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GIUSEPPE CONTE DOPO L INCONTRO CON MARIO DRAGHI
Ilario Lombardo per “la Stampa”
Giuseppe Conte aveva chiesto una risposta a Mario Draghi, sul documento dei nove punti, per fine luglio. Ma potrebbe essere troppo tardi.
Perché nel M5S scalpitano, e quella risposta la vorrebbero prima. Giovedì in Senato si voterà la fiducia al decreto Aiuti, dove è contenuta la norma sull'inceneritore di Roma contestata dai 5 Stelle. I senatori hanno detto al leader che non la voteranno. Usciranno dall'aula, è l'unica soluzione che giudicano ragionevole.
Sempre che Draghi non convinca Conte, e Conte poi non convinca i senatori. Per questo dal Movimento è stata fatta circolare l'ipotesi di un contatto tra i due, in settimana. È un auspicio: i 5 Stelle si attendono un segnale, per scongiurare un atto che comunque porrebbe una questione politica e istituzionale significativa.
Uscire dall'Aula scaricherebbe sul premier la responsabilità di decidere come muoversi davanti al secondo partito della maggioranza - il primo fino alla scissione di Luigi Di Maio - che non vota la fiducia al governo.
giuseppe conte dopo l'incontro con draghi
Draghi subito dopo salirebbe al Quirinale. «È molto probabile» confidano fonti a lui vicine.
Per prassi, è quasi scontato che lo faccia. Ma c'è di più. Da Palazzo Chigi confermano la disponibilità del presidente del Consiglio a trattare sui temi posti da Conte, ma per Draghi deve essere chiaro quanto già detto: «Non ci sarà un altro governo senza i 5 Stelle e il sostegno del Movimento deve essere convinto, non può esserci un giorno sì e l'altro no».
Del documento di nove punti, c'è però un passaggio che è sfuggito a tanti e che nel M5S hanno preso a sottolineare in queste ore.
Il punto 4 recita: «La crisi in atto richiede un intervento straordinario, ampio e organico, a favore di famiglie e imprese. Un bonus da 200 euro non vale a risolvere i gravi problemi che i nostri concittadini stanno affrontando. L'Europa è in ritardo ma l'Italia non può permettersi di inseguire i ritardi dell'Europa». Nella riga dopo, la richiesta si fa più esplicita: «Le abbiamo chiesto più volte uno scostamento di bilancio».
È il grande tabù di Palazzo Chigi, ed è il nodo fatale che potrebbe far inciampare la trattativa. Lo sa Draghi, lo sa Conte. Il leader del M5S, come chiunque in Italia, ha sentito il premier ribadire più volte di essere assolutamente contrario a chiedere un extradeficit. Ed è quello che dirà all'avvocato.
I vincoli europei del Patto di stabilità saranno anche stati congelati, ma il debito italiano è troppo alto per caricarseneancora. E poi, Draghi ha impostato un rapporto con l'Ue completamente diverso, convinto che le battaglie vadano fatte su misure concrete, come il tetto al prezzo del gas, e non sforando i conti. Su quel documento di Conte è in gioco il destino della maggioranza.
giuseppe conte dopo l'incontro con draghi 1
Non è escluso che tra il premier e l'avvocato ci sia comunque un contatto in settimana, prima del voto in Senato e dopo il tavolo con i sindacati di domani, dove si tratteranno diverse misure che sono tra i desiderata del M5S.
Se un segnale arriverà da Palazzo Chigi, quella sarà l'occasione. Ma lo scostamento è escluso. Per Conte, invece, sarebbe la strada più semplice. «Non era Draghi a dire che c'è debito buono e debito cattivo? Questo è il momento» è la conclusione del leader e dei suoi vice, anche per dimostrare che l'ex Bce «non è un premier dell'austerity come Mario Monti».
Detto questo, il presidente del M5S è aperto alle possibili alternative del governo. I suoi parlamentari lo sono meno. L'importante, sostiene l'avvocato, è l'obiettivo, ma sono anche le risorse da mettere sul tavolo. Va trovato, dice, «un meccanismo redistributivo a favore delle fasce meno garantite della popolazione».
E per costruirlo servono molti più miliardi. Almeno venti, se non trenta. Sono cifre che Conte e i suoi collaboratori ottengono facendo un calcolo che parte dai 200 euro di bonus una tantum, per cui sono stati spesi circa 6 miliardi. «E gli effetti saranno minimi, visto che il costo dell'energia è in crescita esponenziale».
Questa è la vera sfida che Conte pone a Draghi. La chiave della permanenza o meno del M5S al governo. Non tanto il reddito di cittadinanza, o il salario minimo. Il primo, i grillini lo considerano blindato, convinti che nessuno con i livelli di povertà decretati dall'Istat si sognerebbe di cancellarlo.
La legge sul salario minimo, invece, è una scommessa per il futuro. In coalizione con Lega e Forza Italia, contrarissimi, sarebbe già tanto far passare il compromesso sui minimi salariali del ministro Andrea Orlando. Lo scostamento è la miccia perfetta. Per Draghi è un pretesto, poco meno di una provocazione. Per Conte invece è un argomento che può rivelarsi molto popolare, e che prova come il Movimento faccia sul serio.-
BEPPE GRILLO - GIUSEPPE CONTE - MARIO DRAGHI - BY EDOARDO BARALDI
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