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Francesco Bonazzi per Dagospia
Con un esposto-denuncia inviato ieri pomeriggio alla procura di Siena, Elio Lannutti chiede formalmente che Fabrizio Viola, amministratore delegato del Monte dei Paschi di Siena, sia indagato per falsa testimonianza, intralcio alla giustizia e favoreggiamento.
Ma dal testo della denuncia, preparato dall'avvocato Lucio Golino, si capisce abbastanza chiaramente che Viola è solo il primo anello di una presunta catena di responsabilità che per Adusbef non si può certo fermare agli ex manager finiti sotto processo come Peppino Mussari, Antonio Vigni e Luca Baldassarri.
Alla base dell'esposto c'è il ritrovamento del documento "segreto" sul derivato-killer "Alexandria" nella cassaforte appartenuta a Vigni. Viola ha sostenuto di averlo "scoperto" solo il 10 ottobre 2012.
"Guarda caso solo il giorno prima della burrascosa assemblea nella quale si doveva affrontare la questione dell'eventuale azione di responsabilità nei confronti dei vecchi amministratori", osservano all'Adusbef.
Viola era arrivato a Siena a gennaio, ovvero, da nove mesi abbondanti.
Nella denuncia si contesta anche questa dichiarazione di Viola al processo: "Non ho mai occupato l'ufficio del Vigni". Questa, scrive Adusbef, "appare clamorosamente falsa perché smentita da fatti e circostanze immediatamente riscontrabili perché il dottor Viola, nei primi tre mesi del suo incarico (quindi prima dell'arrivo di Profumo cioè fine aprile-inizio maggio 2012), resta nelle stanze del Vigni (oggi occupate dal collegio sindacale) e solo dopo l'arrivo di Profumo si forma la segreteria riunita ad-presidente".
Adusbef chiede anche alla Procura di accertare se la Guardia di Finanza nella perquisizione del 9 maggio 2012 aprì queste cassaforti. E pone una domanda inquietante: "Se quei documenti non furono trovati dalla Gdf, è verosimile presumere che qualche manina misteriosa li abbia inseriti successivamente per suffragare il teorema di Bankitalia che non sapeva?"
In conclusione, "Adusbef chiede alla Procura della Repubblica di accertare le ragioni che avrebbero indotto il signor Fabrizio Viola a mistificare la realtà raccontando la storiella del ritrovamento della cassaforte nell'ufficio dell'ex direttore Vigni e le ragioni che lo hanno indotto a negare l'evidenza di fatti ed accadimenti, specie della sua permanenza nell'ufficio del signor Vigni, al cui interno era ben visibile la famosa cassaforte. Ricostruzione che cozza con la realtà e teorema per acclarare la tesi che gli organi di Vigilanza nulla avrebbero saputo prima".
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