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Paolo Mastrolilli per “la Repubblica”
«Chiunque ci sia dietro all'attentato contro Aleksandr Dugin, una cosa è comunque certa: questo attacco pone alla Russia un grave problema strategico, perché la obbliga a dedicare più uomini e risorse alla difesa di obiettivi che non riteneva a rischio.
Sommandolo alle incursioni militari condotte dagli ucraini o dai sabotatori, in Crimea e in altri luoghi dietro le linee della guerra, diventa una sfida complessa da affrontare». Il politologo americano Edward Luttwak allarga lo sguardo oltre la bomba che ha ucciso la figlia dell'ideologo di Putin, per analizzare le implicazioni e gli effetti più ampi sul conflitto.
ALEXANDER DUGIN CON LA FIGLIA DARYA
Ha idea di chi possa essere stato?
«Al momento si fanno solo ipotesi. Le più citate sono un'operazione organizzata direttamente da Kiev; un atto compiuto da qualche simpatizzante ucraino; o un'iniziativa interna, gestita da apparati dello Stato contrari alla guerra o da membri della dissidenza. Nessuno però sa davvero cosa sia successo».
L'attentato non dimostra comunque che il regime ha un controllo del territorio meno solido di quanto si pensasse?
«Putin non ha voluto proclamare la mobilitazione generale, per non urtare la popolazione e perdere consenso, ma ciò comporta che ha meno risorse e capacità anche per la sicurezza interna».
Perché prendere di mira Dugin?
«È il filosofo che ha costruito l'architettura intellettuale della guerra, sostenendo che questo è il ruolo storico della Russia. Quindi, pur non facendo ufficialmente parte del governo, è un obiettivo strategico».
Chi poteva avere interesse a colpirlo?
«Un'ipotesi è che Kiev, direttamente o attraverso i molti ucraini che vivono in Russia, voglia dimostrare di avere le mani lunghe. Di sicuro lo sta già facendo sul piano militare, con i recenti attacchi lanciati in Crimea e nelle retrovie. Questo crea a Mosca un serio problema strategico e logistico, perché deve aumentare gli uomini e le risorse dedicate alla difesa di obiettivi che riteneva sicuri, distraendole dal fronte dove ha già limitazioni significative. Ciò sta già avvenendo, è un dato di fatto.
Ora si tratta di capire se l'attentato a Dugin si inquadra in questa strategia, ampliando il fronte degli attacchi domestici fino alla capitale, oppure se è stata un'operazione condotta dalla dissidenza interna contraria alla guerra, per aprire crepe nel regime. Qualunque sia la risposta, l'effetto non cambia».
Cioè?
«Così come sta già rafforzando le difese in Crimea, il Cremlino ora dovrà porsi il problema di potenziare la sicurezza interna. A Dugin verrà data una scorta, ma sono molti i consiglieri, i politici e i sostenitori del governo che adesso si sentiranno in pericolo. Tutto ciò destabilizza la società, rende più difficile la prosecuzione della guerra senza la mobilitazione generale, e distrae risorse necessarie al fronte».
espolosione auto daria dugina 2
Vede il rischio di attentati contro obiettivi civili?
«Non credo, perché produrrebbero una reazione opposta a quella desiderata. Adottando una linea tipo quella dei palestinesi, bombardando cinema, supermercati o matrimoni, si motiverebbe la gente a difendere il paese, rafforzando la mano di Putin. Chiunque sia il responsabile, è più probabile che continui a puntare su obiettivi militari o politici, cioè strategici e non civili».
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