RIUSCIRÀ SALVINI A RITROVARE LA FORTUNA POLITICA MISTERIOSAMENTE SCOMPARSA? PER NON PERDERE LA…
1. FACEBOOK E TWITTER BLOCCANO L'ARTICOLO DEL NEW YORK POST SUL FIGLIO DI BIDEN
Francesco Semprini per ''la Stampa''
È rivolta contro le sospette censure dei social media sull'Ucrainagate, le presunte relazioni pericolose tra Joe Biden, il figlio Hunter e il gigante energetico Burisma. Una vicenda tornata a galla sul «New York Post» che ha pubblicato nei giorni scorsi alcune e-mail secondo cui il figlio del candidato democratico presentò il padre ad un alto dirigente di Burisma, la società energetica ucraina con sede a Cipro di cui il secondogenito dell'ex vice di Barack Obama era consigliere.
Il punto è che l'allora vicepresidente qualche tempo dopo - secondo alcune registrazioni tra lo stesso Biden e l'ex presidente ucraino Poroenko - avrebbe esercitato pressioni affinché Kiev licenziasse un procuratore che stava indagando sull'azienda stessa. L'incontro, mai rivelato prima è menzionato in una e-mail che un membro del Cda di Burisma, Vadym Pozharskyi, ha inviato a Biden Jr. nell'aprile 2015, circa un anno dopo che Hunter era entrato nel consiglio.
Ebbene, dinanzi a quello che potrebbe diventare un caso di non poca rilevanza a meno di venti giorni dal voto presidenziale, Facebook e Twitter hanno deciso di censurarlo in attesa di verificarne la veridicità. Il sito di microblogging si è spinto oltre bloccando l'account della portavoce della Casa Bianca, Kayleigh McEnany, per aver postato l'articolo. Bloccato anche l'account Twitter della campagna di Trump. Una censura che ha sollevato una rivolta tra le fila del Grand Old Party.
BARACK OBAMA JOE BIDEN E HUNTER BIDEN
«Sono fuori controllo, sono un braccio del partito democratico e in mano alla sinistra radicale, terribile...», tuona Trump lanciando la campagna «Abolire la Section 230!!!», la norma che stabilisce l'immunità dei social media dai contenuti postati da terzi sulle piattaforme. I repubblicani della commissione giustizia del Senato ora vogliono convocare il Ceo di Twitter, Jack Dorsey, per avere spiegazioni in merito. I democratici replicano mettendo in dubbio la correttezza della fonte, ovvero Rudy Giuliani.
Le e-mail fanno parte dei dati recuperati da un pc inviato ad un centro riparazioni il cui gestore le avrebbe consegnate all'ex sindaco di New York il quale le ha girate al Post. Secondo lo stesso Dorsey è stato uno sbaglio bloccare l'inchiesta senza dare una spiegazione, arrivando a parlare di decisione «inaccettabile».
L'offensiva dei social ha visto protagonista anche YouTube che ha bloccato tutti i contenuti di QAnon, la comunità pro-Trump nota per le sue teorie del complotto, perché «alimentano la violenza nel mondo reale». Il «New York Post» intanto ha rincarato la dose pubblicando altre mail che proverebbero come Hunter abbia cercato di spuntare accordi con il gigante energetico cinese, Cefc Chian Energy, che lo stesso rampollo definisce «interessanti per la mia famiglia». Secca la replica di Trump: «Se Biden vince, la Cina si comprerà il nostro Paese».
2. I SOCIAL CENSURANO LE PORCATE DI BIDEN JR. - TRUMP ATTACCA FACEBOOK E TWITTER
Glauco Maggi per ''Libero Quotidiano''
C'erano una volta i media faziosi, giornali e TV, che orientavano la copertura delle notizie nel senso del mainstream, ossia inclinato a sinistra. Poi sono arrivati i colossi dell'high tech, quelli delle grandi piattaforme online su cui la gente poteva scambiarsi di tutto, notizie commenti e foto, e ci si era illusi di essere entrati nell'era della conoscenza universale senza restrizioni. Facebook e Twitter, con i loro milioni di utenti gente comune, promettevano di dribblare le informazioni dei regimi oppressivi e giocavano la parte dei paladini della civiltà moderna occidentale.
