorgia meloni accoglie edi rama a villa pamphilij 4
In Italia, da tempo, si osserva la stessa dinamica: l’idea che porre una questione scomoda equivalga a "provocare", "disturbare", "attaccare". E chi ricopre incarichi istituzionali, invece di misurarsi con ciò che viene chiesto, sposta il conflitto sul terreno personale: "lei è fazioso", "lei vuole fare polemica", "lei è disinformato".
edi rama e giorgia meloni vertice intergovernativo italia albania villa pamphilij roma
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giorgia meloni accoglie edi rama a villa pamphilij 2
edi rama giorgia meloni foto lapresse
edi rama e giorgia meloni vertice intergovernativo italia albania villa pamphilij roma
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