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Carlo Bertini per "La Stampa"
«Certo, l'Abc della politica è che gli avversari vanno combattuti e sconfitti politicamente, detto ciò in questo momento abbiamo tutti molto più a cuore i problemi della crisi e dell'economia, quindi non ho neanche avuto modo di leggere le motivazioni della sentenza. Comunque sul nodo dell'eleggibilità sentirò i pareri dei membri della Giunta che dovranno pronunciarsi nel merito».
Guglielmo Epifani è consapevole che la sentenza di Milano pone un ulteriore problema a chi è costretto a condividere le sorti del governo con il Cavaliere, ma ai suoi interlocutori in queste ore fa capire quale sarà la linea che terrà il partito.
à una posizione che trova d'accordo anche i più anti-berlusconiani come Rosy Bindi, che pure non fanno mistero di quanto sia difficile portare la croce delle larghe intese. Una linea che già è stata espressa dal capogruppo alla Camera Roberto Speranza, mentre il suo omologo al Senato, Luigi Zanda, ha più volte chiarito di aver personalmente sempre ritenuto che Berlusconi fosse ineleggibile.
E quindi, se un fedelissimo di Enrico Letta come il presidente della commissione Bilancio Francesco Boccia si augura che la sentenza di Milano non abbia «ripercussioni sul governo», è ben comprensibile la cautela del segretario che sa di muoversi su un crinale delicatissimo: nel suo partito l'imbarazzo si taglia a fette, ancor più di fronte alla lettura delle motivazioni della sentenza sui diritti Mediaset, che per i 5Stelle «rafforza la necessità che sia dichiarato ineleggibile», come sostiene la capogruppo Roberta Lombardi a Repubblica tv.
Detto questo, Epifani non teme di finire nel mirino dei grillini su un voto delicato come quello che si prospetta di qui a qualche settimana nella Giunta per le elezioni del Senato. «Perché dico sempre che noi dobbiamo mantenere una nostra identità e un partito serio fa così senza farsi trascinare nelle polemiche». Insomma, si tratta di un «problema affrontato altre volte e in ogni cosa va mantenuta una certa coerenza, si sa che fanno giurisprudenza i pareri già espressi in passato».
Nel merito, Luciano Violante, già presidente della Camera negli anni '90, fa notare infatti che una cosa è l'ineleggibilità di cui si parla a proposito di Mediaset, altra cosa sarebbe una condanna eventuale della Cassazione, che comporterebbe cinque anni di interdizione dai pubblici uffici: sono due problemi ben diversi, perché rispetto alla legge sull'ineleggibilità dei titolari di concessioni dello Stato, siccome il titolare non è lui, noi ci siamo sempre comportati nello stesso modo ogni volta, dal '92 al 2008. E se la coerenza di un partito è il fondamento della sua credibilità , bisognerebbe essere coerenti anche questa volta».
Ma tra i senatori la fibrillazione sale e l'ex magistrato Felice Casson, uno dei nove membri che il Pd annovera nella Giunta per le elezioni, fa notare subito che «ora ci sono fatti nuovi che vanno valutati bene: e a chi in questi giorni sosteneva che non c' era nulla di nuovo sull'ineleggibilità , invito a leggere le motivazioni della Corte».
A dare un' idea di quanto i Democratici siano in affanno è la Bindi, perché «certo, il problema dell'ineleggibilità si pone e ogni fatto che ci rimette davanti alla contraddizione di Berlusconi rende più difficile e complicato tutto, sia la tenuta del governo, che le decisioni da assumere».
Ma la «pasionaria» del Pd se la prende con i «falchi» del Cavaliere, in quanto «non sono solo le motivazioni particolarmente eloquenti, dove il conflitto di interessi è fotografato nella sua forma più odiosa, bensì gli attacchi alla magistratura che minano la stabilità ».
Comunque sia, «è inutile girarci attorno, dal punto di vista politico Berlusconi è in una posizione di ineleggibilità ». E se Nicola Latorre sostiene che «va fatta con urgenza una legge sul conflitto di interessi», la Bindi conviene che «il vero problema è questo: non abbiamo avuto la forza di rimuovere un macigno nella vita democratica del paese e questa responsabilità ce la trascineremo dietro».
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