DAGOREPORT - BENVENUTI AL GRANDE RITORNO DELLA SINISTRA DI TAFAZZI! NON CI VOLEVA L’ACUME DI…
Marco Conti per il Messaggero
La raffica di espulsioni di diplomatici europei era attesa. Perfino il timing dell'annuncio è stato concordato tra i capi di Stato e di governo dell'Unione Europea nel consiglio di venerdì scorso. Il foglio di via che la Farnesina ha consegnato ieri a due diplomatici russi appartenenti alla sezione di sicurezza dell'ambasciata, era quindi nell'aria già da sabato scorso. Hanno una settimana di tempo per lasciare l'Italia.
LA REAZIONE
Riavvolgere il nastro della vicenda in questo caso è però importante. Tutto parte dall'avvelenamento dell'ex spia russa Sergey Skripal e della figlia Yulia avvenuto lo scorso 4 marzo a Salisbury, nel Regno Unito, con un agente nervino. Londra punta subito il dito contro Mosca, Vladimir Putin e la sua democratura composta da oligarchi ormai soliti tentare di ingraziarsi il leader con azioni del genere (Politkovskaya e Litvinenko, per esempio). Gli Usa mostrano che la benevolenza e la pazienza di Trump nei confronti di Putin è terminata espellendo sessanta diplomatici russi. Un gesto per far capire a Mosca che, come sostiene l'ambasciatrice Usa all'Onu Nukki Haley, «le azioni della Russia hanno delle conseguenze».
I Ventotto capi di Stato e di governo, riuniti venerdì a Bruxelles, decidono all'unanimità di richiamare l'ambasciatore della Ue in terra russa arrivando anche a discutere del possibile allontanamento di Vladimir Chzov. L'Italia, e non solo, tira però il freno e il rappresentante di Mosca a Bruxelles resta al suo posto, ma nei numerosi vertici bilaterali, e al termine del Consiglio europeo, i Ventotto decidono di muoversi ognuno in autonomia in modo che ogni singolo Paese sia libero di decidere se e quanti diplomatici cacciare dal proprio territorio.
IL BACIO TRA LUIGI DI MAIO E EMILIO CARELLI
Nel weekend nuovo giro di telefonate tra la cancelliera Merkel, il presidente Macron, il primo ministro inglese May, il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni e la segreteria di Stato americana. Il quintetto atlantico si salda e decide che alle 15 di ieri pomeriggio tutti i Paesi daranno comunicazione delle rispettive espulsioni. 23 dal Regno Unito, 4 dalla Francia, 4 dalla Germania e due dall'Italia. Oltre, ovviamente, ai 60, decretati da Washington e a quelli decisi da tutti gli altri paesi dell'Unione e non solo visto che il Canada ne caccia 4 l'Albania 2.
IL METODO
Prima di procedere Gentiloni chiama al telefono Matteo Salvini, Luigi Di Maio, Maurizio Martina e fa sì che anche Silvio Berlusconi venga informato così come Giorgia Meloni e Pietro Grasso. La cornice atlantica che circonda la decisione presa con gli alleati Nato, oltre che con l'Europa, rende la telefonata una comunicazione che comunque non sembra aver prodotto reazioni. In un primo momento nessuno dei leader di partito avanza perplessità o chiede di aumentare il numero per allineare l'Italia ai numeri di Francia o Germania.
Se una sorta di via libera viene da dato per piena condivisione o convenienza - che deriva dall'aver evitato di metterci la faccia - è difficile dirlo. Fatto sta che il metodo della condivisione, seguito dal premier Gentiloni anche quando non era chiamato a gestire solo gli affari correnti, funziona e potrebbe tornare utile anche al momento della stesura del Def, visto anche i tempi lunghi necessari per comporre un governo. Ma poi, a rompere il fronte, arriva l'uscita di Salvini sul provvedimento: «Non risolve i problemi, anzi li aggrava. Io non l'avrei fatto».
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