DAGOREPORT - BLACKSTONE, KKR, BLACKROCK E ALTRI FONDI D’INVESTIMENTO TEMONO CHE IL SECONDO MANDATO…
Estratto dell’articolo di Felice Florio per www.open.online
L’assessore – preferisce che il titolo non sia declinato al femminile – Elena Donazzan è una veterana dell’amministrazione del Veneto. È stata eletta consigliere regionale, la prima volta, nel 2000. Ai tempi era un’esponente di Alleanza nazionale. Da allora, non ha steccato una tornata elettorale: 24 anni a Palazzo Ferro Fini, di cui 19 nel ruolo di assessore per le diverse giunte che si sono succedute.
Lei è diventata una costante per la destra, in un territorio profondamente leghista. Sulla sua pagina Wikipedia in lingua inglese, si legge: «She is the current longest serving regional minister, as well as one of the longest serving ones in Venetian politics». Urna dopo urna, si è conquistata la nomea di campionessa di preferenze e, adesso, metterà a disposizione il suo consenso personale per la sfida europea di Fratelli d’Italia.
Elena Donazzan E Giorgia Meloni
«Io non arretro sui miei valori – dice a Open – e voglio portarli a Bruxelles». Valori e battaglie che, spesso, l’hanno portata al centro di polemiche nazionali. Come il suo biasimo dell’antifascismo, le critiche ai gay pride, le posizioni sul fine vita e sull’aborto.
Innanzitutto, la devo chiamare assessora, assessore o, come “Giorgia”, con il nome di battesimo?
«Assessore, perché il ruolo non è declinabile. Amo la lingua italiana e ho sempre fatto delle battaglie su questo […]».
Dopo 24 anni di amministrazione locale ha deciso di candidarsi per Strasburgo. Perché?
«Mi considero una sorta di anomalia del sistema. Sono l’assessore più longeva d’Italia. Sono sempre stata eletta a preferenze, quindi questo mi dà anche una certa forza. Comunque, le confesso: se mi dicessero “lei può scegliere di fare quel che vuole”, io farei a vita l’assessore al Lavoro del Veneto. Solo che non è possibile […]. […] In questo momento, il Veneto ha un forte impatto sulla politica nazionale e qui Fratelli d’Italia è stato il partito più votato alle elezioni del 2022. Dopo Tangentopoli, questo territorio è sempre stato leghista. Leghista fino in fondo, leghista in ogni angolo. Quasi si pensava che fosse una condizione consustanziale: il Veneto è Lega. In questi ultimi anni, invece, l’approccio è cambiato molto».
«Il Veneto può esprimere un valore significativo per Fratelli d’Italia. Perché l’Europa, mi chiedeva? Perché c’è appunto un tema di partito, che deve rappresentare un territorio con questa forza economica e politica. E poi per una questione di competenze individuali. Dopo questi 24 anni in Consiglio regionale, di cui 19 li ho fatti da assessore all’Istruzione e al Lavoro, ho maturato delle competenze specifiche: le Regioni italiane si occupano di Europa, prima di tutto perché gestiscono i fondi comunitari.
Peraltro Giorgia Meloni mi ha conferito l’incarico di guidare il dipartimento Imprese e mondi produttivi. Segno che Fratelli d’Italia guarda al dinamismo del Nord-Est. In sintesi, la mia candidatura si poggia su tre pilastri: competenze maturate, un partito che è cresciuto e un’area geografica che, sotto l’aspetto economico, ha bisogno di un’Europa diversa».
Ci dica un pregio di questa Europa e un difetto.
«Il pregio, che è anche una criticità, sono i tanti soldi. L’Italia è un contribuente attivo dell’Europa: vuol dire che diamo più di quanto riceviamo. Il Regno Unito era un contribuente passivo: riceveva più di quanto dava. L’uscita del Regno Unito dal quadro europeo ci dice che si devono rigenerare degli equilibri. […]».
Le criticità?
«[…] credo che le criticità maggiori siano due. Primo, l’aver delegato le identità territoriali delle Nazioni. Secondo, la traiettoria intrapresa dall’Unione europea, che è diventata una tecnostruttura e basta.
L’interesse che tiene insieme l’Europa non può essere solo di tipo economico-finanziario, ma credo che debba essere di tipo valoriale. A torto, oggi si parla spesso di “Occidente”, mentre dovremmo parlare di europeismo, come i padri fondatori avevano immaginato. Poi ci si è allontanati da questo concetto.
