TOGHE IN GUERRA – FACCI ATTACCA DI MATTEO: “PERCHE' SI LAMENTA? È ARRIVATO UNDICESIMO SU 46, SBAGLIÒ IL PROCESSO PER VIA D’AMELIO” – “NON CONTA QUELLO CHE BOFONCHIA IL SENILE RIINA, NON CREDO ALLE PRESUNTE MINACCE A DI MATTEO”

Filippo Facci per “Libero Quotidiano

 

Già fa abbastanza ridere che un magistrato ricorra al Tar (del Lazio) per ribellarsi al Csm: perché rende l’idea di come la giurisdizione italiana sia ormai impazzita da tempo. Se però il ricorrente è il pm Nino Di Matteo, beh, allora capisci che è tutto normale, anzi, è normalmente anormale.

 

filippo facci con pistolafilippo facci con pistola

Il ricorso del pm palermitano, rilanciato ieri da amici giornalisti, in pratica dice: ma come, non mi avete preso in considerazione per uno dei tre posti alla Superprocura antimafia? Ma non avete visto che curriculum ho? Ecco, il punto è che forse il Csm l’ha visto: e, messa nero su bianco, la verità forse è spiccata meglio. Il suo curriculum antimafia, in concreto e lontano dai doping mediatici, è semplicemente quello che è. Ora non ci sogniamo nemmeno di riassumerlo. Tantomeno ritorneremo sul vergognoso processo per la strage di via D’Amelio, completamente sbagliato sin dal principio - con innocenti erroneamente condannati - anche perché un certo pm, Antonino Di Matteo, fece la sua parte nel non capire che il teste chiave era un millantatore.

 

NINO DI MATTEO CON LA SCORTANINO DI MATTEO CON LA SCORTA

Colpisce, semmai, come i giornali e gli avvocati di Di Matteo abbiano cercato d’infilare tra le voci di accreditamento anche la postura auto-martirizzante del magistrato. «Non sono valsi a nulla i tanti rischi personali corsi», riportava ieri La Stampa. I legali di Di Matteo, poi, hanno scritto di «una minimizzazione» da parte del Csm «degli anni di sacrifici, rischi e impegno in cui si è articolata la carriera del ricorrente», sintetizzati insomma nelle consuete «minacce rivolte dalla mafia».

 

Tutta roba che si presta, invero, a valutazioni molto soggettive e purtroppo non a punteggi: noi, per esempio, alle minacce mafiose contro Di Matteo abbiamo già scritto di non credere, soprattutto se riferite ai bofonchiamenti senili del Totò Riina galeotto. Noi pensiamo che le presunte minacce a Di Matteo siano tutta una montatura, al pari di quelle rivelate ogni venti minuti dal pentito di turno, e mai dimostrate. E se è vero che anche le nostre opinioni ovviamente non fanno punteggio, figurarsi se possono farlo le 91mila firme raccolte dalle varie associazioni antimafia a sostegno del magistrato.

IL PM NINO DI MATTEO IL PM NINO DI MATTEO

 

A parte questo, a noi, sorgono altri interrogativi. 1) Quasi tutti i giornali hanno scritto come se - per i tre posti vacanti alla Superprocura antimafia - fossero stati prescelti tre candidati e Di Matteo fosse arrivato quarto, quasi un trattamento ad personam: perché non rilevare che i candidati erano ben 46 e che Di Matteo è banalmente arrivato undicesimo?

 

2) Tra i bocciati c’è anche il procuratore aggiunto di Roma Giancarlo Capaldo, non proprio il primo che passa: Di Matteo pensa di meritare più di lui? E pensa, dunque, di meritare più dei 41 altri magistrati candidati? La domanda è lecita, visto che è l’unico ad aver fatto ricorso, ci risulta.

 

IL PM NINO DI MATTEO IL PM NINO DI MATTEO

3) Nel ricorso peraltro si fa un chiaro riferimento a minacce di morte subite anche da parte del latitante Matteo Messina Denaro. È troppo ricordare che Di Matteo, direttamente, non ha Messina Denaro tra gli oggetti delle sue indagini? E che a rischiare la pelle, semmai, è il pm palermitano Teresa Principato, che su Messina Denaro indaga effettivamente anche se non è amica del gruppetto della «trattativa»?

 

giancarlo-capaldogiancarlo-capaldo

4) Siccome non abbiamo letto il ricorso integralmente - quello l’ha letto solo il Fatto Quotidiano - ci resta la curiosità professionale di sapere se i legali di Di Matteo abbiano accluso, tra i meriti di curriculum, anche i due recenti libri scritti evidentemente nei ritagli di tempo, e poi le interviste rilasciate su temi politici, e ancora la partecipazione a convegni organizzate dai Cinque Stelle. Per curiosità. Questo piacerebbe sapere: in attesa che, sul miliardesimo caso Di Matteo, si pronunci l’organo di autogoverno della magistratura che attualmente risulta più alto in rango, o così pare: il Tar del Lazio.