DAGOREPORT - L’ASSOLUZIONE NEL PROCESSO “OPEN ARMS” HA TOLTO A SALVINI LA POSSIBILITA’ DI FARE IL…
Marco Ventura per “il Messaggero”
«La Germania vuole una Turchia economicamente prospera, questo è anche nel nostro interesse». A rompere l' assordante silenzio delle capitali europee sulla sfida tra Erdogan e Trump e sulla caduta della lira turca è il cancelliere tedesco, Angela Merkel, dopo l' incontro di ieri con il premier bosniaco.
«Nessuno chiarisce la Merkel ha interesse a destabilizzare la Turchia, ma naturalmente tutto dev' essere fatto in modo che per esempio la Banca centrale turca possa avere la sua indipendenza».
Un colpo al cerchio, uno alla botte. A Trump perché non insista a stressare Ankara, e a Erdogan perché consenta alla Banca centrale di alzare i tassi d' interesse come suggerito dagli analisti internazionali per placare i mercati.
IL MINISTRO MAAS
A render più articolata la posizione di Berlino, il ministro degli Esteri Heiko Maas dichiara che converrebbe alla Turchia raggiungere un accordo con Usa e altri Paesi per il rilascio dei prigionieri stranieri.
Riferimento alla vicenda del pastore evangelico Andrew Brunson, da due anni agli arresti in Turchia per contatti con la rete considerata golpista di Fethullah Gulen, che gli americani rifiutano di estradare dalla Pennsylvania.
Ci sono pure casi di tedeschi incarcerati e Maas auspica che il problema venga risolto «non solo bilateralmente fra Turchia e Stati Uniti, ma su una base più generale». Il che potrebbe «facilitare la soluzione dei problemi economici, sicché alla fine questo è anche l' interesse della Turchia».
L' offensiva di Trump sui dazi non mette in difficoltà solo Ankara ma altri Paesi alleati: Germania, Francia, Italia... E le parole della Merkel suonano perciò solidali verso la Turchia, vittima dell' annunciato raddoppio dei dazi americani su acciaio e alluminio.
Sul Financial Times è apparso ieri il commento di un professore di Sciences Po, Laurence Daziano, dal titolo: «La crisi è una chance per resettare le relazioni fra l' Europa e la Turchia».
Daziano riconosce che «dopotutto l' economia turca nel 2017 ha avuto una crescita del Pil del 7.4 per cento, al primo posto fra i Paesi G20». La crisi turca può essere «una opportunità per riflettere sul futuro della supremazia del dollaro e sulla crescita dell' euro, e più in generale sulle relazioni fra Ankara e Bruxelles, visto che la Ue è il primo partner commerciale della Turchia, ne assorbe circa metà delle esportazioni, e fa la parte del leone negli investimenti stranieri».
Il professore propone perciò di rafforzare l' ancoraggio di Ankara all' Occidente e alla Nato, e un maggiore sostegno europeo con la richiesta di indipendenza della Banca centrale turca. Il 28 settembre, del resto, Erdogan visiterà Berlino con cui nel 2016 negoziò l' accoglienza dei profughi dalla Siria per spezzare la rotta Balcanica verso il Nord Europa, in cambio di 6 miliardi di euro (3 da erogare alla fine dell' anno).
Ankara calcola di avere già speso 25 miliardi per ospitare e assistere 3.5 milioni di siriani. Da considerare che Erdogan ha avvertito Trump, in una lettera al New York Times, che la Turchia può scegliersi altri alleati. Ma quali? L' Unione Europea sul fronte politico e economico, poi la Cina, il Qatar e soprattutto la Russia.
LA VISITA
Il ministro degli Esteri russo, Lavrov, era ieri a Ankara, dopo una telefonata tra Erdogan e Putin. Sul tappeto gli approvvigionamenti di energia e il controverso acquisto del sistema di difesa aereo russo S-400, osteggiato da Nato e USA. Il ministro degli Esteri turco, Cavusoglu, ha spiegato che Ankara ha provato a comprare i Patriot ma non è stato possibile, quindi si è rivolta a Mosca. Il Pentagono ha intanto tre mesi di tempo per valutare se mantenere la Turchia dentro il programma di acquisto di 100 caccia di quinta generazione F-35 nei prossimi anni.
Nodi su nodi e tutti intrecciati.
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