Le Nazioni […] stanno insieme soprattuto grazie alla comune matrice giudaico-cristiana. Perciò, credo che sia una criticità, oggi, non sottolineare quell’identità. È una criticità avere una tecnostruttura che ti dice “dobbiamo avere tutti le auto elettriche”, quando la rete elettrica non può sostenerle e quando tutto viene prodotto fuori dall’Europa. Quindi sì, quella tecnostruttura è il più grande difetto».
[…] crede che in generale ci sia una sorta di processo di islamizzazione dell’Europa? Se sì, ci dica quali misure promuoverebbe da europarlamentare.
«Sì, è in corso un processo di islamizzazione e io lo vedo come un pericolo. Il fondamentalismo islamico è il nostro primo problema culturale. O forse lo metterei al secondo posto rispetto al fatto che gli europei e gli italiani stanno facendo una marcia indietro autolesionistica sulla nostra grande cultura. […]
«[…] Questa problematica come si affronta? Rimettendo al centro i valori. Io sarò vessillifera sul punto della cultura giudaico-cristiana. […]».
Come si coniuga questa sua idea con il concetto di inclusione?
«Noi siamo multietnici, ma non dovremmo essere multiculturali. Per me il concetto di inclusione si sostanzia in questo: la massima tolleranza è proporti di venire a vivere a casa mia, accettarti, ma le regole e il comportamento sono quelli di casa mia. […] Chi viene qui, deve rispettare la nostra religione. Su questo non faccio sconti».
Le richieste di costruzione di nuove moschee, per garantire la libertà di culto alla crescente comunità musulmana, sono da ostacolare o da agevolare?
«[…] in uno Stato laico, perché questo è l’Italia e lo è anche l’Europa, deve valere il principio di reciprocità. Significa che io costruirò una moschea qui quando potrò avere la mia libertà di costruzione di chiese là, in quegli Stati dove oggi non è permesso.
C’è anche un secondo tema, ovvero quello di regolamentare ciò che accade dentro questi luoghi di preghiera. Non li chiamo più luoghi di culto, ma luoghi di preghiera che esistono anche nella nostra religione – Donazzan cita il Vangelo di Matteo – “Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro”. Purtroppo, i luoghi di preghiera islamica spesso diventano scuole coraniche, dove vengono fatte predicazioni che noi non comprendiamo».
[…] Luca Zaia, a differenza sua, ha deciso di concludere la legislatura in Regione, benché fosse stato corteggiato per candidarsi alle Europee. Ecco, qual è la sua posizione sul terzo mandato ai governatori?
«Io sono sempre stata contro il limite dei mandati, sarà che ne ho beneficiato e quindi sono pochettino di parte. Ma la Costituzione dice che la sovranità appartiene al popolo e la democrazia prevede l’espressione di voto.
Addirittura per le regionali, che secondo me sono il miglior sistema elettorale in assoluto, la legge prevede la scelta della persona nella lista di un partito ed è già chiaro dall’inizio il presidente. Ecco perché è il sistema più stabile. Io sono favorevole al presidenzialismo che Giorgia Meloni chiede con forza e ha inserito nel programma di governo.
Comunque, alla luce di questa mia esperienza regionale, una Regione non cade se non per mano giuridica. Quindi è stabile. Però questo presuppone anche il fatto che il presidente è una figura particolarmente importante, pesante. Ci sono sentenze della Corte che dicono che l’elezione diretta deve prevedere un limite di mandati […]
Quindi, io culturalmente sono contraria al limite dei mandati. Però, siccome la Costituzione dice che la sovranità appartiene al popolo, secondo i limiti previsti dalle leggi, prendo atto che le leggi impongono un limite ai mandati. Non è una questione di principio per me. E ne ho tante di questioni su cui non arretro di mezzo millimetro.
matteo salvini e roberto vannacci 4presentazione del libro controvento
Questa non lo è, pur avendo io espresso un voto in Consiglio regionale contro la proposta di Zaia di mettere il limite dei mandati. Perché il limite lo mise lui in Veneto, una beffa. Però resta il fatto che il cittadino, in piena espressione di libertà democratica, secondo me dovrebbe poter decidere se un governatore è meritevole del terzo, del quarto mandato. È brutto che ci sia una legge che impedisca a qualcuno di partecipare in virtù di un principio di alternanza. Mi preoccupa un po’ il fatto che si possa togliere per legge il migliore dalla piazza, quando invece la politica dovrebbe essere un esercizio di ricerca delle persone migliori».