Ricordate le primavere arabe? Bene, anzi male, le bandiere del "Libero Internet" sono state ammainate. Adesso Facebook e Twitter sono diventati i pretoriani di Joe Biden, dei Democratici, della sinistra, e praticano la censura, proprio come i partiti comunisti cinese o cubano zittiscono la loro opposizione interna. Ieri, quando il New York Post ha sbattuto in prima pagina la "pistola fumante" che incastra Joe Biden a proposito degli affari sporchi del figlio Hunter in Ucraina, le due piattaforme di Mark Zuckerberg (Facebook) e Jack Dorsey (Twitter) hanno concordemente applicato l'incredibile decisione di impedire la diffusione della notizia.
Che, in verità, è devastante per la campagna Dem. Mentre Joe aveva sempre sostenuto di non aver mai parlato con il figlio Hunter del lavoro di quest' ultimo (a 50mila dollari al mese) per la ditta ucraina di gas Burisma, ora sono spuntate le email in cui un dirigente della società di Kiev, Vadym Pozharskyi, chiede a Hunter di «usare la sua influenza» sul babbo. E poi lo ringrazia per l'incontro, avvenuto a Washington, con l'allora vicepresidente con la delega per l'Ucraina.
«Caro Hunter, facendo seguito ai nostri colloqui durante la visita sul lago di Como e in successive occasioni, vorrei portare la seguente situazione alla tua attenzione Urgentemente ci serve il tuo consiglio», gli scrive Pozharskyi nel maggio 2014, «su come tu possa usare la tua influenza per far arrivare un messaggio e stoppare ciò che noi consideriamo azioni politicamente motivate». Un anno dopo, 17 aprile 2015, altra email: «Caro Hunter, grazie per avermi invitato a Washinghton e per aver dato l'opportunità di incontrare tuo padre e di passare un po' di tempo insieme».
Non solo Joe sapeva tutto di Hunter, ma lo ha aiutato nel suo business: conflitto di interesse? corruzione? I due social filo sinistra sono andati nel panico. Non solo hanno vietato all'articolo del New York Post, postato dal redattore Sohrab Ahmari, di finire in rete. Hanno addirittura impedito la pubblicazione del tweet di Kayleigh McEnany, capo ufficio stampa della Casa Bianca, che aveva riassunto in un tweet la vicenda. «Abbiamo stabilito che questo account ha violato le regole contro la distribuzione di materiale hackerato», ha comunicato Twitter.
Ridicolo, se si pensa a quanto pubblicato contro Trump in passato. E, comunque, le email non sono frutto di hackeraggio. Il laptop che contiene le email porta il contrassegno della "Beau Biden Foundation", intitolata al fratello di Hunter morto anni fa, era stato portato per essere riparato in un negozio del Maryland, lo stato di Biden, e poi mai reclamato dal cliente. Il proprietario del negozio aveva tentato invano di rintracciare il cliente e alla fine aveva consegnato il Mac Pro alle autorità, conservando copia dell'hard disk poi arrivato all'avvocato di Rudy Giuliani, che da tempo indaga sulle mosse affaristiche dei Biden in Ucraina, in Iraq e in Cina. E da qui al New York Post.
Normale percorso di uno scoop, se a farlo sono CNN o New York Times. «È veramente terribile che Facebook e Twitter hanno silenziato la notizia», ha twittato Trump. «Non c'è nulla di peggio di un politico corrotto». Intanto, il senatore repubblicano Josh Hawley ha formalmente convocato i Ceo di Facebook e di Twitter, Zuckerberg e Dorsey, davanti al sottocomitato sul Crimine e il Terrorismo della Commissione Giustizia del Senato.
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