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MAL DI PANSA – ESCE OGGI IL MEMOIR DEL GIORNALISTA, “QUEL FASCISTA DI PANSA”, RIFLESSIONE SU 15 ANNI DI DIBATTITO PUBBLICO IN ITALIA CON AL CENTRO IL BEST-SELLER “IL SANGUE DEI VINTI” – L’UNICO MOMENTO IN CUI È STATO FASCISTA È L’IMMAGINE DI COPERTINA CON GIAMPAOLO BAMBINO IN DIVISA DA “FIGLIO DELLA LUPA” – LE POLEMICHE SULL’ALTRA RESISTENZA E I NEMICI CHE CONTRIBUIRONO A FAR LIEVITARE LE TIRATURE…
Dino Messina per il “Corriere della Sera”
Giampaolo Pansa non ha perso il gusto della provocazione, come si evince dal titolo del suo nuovo libro, Quel fascista di Pansa (in uscita oggi per Rizzoli) e come si capisce anche da una battuta rivolta ai suoi avversari ispirata al Marchese del Grillo: «Io so' io e voi non siete un c». In realtà il saggio di Pansa, oltre a essere un divertente zibaldone di varia umanità, è una seria riflessione su quindici anni di dibattito pubblico italiano, con al centro il suo bestseller, uscito nell' ottobre 2003 per Sperling & Kupfer, Il sangue dei vinti .
La duplice questione posta dall' autore è come mai il racconto della guerra civile italiana dalla parte degli sconfitti abbia avuto tanto successo, arrivando con le varie edizioni a superare il milione di copie vendute. E perché abbia incontrato tanta ostilità: attacchi verbali e aggressioni pubbliche, critiche di professori e colleghi giornalisti, un coro ampio e violento che ha sfiorato il linciaggio.
LA COPERTINA DI 'QUEL FASCISTA DI PANSA'
Le due questioni, il successo di pubblico e gli attacchi senza quartiere, sono in parte collegate. Se uno dice «non leggere il libro di Pansa» gli fa una pubblicità involontaria. Ma aver conquistato un pubblico tanto ampio di lettori su una materia così controversa, gli eccessi della Resistenza che sono continuati a guerra finita, ben oltre il 25 aprile 1945, ha una serie di motivazioni che l' autore spiega con passione. Per capire il fenomeno Pansa bisogna conoscerne la biografia.
E magari partire dalla copertina su sfondo verde che ritrae un bambino in divisa fascista, «un figlio della Lupa», cioè il piccolo Giampaolo a 7 anni, l' unico momento in cui fu effettivamente fascista. Il resto sono stati anni di studi e di educazione ai valori della democrazia, a cominciare dalla primavera 1945 quando per via Roma a Casale Monferrato sfilarono gli americani. Il giovane Pansa venne colpito da un uomo imponente in piedi su una Jeep che salutava la folla. Era il partigiano Pompeo Colajanni. Il padre chiese al figlio: «Giampa, sai chi sta passando?». E lui: «Portos il moschettiere?». «No, passa la libertà».
Presto arrivò l' età degli studi impegnativi, sino alla tesi mastodontica per la laurea in Scienze politiche con lo storico Guido Quazza, Guerra partigiana tra Genova e il Po . Durante la ricerca per la tesi, che fu poi pubblicata da Laterza, Giampaolo Pansa incontrò una serie di personaggi, alcuni dei quali coraggiosamente anticonformisti nella stagione in cui era persino proibito usare l' espressione «guerra civile». Il partigiano Mario Silla, detto Curone, sindaco di Tortona, lo invitò a occuparsi in futuro anche dei vinti.
E Pansa, memore di quel viatico, si presentò a un convegno con Roberto Battaglia, Gabriele De Rosa e Ferruccio Parri, sostenendo che bisognava allargare il campo di ricerca. Non tutti gradirono quell' intervento, ma uno sì, il comandante partigiano Ferruccio Parri, che regalò al giovane coraggioso un assegno di venticinquemila lire, esortandolo a lanciare sassi nello stagno del conformismo.
Nel 1969 Pansa scrisse il saggio L' esercito di Salò, che fu apprezzato anche dagli storici di sinistra e che dopo varie edizioni fu reintitolato Il gladio e l' alloro . Uno dei lettori ed estimatori di questo libro fu Junio Valerio Borghese, il comandante della X Mas che nel 1970 acconsentì a farsi intervistare per «La Stampa». A fine intervista Borghese raccomandò a Pansa, se voleva davvero completare il lavoro intrapreso, di occuparsi della «resistenza fascista». Usò proprio questa espressione.
GIAMPAOLO PANSA IL SANGUE DEI VINTI
Il cronista che aveva scritto per tutti i grandi quotidiani e settimanali, dalla «Stampa» al «Giorno», dal «Corriere della Sera» alla «Repubblica», da «Panorama» all'«Espresso», diventando una delle icone del giornalismo impegnato e di sinistra, stupì dunque tutti nel 2003 con Il sangue dei vinti . Fu accusato di aver scritto quel libro per calcolo economico, per compiacere Berlusconi che gli avrebbe promesso importanti incarichi editoriali, di aver utilizzato materiale di seconda mano e di aver raccontato storie già conosciute, di aver romanzato la realtà.
Infine di essere uno dei capofila del «rovescismo» (copyright Angelo d' Orsi su «Micromega»), forma estrema di revisionismo. In realtà Pansa diede soltanto voce alle sofferenze di quella parte di italiane e italiani che avevano combattuto dalla parte sbagliata, spesso in buona fede, ai quali era stato negato anche il diritto al ricordo. Così furono «i vinti» (o i loro figli), su cui a lungo si era taciuto, a decretare il successo di Pansa. E gli acerrimi nemici contribuirono a far lievitare le tirature, trasformando un libro appassionato e onesto in un clamoroso caso politico-editoriale.
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