In molti hanno creduto che lei potesse succedere a Zaia alla presidenza del Veneto. È un’ipotesi che esclude, qualora venisse eletta a Strasburgo? Oppure c’è uno spiraglio per un suo rientro in Regione Veneto dopo un anno all’Europarlamento?
«Io ho sempre sognato di essere il presidente della Regione del Veneto, per l’amore sconfinato che ho per questa terra, perché mi sento particolarmente legata. E questa competizione alle Europee misurerà anche il consenso del partito, confermando, anzi spero migliorando addirittura l’ottimo risultato alle politiche.
Quindi, se Zaia non potesse più fare un altro mandato, Fratelli d’Italia potrebbe avere la disponibilità di candidarsi alla guida della Regione Veneto?
Sì, possiamo dire realisticamente di sì. Io sono e sarò sempre a disposizione del partito e della mia terra. Oggi sono chiamata a fare le elezioni europee. Dentro il risultato delle europee ci sarà anche il test del consenso: vedremo se questo potrà essere utile.
Comunque, direttamente o indirettamente, io sono la persona che ha governato più a lungo il Veneto, che conosce bene questa bellissima macchina amministrativa, molto onesta, molto capace. Un territorio che conosco palmo a palmo: mi metterò a disposizione comunque, anche per buoni consigli».
Se c’è una cosa che tutti le riconoscono è quella di essersi sempre esposta[…] Cominciamo dalla legge sul fine vita: qual è il suo giudizio sul cosiddetto suicidio assistito?
ELENA DONAZZAN ALLA COMMEMORAZIONE DEI MARO' DELLA X MAS
«È stata una battaglia ideologica dei pro e dei contro, e per me non è così. […] vorrei che la domanda “ditemi come posso farla finita” vorrei che non esistesse. E se fosse così disperata la situazione io so già che c’è “chi accompagna”. Quindi, io continuerò a sostenere che non ci deve essere una legge sul fine vita, ma ci deve essere l’accompagnamento con le cure palliative, c’è l’accompagnamento alla famiglia e alla persona e c’è il rispetto nel silenzio dell’accompagnamento verso la propria morte».
[…] Il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione che riconosce il diritto all’aborto come un diritto fondamentale per i cittadini dei Paesi membri. Nulla da eccepire?
«Molto da eccepire. Non è un diritto fondamentale uccidere un bambino. Il diritto fondamentale è provare a dire a quella mamma che quel bambino lo aiuteremo a crescere insieme a lei, se fosse così disperata da non poterlo fare. O che qualcun altro si prenderà cura di lui. Io non so come si possa pensare di uccidere una creatura così inerme da non avere neanche la voce. Lo trovo incredibile».
OSCAR DE PELLEGRIN LUCA ZAIA MATTEO SALVINI
Cosa pensa del matrimonio egualitario, dell’adozione per le famiglie generali, della necessità di un ddl Zan contro l’odio? In generale, crede che i diritti delle persone appartenenti alla comunità Lgbt siano rispettati in Italia e in Europa?
«Credo che non ci sia violazione dei diritti, anzi alle volte io mi sento minoranza quando esprimo qualche pensiero. Come, ad esempio, quando dico che un bambino ha diritto a un papà e una mamma. E lo dicono tutti i testi di pedagogia, non lo dice mica Donazzan.
Perché se facciamo una domanda a qualsiasi figlio, “avresti voluto vivere solo con un papà, una mamma, o due papà o due mamme?”, risponderebbe “no io voglio la mamma e il papà” con il loro ruolo di riferimento, con il loro accompagnamento alla vita. Trovo aberrante che si parli di diritti per tutta questa comunità, che oggi si fa fatica anche a definire, lgbtq eccetera, perché tanto non siamo più neanche un genere…, è la contraddizione del termine naturale del “chi sei”.
Tu in seguito ti puoi affermare per come sei, ma innanzitutto tu sei, poi cerchi di cambiare la tua vita. Tutte cose libere, legittime, ma arrivare a dire che quel tipo di diritti devono essere assolutamente inalienabili mentre quello di un bimbo che può nascere e avere una mamma e un papà non lo è, ecco io lo trovo veramente ai miei antipodi».
«Allora, io rispetto la loro battaglia sui diritti perché prima di tutto sono rispettosa delle persone. Dico la verità: io ho un cugino omosessuale a cui voglio un bene dell’anima e lui, pensate, mi vota pure. Ho un sacco di amici omosessuali, tanti. E tutti mi chiedono di continuare a mantenere questo tipo di fermezza, soprattutto sul tema dei bambini e delle famiglie omogenitoriali.
