DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Giacomo Amadori per la Verità
Il fallimento di Banca Etruria e la crisi della banche venete hanno un comune denominatore, lo scontro tra i dirigenti di questi istituti traballanti e la Banca d' Italia. Le intercettazioni dell' ex direttore generale di Veneto Banca, Vincenzo Consoli, descrivono bene il clima di conflitto permanente del biennio 2014-2015 in cui i banchieri del territorio pensavano di salvare le penne grazie alla patente di renziani, mentre in via Nazionale quello, più che un salvacondotto, era un bersaglio.
Le telefonate tra Consoli e Pier Luigi Boschi alla vigilia del commissariamento di Etruria sono la prova di questa sgangherata alleanza e fotografano i tentativi di rendere innocuo il capo della vigilanza di Bankitalia, Carmelo Barbagallo, considerato dai banchieri in difficoltà il principale nemico, al pari del governatore Ignazio Visco.
Un autorevole testimone di quella disfida, un ex banchiere, spiega alla Verità: «Una delle mosse più irrazionali del "ragazzaccio" (così sembra che definissero ai piani alti di Via Nazionale Matteo Renzi) è quella di essersi messo in forte contrasto con il vertice di Bankitalia , per la questione degli stipendi». L' ex premier propose di abbassare quello del governatore da 495.000 euro annui a 248.000.
Pare che quella sortita non fosse stata apprezzata nemmeno dall' allora presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. «Ad Arezzo in tutti i salotti si dice che la banca e i suoi risparmiatori sono rimasti vittime di uno scontro istituzionale tra Banca d' Italia e sinistra Pd da una parte e Renzi con i suoi finanzieri d' assalto dall' altra».
Consoli e Boschi senior, in quei mesi caldi, cercano sponde in Via Nazionale, evidentemente senza trovare quelle giuste. Il babbo dell' ex ministro delle Riforme promette al collega di aprire canali con Renzi e con Maria Elena Boschi, evidentemente poco efficaci. Infatti sul tavolo della roulette bancaria, alla fine, vince il rosso (Visco e compagni) e perde il nero (Renzi): il 9 febbraio 2015 il governatore Visco firma il commissariamento di Etruria; due giorni dopo, 11 febbraio 2015, Consoli prova a consolare Alfredo Berni, uno dei due vicepresidenti dell' istituto aretino estromessi dai commissari.
renzi con il padre suo e di boschi e rosi di banca etruria stile amici miei
Questo è il riassunto che i finanzieri fanno della telefonata: «I due commentano il commissariamento e come questo sia avvenuto subito dopo l' approvazione del bilancio da parte della banca. I due proseguono commentando l' operato di Banca d' Italia e Consoli giudica Visco, governatore della Banca d' Italia, «un idiota» e prosegue dicendo «io spero che ci sentano in maniera tale che domani... io se c' è qualcuno che ascolta, sono pronto, se domani mi chiedono perché è un idiota... basta vedere che cosa è successo al sistema bancario italiano sotto questo governatore»».
Berni annuncia che «Banca Etruria farà subito ricorso sull' operato di Banca d' Italia e specifica come il commissariamento è a firma del ministro Padoan». Nella guerra tra Roma e Arezzo, Padoan non viene considerato un alleato del «ragazzaccio», ma di Visco e della sinistra Pd. Per Berni ad affondare definitivamente Etruria è stata una decisione della Banca centrale europea, applicata con più celerità a Etruria: i nuovi parametri di rischio imposti da Francoforte che hanno portato a un impoverimento del patrimonio dell' istituto aretino.
Non è finita. «Consoli» appuntano i finanzieri, «dice di comprendere benissimo lo stato in cui si trova Berni, in quanto anche lui è stato denigrato , "messo in castigo" da alcune falsità degli ispettori». Il riferimento è alle ispezioni di Banca d' Italia che entrambe le banche hanno subito a partire dal 2013.
Nel marzo 2014, nel salotto del ministro Maria Elena Boschi, si era riunito un vero e proprio gabinetto di guerra a cui parteciparono babbo Boschi, la figlia, Consoli e i presidenti di VB e Bpel, Flavio Trinca e Giuseppe Fornasari. Una riunione che la dice lunga su come le piccole banche in difficoltà volessero aggirare controlli e sanzioni di Banca d' Italia con l' aiuto del governo.
Ma il piano traballa subito. Proprio in quei giorni la Procura di Arezzo ordina una perquisizione negli uffici di Etruria, dopo una denuncia di Barbagallo, che mette fuori gioco Fornasari, successivamente assolto nel processo di primo grado. Lorenzo Rosi diventa presidente di Etruria e Boschi senior vicepresidente.
Via Nazionale suggerisce una fusione con l' altrettanto disastrata Popolare di Vicenza (ben vista a Palazzo Koch), mentre in Etruria preferiscono tentare altre strade, in particolare bussando alla porta di Unicredit (con Rosi e Boschi) e Popolare dell' Emilia (con Berni). Senza fortuna. «Fino al 30 giugno 2014, l' assedio della Banca d' Italia è asfissiante. È una lotta di sistema: vogliono le concentrazioni. Hanno fallito con la Popolare Milano e con quella di Marostica e dal 2013 ci provano con Etruria che ha una governance debole, invisa a Via Nazionale. L' obiettivo è ritenuto facile da Barbagallo e dal suo vice Ciro Vacca», continua a raccontarci la nostra fonte.
Ma quello che si domandano ancora ad Arezzo è come mai Etruria, che su imposizione di Palazzo Koch ha cambiato metà Cda e presidente e che apparentemente si era rafforzata dal punto di vista delle coperture politiche con Boschi senior, improvvisamente sia diventata così debole, da essere portata fino al fallimento. Torna il discorso dello stipendio. Ma non solo: «La verità è che il decreto sulle banche popolari è stato emanato da Renzi a dispetto di Banca d' Italia, senza cercare la collaborazione o il consenso della stessa. Ma la guerra non è finita.
<Appena Renzi ha rialzato un po' la testa è venuta fuori la storia della richiesta di aiuto di Maria Elena Boschi all' ex ad di Uncredit Federico Ghizzoni, tenuta in fresco per l' occorrenza, e anche Visco ha recentemente sentito il dovere di lanciare a Renzi, un messaggio forte e chiaro».
MARIA ELENA BOSCHI E LE BALLE SU ETRURIA
Il riferimento è a una dichiarazione che più o meno suonava così: «Con Etruria si poteva fare in altro modo». Per la nostra fonte si è trattato di un avviso all' ex premier di nuovo in pista: «La frase non va letta nel senso di "abbiamo sbagliato", ma come "volevamo fare proprio così", anche se avevamo delle alternative. Perché si doveva punire il ragazzaccio».
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