LE PRIMARIE FARSA DEL PD – DOVE’è LA RIVOLUZIONE? IL “LISTONE BLOCCATO” ASSICURA IL PARLAMENTO A SOLITI MIRACOLATI: 60-80 NOMI SUI 400 – ERGO: LE VARIE BINDI E FINOCCHIARO, FRANCESCHINI E DALEMIANI RESTARANNO ATTACCATI AL LORO SCRANNO - SARANNO TROMBATI PER MANCANZA DI VOTI I SOLITI IGNOTI – MA BERSANI PENSA AL CETRIOLO IN ARRIVO DALLA CANDIDATURA MONTI…

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Carlo Bertini per "la Stampa"

Ora che la corrida delle primarie rischia di lasciare morti e feriti sul campo, nel Pd molti sperano di finire nella quota protetta del «listone bloccato»: 60-80 nomi sui 400 circa che potrebbero essere eletti. Ma proprio questi appetiti e la rivolta sotterranea contro quello che alcuni già hanno ribattezzato il «super-porcellum» delle correnti, potrebbe portare ad una mediazione che metta d'accordo le varie anime in Direzione: infilare nel «listone» i 47 capilista con i nomi più in vista, cioé tutti i big che lo vorranno, e una ventina di nomi della società civile, sotto la voce delle cosiddette «competenze».

Ma non è detto che finisca così, anzi la «riserva protetta» può lievitare fino a un centinaio di nomi per compensare gli equilibri stravolti da questa mossa di Bersani. Uno dei più preoccupati degli effetti di queste primarie organizzate in fretta e furia è il capogruppo Dario Franceschini, che per questo difende il «listone», non ritenendo «scandaloso che venga tutelata la qualità di un gruppo parlamentare con un buon mix di radicamento e competenze». Ma i dubbi su queste primarie sono trasversali.

«È una mossa geniale di Bersani che così batte Renzi sul suo terreno», ammette un sostenitore del rottamatore. «Ma così facendo si affida la selezione dei gruppi a criteri di notabilato e di apparato, sperando di costringere Matteo a trattare sulla quota che dovrebbe spettargli...».

A premere per restringere il «listone» sulla linea di primarie «per tutti o per nessuno» sono i «giovani turchi» come Orfini e Fassina: contrastati da diversi segretari regionali di rito bersaniano con l'argomento che «se un partito non si può scegliere da solo neanche i suoi capilista allora si può pure sciogliere...».

Ma l'irritazione per «questa riserva di superprotetti mentre gli altri sono fuori a far la guerra» si coglie anche tra i veltroniani. E tra i nominati del 2008 senza alcun radicamento nelle province si sta diffondendo pure la voglia di gettare la spugna prima di esser battuti e magari umiliati sui territori.

Insomma, la questione sarà risolta lunedì in Direzione e intanto la paura corre sul filo, visto che c'è gente che sarà costretta a fare anche 18 mila telefonate in cinque giorni per corteggiare tutti gli elettori del suo collegio provinciale, dopo aver strappato gli elenchi degli elettori dei gazebo di novembre. E proprio questo terno al lotto che non dà a nessuno la certezza della vittoria, alimenta la polemica sul «listone»: la cui composizione andrebbe però decisa entro giovedì prossimo quando le assemblee provinciali decideranno le rose delle candidature.

In queste ore fioccano appelli su twitter, fervono contatti e incontri al vertice per decidere il da farsi. Per dirne uno, Franco Marini verso l'ora di pranzo varca la soglia dello studio di Dario Franceschini e più tardi non svela le sue intenzioni. «Se chiederò la deroga a ricandidarmi? Ma fino a lunedì c'è tempo», ride l'ex presidente del Senato. Che come la Bindi, Fioroni e altri big dovrebbe cimentarsi nel voto segreto della Direzione sulle varie deroghe ai tre mandati.

Il segretario sta alla finestra senza schierarsi sulle regole e le sue maggiori preoccupazioni vanno ben oltre i recinti del Pd. Per oltre un'ora Bersani si presta alle domande della stampa estera garantendo che con il centrosinistra non si tornerà indietro dal rigore e dalle riforme compreso l'articolo 18. E che ci sarà un ruolo per Monti, «se decidesse di candidarsi, rispetteremo la sua scelta e segnaleremo la nostra volontà di collaborare».

Ma anche se la linea del Pd è che il Ppe di fatto ha sfiduciato Berlusconi, l'apparizione di Monti in quel contesto non è passata inosservata. Tanto che gli uomini di Bersani tengono a chiarire che se Monti sceglie di candidarsi come leader di un centro moderato sarà di sicuro un competitor e dopo il voto un interlocutore; se invece fosse alla testa di un nuovo centrodestra sarebbe un antagonista. E sarebbe bene che si facesse chiarezza presto.

 

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