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Filippo Facci per “Libero Quotidiano”
SERGIO DE GREGORIO SILVIO BERLUSCONI resize
Puntuale come un tg delle 20 (per essere precisi: 19 e 55) ecco la sentenza che condanna in teoria (molto in teoria) Silvio Berlusconi a tre anni per la cosiddetta compravendita dei senatori. Sarebbe corruzione. I pm ne volevano cinque, di anni, ma agli effetti saranno zero perché questo processo è stato inutile, e si sapeva. A che serve, del resto, un processo? A emettere una sentenza?
L’unica sentenza che rimarrà impressa - nostro modesto parere - è la faccia di Sergio De Gregorio, l’uomo che ha rivalutato tutta la fisiognomica ottocentesca; poi ci sarebbe la sentenza morale ai danni di un Berlusconi che si è fidato di uno così, sentenza inappellabile; infine - inutile e ineffettiva, come soltanto le sentenze italiane possono essere - c’è la condanna penale secondo la quale Berlusconi ha convinto l’ex dipietrista De Gregorio, al prezzo di tre milioni di euro, a schierarsi con il centrodestra e a contribuire alla caduta del governo Prodi nel 2008.
sergio de gregorio a servizio pubblico
Tutto il resto è già stato detto, scritto e stra-scritto. Ciò posto, a che serve un processo? Ieri il pm (anzi, Woodcock) ha fatto la sua requisitoria e ovviamente ha dovuto ammettere che in ogni caso tutto finirà in prescrizione: perché procedere, allora? L’ha detto: perché, a suo dire, la sentenza avrà comunque una funzione «generalpreventiva» verso analoghi comportamenti di malcostume politico. Ora lo sappiamo a che serve un processo: a perpetuare una funzione generalpreventiva. Oppure si può anche dire, come spiegava il Fatto di ieri, che «il reato è importante a livello storico politico».
sergio de gregorio a servizio pubblico
È un’altra nota funzione del Codice penale: il livello storico politico. Non è chiaro? Eppure l'aveva già spiegato anche il pm Alessandro Milita nella sua requisitoria: «Siamo al cospetto di una delle peggiori ipotesi che si possano prospettare, una vicenda che resterà nei libri di storia e servirà come monito per il futuro. Qui abbiamo potere economico che acquista le persone per sfruttarne le funzioni e dirigerne il voto».
Ed è una cosa mai vista, accidenti: sì sì, ieri si è fatta la storia. Oltretutto un altro pm, Fabrizio Vanorio, ha aggiunto che la sentenza «farà giurisprudenza, perché è il primo caso in cui si affronta il tema della corruzione parlamentare». Ecco, ieri si è fatta anche giurisprudenza, insomma, si è fatta un sacco di roba: tranne giustizia in senso stretto, perché il reato è prescritto.
Per il resto, avremo tempo di approfondire altre cose. Tra queste, chiederci quali siano (o restino) i confini entro i quali un parlamentare vanti il diritto insindacabile di cambiare schieramento, come spiega e autorizza la Costituzione. Da ieri è molto meno chiaro, sinceramente.
Non è che i pm, infatti, abbiano scoperto un altarino: i finanziamenti a De Gregorio e al suo movimento «Italiani nel mondo» avvennero alla luce del sole (come altri finanziamenti ad altri partiti alleati di Berlusconi) e quindi, se c’è stato reato, paradossalmente c’è stato alla luce del sole, diciamo così: anche se, dopo aver rivendicato la trasparenza di tutte le operazioni, De Gregorio a un certo punto si è dichiarato corrotto e ha comodamente patteggiato venti mesi con la condizionale: saluti a tutti.
SERGIO DE GREGORIO E VALTER LAVITOLA
Le prove? Una lettera dell’ex direttore dell’Avanti! Walter Lavitola - che però Lavitola nega di aver mai scritto - in cui il medesimo rivendica di avere "comprato" De Gregorio per conto di Forza Italia. Da almeno due anni, a partire dal 2006, Berlusconi faceva una palese campagna per portare all’opposizione una parte dei parlamentari che sostenevano il governo Prodi, e la procura ha detto che infatti ne corruppe anche altri: chi? Non si sa. Altri indagati non ce ne sono stati.
L'unico parlamentare condannato (prescritto, cioè assolto in termini di diritti civili) è Silvio Berlusconi. E, anche se questa condanna non conta un fico secco, faranno bene i legali del Cavaliere a proporre appello ed eventualmente ad andare in Cassazione: nel nostro piccolo, esauriti i contributi fondamentali alla storia e alla giurisprudenza, ci piacerebbe comprendere la differenza tra una corruzione e un finanziamento, e, soprattutto, comprendere fino a che punto un giudice può sindacare un voto che secondo la Costituzione sarebbe insindacabile. Siamo un po’ duri di comprendonio, insomma.
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