DAGOREPORT - BLACKSTONE, KKR, BLACKROCK E ALTRI FONDI D’INVESTIMENTO TEMONO CHE IL SECONDO MANDATO…
Lorenzo Giarelli per “Linkiesta.it”
Crescita zero del pil nel secondo trimestre del 2016 e stime annue che si discostano poco dall'aumento del 2015. Sono i dati Istat che rallentano quelle che dovevano essere le magnifiche sorti e progressive dell'Italia in ripresa.
Ma facciamo un esperimento. Che dati ci saremmo dovuti aspettare se le previsioni di Renzi e dei suoi ministri – non proprio fuoriclasse del non sbilanciarsi mai – fossero state giuste. Che ne è stato dei presunti guadagni derivati da Expo e dalle riforme? Vediamo se, e di quanto, i conti non tornano.
Cominciamo proprio da Expo. Prima dell'esposizione si ipotizzava un impatto sul pil del +0,2%, ma i buoni risultati ottenuti lasciavano sperare anche in qualcosa di più. Studi successivi attestano in 13 miliardi il contributo di Expo al pil fino al 2020, pari quindi a circa l'1% diluito in cinque anni. Per il 2016, dunque, dovremmo beneficiare di due o tre decimi percentuali.
Fa il paio con Expo il Giubileo iniziato a novembre a Roma, che secondo le stime doveva portare una crescita di oltre il 2% in cinque anni, con un picco proprio nel 2016. Tenendo conto anche di Expo, dunque, la stima di guadagno sale (almeno) ad uno 0,5%.
Stando alle previsioni e agli annunci dello scorso anno, il pil del 2016 avrebbe dovuto crescere ben oltre l'1%, ma l'Istat parla di un trimestre a crescita zero.
Capitolo riforme. Renzi da sempre sventola il jobs act e gli sgravi fiscali come i traini della ripresa. E' il febbraio 2015 quando da Roma parte un documento destinazione Bruxelles in cui il nostro governo spiega che le riforme porteranno ad un +3,6% globale nel 2020, grazie anche ad un +0,9% del jobs act. Pubblica amministrazione, scuola, lavoro: un decimale alla volta saremmo dovuti arrivare almeno ad uno 0,5% nel 2016, che messo nel nostro salvadanaio con Expo e Giubileo fa un 1% annuo totale (a star bassi).
Nel 2014, quando il governo già lavorava su un piano di privatizzazioni, il ministro Padoan si sbilanciava: “Il governo conferma l'obiettivo di incassare con le privatizzazioni 0,7 punti di pil all'anno”. Stime rivedute e corrette l'anno scorso, quando il dato di crescita fu abbassato a 0,5%. Poco cambia. Aumentiamo il nostro contatore, che ormai è all'1,5%.
Ricordate la spending review? Lanciata da Monti, ripresa da Letta e sventolata anche da Renzi – e da tre commissari diversi in due anni. Il presidente della Corte dei Conti Raffaele Squitieri lo scorso febbraio tranquillizzava un po' tutti, dicendo che la revisione dei conti avrebbe dovuto garantire 25 miliardi di euro nel 2016, pari ad un bel 1,4% del pil. Un bel gruzzolo, che ci proietta vicinissimi ad un 3% di crescita annua.
Senza dimenticare la banda larga, promossa dal Ministero dello Sviluppo Economico due anni fa e i cui frutti, difficilmente calcolabili ma unanimemente riconosciuti, dovrebbero comunque garantire una crescita, che dunque andrebbe ancora oltre quel 3% raggiunto finora.
Insomma, siamo ben lontani da quell'1,2% dichiarato come stima nel Def dal Consiglio dei ministri e ancor più lontani dalla realtà inquadrata dall'Istat.
Ma non c'è da preoccuparsi: il Comitato per Roma 2024 dice che se organizziamo i Giochi, forse, mezzo punto lo riprendiamo. E se ancora non basta, rilassiamoci: c'è sempre il Ponte sullo stretto...
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