Ciò detto, io non li ho mai offesi, non credo che si sentano offesi e non credo che questa società li offenda. Credo molto nel contrario. Ritengo molto offensivo il gay pride: è volgare, è un’imposizione, è un’occupazione, è una violenza. Ognuno può avere la propria sessualità, la propria personale posizione, la propria sensibilità. Ma questo non deve sostanziarsi in un’imposizione sugli altri».
[…]
Il personaggio, diciamo neo-politico, più chiacchierato di queste europee è il generale…
«È un amico. Lei non mi farà dire nulla. La premessa è che il generale Vannacci è un amico che stimo. È un militare che ha fatto una carriera carriera brillantissima, un uomo che conosce tantissime lingue straniere e ha capacità di strategia. E adesso…».
Adesso proseguo con la domanda: cosa pensa della proposta di Vannacci di istituire classi differenziate per i ragazzi con disabilità?
«Rispondo come ha risposto il paralimpico Norberto De Angelis: io credo che Vannacci sia stato assolutamente male interpretato. […] De Angelis afferma: guardate che quello che ha detto Vannacci è di fare di più e in maniera specifica per i bambini con disabilità. Lo rivendico da assessore all’Istruzione.
roberto vannacci a dritto e rovescio 1
Oggi, mentre io e lei parliamo, gli insegnanti di sostegno in Veneto sono pochissimi. Sono pochissimi perché ci sono altre regioni che ne hanno molti di più e quindi, in un vaso non comunicante, c’è qualcuno che ha preso anche quello che doveva stare qua. E abbiamo bambini con disabilità che hanno appena 8 ore alla settimana di sostegno. Come pensiamo che stiano queste creature non accompagnate avendo loro oggettivamente delle problematiche?».
POST DI ELENA DONAZZAN - MAGREBINO DI M
[…] Anche questo 25 aprile è passato. Come ha celebrato la Festa della Liberazione?
«La aspettavo – Donazzan sorride -. Finché sarà una festa di così grande odio è difficile per me celebrarla, perché la mia famiglia viene dall’altra parte della storia. Sono rispettosa della democrazia, rispettosa della Costituzione, che non è antifascista.
Nasce dalla fine del fascismo, che è diverso. Perché il fascismo è finito, lo comunico a quelli che credono sia ancora una minaccia: è finito il 29 aprile con la morte del suo capo appeso a testa in giù in piazzale Loreto. E mi pare che ancora si continui… Di recente Sergio Mattarella ha dato solidarietà al presidente Ignazio La Russa per quell’immagine di lui capovolta che, peraltro, è stata pubblicata proprio il 25 aprile.
Quindi era un’allusione voluta. Ecco, quello è odio. Io sono stata qualche anno fa al congresso regionale della Cgil, in quanto assessore Donazzan. Vengo delegata dal mio presidente, quindi devo essere molto rispettosa: è la delega del presidente. Nel suo intervento di chiusura il segretario regionale dice. “Non c’è posto per nipoti e nipotini dei fascisti”. Io sono nipote. Quando intervengo faccio un intervento istituzionale, porto i saluti del presidente».
«Poi mi sono tolta la giacca di assessore regionale e dico alla platea: “Io sono una nipote”. Sono rimasti atterriti. Era alla fiera di Verona, ricordo che c’era un mare di bandiere rosse. E aggiungo: “Finché non mettiamo una parola fine e non guardiamo a quello che dovremmo fare per questa Nazione, finché non metteremo fine agli odi, io non parlerò mai male della mia famiglia. È la mia famiglia.
Teniamoci la nostra storia, che ha avuto in corso: il fascismo è finito, ha perso, è morto il suo capo. Oggi non esiste fascismo, oggi esiste un odio antifascista pericoloso. L’ultimo a cadere è stato Marco Biagi. Chi ha armato la mano che ha ucciso il giuslavorista si è dichiarato antifascista. Ha richiamato quell’omicidio sotto le insegne dell’antifascismo. Allora io vorrei un 25 aprile legato alla fine della guerra. Certo, è finita la guerra, è nata la democrazia, c’è stato un referendum, e la storia ha avuto un altro corso. Ma possiamo stare con la testa indietro così? Anzi, magari con la testa indietro, qui c’è chi continua ad alimentare e a rigenerare odio. Io non ho parole di odio e mai ne avrò…».
…nemmeno nei confronti di un giornalista che le chiede se lei si definisce antifascista?
«No. E no io non sono antifascista, perché non sono anti di niente».
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