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EVASIONE BIPARTISAN – SOLDI NEI PARADISI FISCALI SIA DAI SOSTENITORI DI TRUMP SIA DA QUELLI DI HILLARY. NEI GUAI ANCHE IL PRINCIPE CARLO – QUELLA PARAGURA DI SHAKIRA, UNA VERA “VIRTUOSA DELL' OTTIMIZZAZIONE FISCALE”
Carola Frediani per “La Stampa”
hillary clinton donald trump il town hall
Il tesoretto che ha alimentato un pezzo della campagna pro-Trump, e in particolare la galassia ultraconservatrice che ruotava attorno a Steve Bannon, l' ex capo stratega del presidente, ha beneficiato dei vantaggi di giurisdizioni offshore. L' ultima rivelazione dei Paradise Papers - le carte sui paradisi fiscali svelate dal Consorzio internazionale di giornalisti investigativi (Icij) - torna a inglobare l' entourage del presidente Usa, e un' importante figura della causa conservatrice.
Robert Mercer, milionario, co-proprietario di Cambridge Analytica, generoso finanziatore del sito dell' ultradestra Breitbart e dello stesso Bannon, è anche direttore di otto società delle Bermuda che sarebbero state usate per aggirare il fisco americano. La fondazione della famiglia Mercer avrebbe infatti incanalato i suoi investimenti attraverso una di queste società col risultato di risparmiare milioni di dollari in tasse.
E col paradosso che, mentre con una mano sfruttava i cortocircuiti legali dei paradisi offshore, con l' altra finanziava siti, personaggi e libri che fustigavano proprio la corruzione e i comportamenti dei Democratici e di Hillary Clinton. Non solo: sette noti donatori di area conservatrice, sette miliardari che da soli hanno sborsato 350 milioni di dollari nelle ultime elezioni americane, sostenendo i Repubblicani, sono anche degli appassionati di paradisi offshore, dove hanno nascosto e protetto buona parte delle loro fortune. Tra questi ci sono i fratelli Koch, i magnati del petrolio e della chimica; e Geoff Palmer, ricco immobiliarista di Los Angeles. Ma ce n' è anche per i Democratici: James Simons, magnate che ha donato 11 milioni di dollari alla campagna di Hillary Clinton, avrebbe imboscato 8 miliardi alle Bermuda.
Sull' altra sponda dell' Atlantico invece è stato di nuovo il turno della famiglia reale. Carlo, il principe di Galles, ha segretamente investito milioni di sterline in fondi e società offshore. Tra queste una società delle Bermuda, di un suo stretto amico, che avrebbe beneficiato di alcune delle campagne ambientaliste pubblicamente perorate dallo stesso erede al trono. Un serio caso di conflitto di interesse, ha sostenuto sir Alistair Graham, l' ex presidente della Commissione che consiglia il governo sugli standard etici della politica.
Interessante poi il caso della multinazionale americana Procter & Gamble, che tra le altre cose produce note marche di spazzolini e rasoi: avrebbe ottenuto un controverso via libera dal fisco olandese che le ha permesso di spostare 676 milioni di dollari alle Cayman, ricevendo uno sconto sulle tasse dovute nei Paesi Bassi di 169 milioni. Mentre alcune banche tedesche sono sospettate di aver fatto affari illegali con i casinò online. Ad esempio la Wirecard Bank avrebbe gestito conti di fornitori offshore di gioco d' azzardo, riferiscono i media tedeschi.
Tra i vip è sbucata infine la cantante Shakira, definita una «virtuosa dell' ottimizzazione fiscale» per aver sapientemente incanalato il suo patrimonio musicale e i diritti di proprietà intellettuale tra Malta, Olanda e Lussemburgo, abbattendo gli oneri fiscali. Ma ieri l' attenzione si è rivolta anche alle società e giurisdizioni offshore.
In particolare è emerso che proprio Appleby, lo studio di consulenza al centro della rete di società da cui in buona parte provengono i Paradise Papers, avrebbe disatteso le norme contro il riciclaggio e il finanziamento di terroristi, al punto da essere multata più volte dalle autorità locali, in particolare dalle stesse Bermuda. Tutto ciò mentre stava in prima fila nelle attività di lobbying per impedire giri di vite sui paradisi fiscali.
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