COME MAI ALLA DUCETTA È PARTITO L’EMBOLO CONTRO PRODI? PERCHÉ IL PROF HA MESSO IL DITONE NELLA…
Luigi Di Maio al Corriere: “Se si vogliono difendere i diritti umani e si vuole la verità su Regeni non si può prescindere da una relazione con l’Egitto”
L’Egitto è un Paese sicuro? A questa domanda, di fronte alla commissione d’inchiesta parlamentare sull’uccisione di Giulio Regeni, Elisabetta Belloni, segretaria generale del Ministero degli Esteri dall’aprile 2016, pochi mesi dopo la morte del ricercatore di Fiumicello, ha risposto: “Dipende. Io vado in Egitto come funzionario, diverso è se si vanno a fare certe attività di ricerca e ‘invasive’ rispetto a un ordinamento diverso dal nostro”. Se l’Egitto è sicuro o no dipende da “chi si reca in Egitto e che tipo di attività intende svolgere”.
luigi di maio elisabetta belloni
Parole, quelle di Belloni, che suggeriscono un’interpretazione secondo cui recarsi nel Paese nordafricano per svolgere attività di ricerca accademica, come fatto dal giovane friulano, può esporre un cittadino italiano ed europeo ad arresti arbitrari da parte dei servizi di sicurezza. Alla domanda sul perché l’Italia non abbia deciso di dichiarare l’Egitto ‘Paese non sicuro’, la funzionaria ha risposto: “Gli avvisi sono coordinati tra Paesi Ue. La nostra indicazione è analoga ai principali partner europei, noi abbiamo un’aggiunta sul caso Regeni. Dichiarare un Paese non sicuro ha conseguenze ben maggiori. Non c’è una norma che lo stabilisca, è nella discrezionalità politica indicarlo”.
I membri della commissione le hanno anche chiesto per quale motivo si decise di inviare, dopo più di un anno, il nuovo ambasciatore Giampaolo Cantini al Cairo, nonostante Belloni stessa abbia affermato che “dopo il caso Regeni è venuta meno la fiducia dell’Italia nei confronti di questo Paese. Una fiducia che all’inizio ci induceva a ritenere che fosse possibile agire rapidamente, ci aspettavamo una collaborazione fattiva“: “Se si interrompe dialogo è più difficile andare avanti”, ha dichiarato.
BELLONI IN PRIMA FILA DA DI MAIO
È vero che sono stati fatti “progressi durante il periodo in cui l’ambasciatore era assente”, ma “è anche vero che c’è stato un dialogo tra procure e governo ed è altrettanto vero che Cantini è intervenuto in molte occasioni. Passi in avanti sono stati fatti“, anche se ancora “non sufficienti perché ancora siamo lontani dalla verità”.
Sul perché del cambio al vertice dell’Ambasciata cairota, quando era stato l’ambasciatore Maurizio Massari, fino a quel momento, a tenere i rapporti con i vertici dell’esecutivo egiziano e a gestire il caso Regeni, la segretaria generale ha replicato che “Massari venne nominato a Bruxelles, sede che aveva chiesto, e dal nostro punto di vista è un premio ed implicito riconoscimento”.
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