DAGOREPORT – MARINA E PIER SILVIO NON HANNO FATTO I CONTI CON IL VUOTO DI POTERE IN FAMIGLIA…
1 – LE SFIDE DI CINA E RUSSIA UNA PARTITA DOPPIA PER L'AMERICA DI BIDEN
Federico Rampini per “la Repubblica”
Le prime sfide internazionali per Joe Biden arrivano da Xi Jinping e Vladimir Putin.
La Cina sceglie il primo weekend di Biden alla Casa Bianca per lanciare manovre militari sui cieli di Taiwan: due squadroni di 13 aerei da guerra sabato, poi 15 domenica, hanno lungamente sorvolato lo stretto che divide la Cina continentale dall' isola di Taiwan, costringendo Taipei a mettere in stato di allerta le batterie di difesa antiaerea.
Putin da parte sua ha fatto seguire l' arresto del suo principale oppositore Aleksej Navalnyj ad una ondata di repressione contro le manifestazioni di protesta. E così l' esordio ufficiale della nuova politica estera americana segue un copione obbligato: due attacchi a Cina e Russia.
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Un assaggio delle priorità dell' Amministrazione Biden. Diritti umani in primo piano contro Putin, come si addice alla tradizione democratica. Su Taiwan il messaggio è duplice, da un lato Washington sottolinea la legittimità democratica del governo di Taipei; d' altro lato ribadisce una logica geostrategica che impone all' America di non abbandonare un piccolo alleato alle mire espansioniste cinesi.
Sono i due primi comunicati del dipartimento di Stato sotto la guida di Antony Blinken, concordati anche con Jake Sullivan che dirige il National Security Council. Il primo è un severo avvertimento a Pechino per le intimidazioni verso i Paesi vicini, a cominciare da Taiwan. Il secondo è una forte condanna per la repressione di Mosca contro le manifestazioni di protesta per l' arresto di Navalnyj.
Non si è ancora conclusa la conferma della nomina di Blinken da parte del Senato, e già la sua diplomazia lancia i primi segnali verso le superpotenze rivali. «Gli Stati Uniti - si legge nella nota rivolta alla Cina - osservano con preoccupazione i tentativi in corso da parte della Repubblica Popolare cinese di intimidire i suoi vicini, inclusa Taiwan.
Sollecitiamo Pechino a cessare le sue pressioni militari, diplomatiche ed economiche contro Taiwan e ad impegnarsi invece in un dialogo con i rappresentanti democraticamente eletti di Taiwan. Noi saremo schierati con amici e alleati per promuovere la nostra comune prosperità e sicurezza nell' area dell' Indo- Pacifico - e questo include un rafforzamento dei nostri legami con la democratica Taiwan».
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Il comunicato riafferma i principi che l' America segue nei rapporti con l' isola che Pechino considera come una «provincia ribelle» destinata alla riunificazione. Per quanto non esista un formale trattato di difesa - sul modello della Nato - che obblighi l' America a intervenire in caso di aggressione, Washington sotto tutte le Amministrazioni democratiche e repubblicane ha sostenuto che un' aggressione cinese a Taiwan non sarà tollerata.
La riunificazione ricorre spesso nei discorsi ufficiali di Xi Jinping, e si teme che il presidente cinese possa far salire la tensione quest' anno, nel centesimo anniversario della fondazione del partito comunista. Il dossier è in cima alle preoccupazioni del Pentagono: i militari temono che il riarmo della Cina abbia reso problematico, quasi impossibile, difendere Taiwan da un' invasione.
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A Putin, l' Amministrazione Biden manda a dire che «condanna con forza l' uso di metodi duri contro manifestanti e giornalisti». Il comunicato ricorda la lunga serie di atti repressivi contro proteste pacifiche e libertà di espressione, gli abusi contro i diritti civili, gli arresti arbitrari. La nuova Amministrazione segnala così che intende dare maggiore importanza ai diritti umani; anche se non erano mancate le sanzioni nell' era Trump-Pompeo.
Un altro elemento di continuità è in Medio Oriente: oltre alla decisione di mantenere l' ambasciata a Gerusalemme, già annunciata da Blinken nella sua audizione al Senato, l' Amministrazione Biden conferma di essere favorevole agli accordi di Abramo tra Israele e diversi Paesi arabi e musulmani, firmati sotto la mediazione di Trump.
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2 – BIDEN NON CAMBIA LINEA SULLA CINA "BASTA PROVOCAZIONI CONTRO TAIWAN"
Francesco Semprini per “La Stampa”
All' inaugurazione di Joe Biden era presente Hsiao Bi-khim, primo ambasciatore di Taiwan a essere invitato ufficialmente a una cerimonia di insediamento del presidente degli Stati Uniti. Poche ore dopo Emily Horne, portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale della Casa Bianca, spiegava che l' impegno americano nei confronti di Taiwan rimane «solido come una roccia», rispetto alla precedente amministrazione.
Donald Trump ha infatti rafforzato molto la cooperazione con Taipei irritando Pechino che considera l' isola suo territorio, da prendere con la forza se necessario. Il nuovo dipartimento di Stato è intervenuto anche per condannare il fatto che jet e bombardieri cinesi siano entrati nella zona di difesa aerea di Taiwan per due giorni di fila, come denunciato dalle autorità dell' isola.
Le posizioni del segretario di Stato Anthony Blinken sono in continuità con il predecessore Mike Pompeo, il quale come ultimo atto di mandato ha condannato la persecuzione nei confronti della minoranza musulmana degli Uiguri definendola un genocidio. Segnali che sollevano timori da parte del Dragone sul fatto che Biden non sia poi così collaborativo.
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«Non c' è dubbio che la Cina rappresenti per gli Stati Uniti la sfida più significativa», ha spiegato Blinken, nel corso dell' audizione di conferma dinanzi alla commissione Esteri del Senato. Gli Usa devono affrontare Pechino «da una posizione di forza e non di debolezza». Una linea che nasce dall' osservazione di alcune criticità interne al Dragone.
La Cina è l' unico Paese ad aver registrato un segno positivo davanti al Pil nell' anno del flagello pandemico, ma si tratta di una crescita non bilanciata perché fa leva su spesa pubblica e investimenti statali, mentre la spesa privata rimane debole.
Secondo il Fmi, questo sta amplificando il già preoccupante calo di incremento della produttività. A cui si aggiunge lo squilibrio del credito alle imprese che solo marginalmente arriva al settore privato, il quale però contribuisce per oltre i due terzi alla creazione della ricchezza nazionale. «Dinanzi a tali dinamiche - spiegano le fonti - il regime tradisce nervosismo, come dimostra il giro di vite sulla grande impresa privata».
A preoccupare gli osservatori occidentali sono anche altri segnali, come la strana sparizione per alcuni giorni di Jack Ma, idolatrato dai giovani cinesi, e visto da una parte dell' establishment del Partito comunista come un potenziale "concorrente" di Xi Jinping.
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«Alcuni non escludono che il regime possa ricorrere a prove muscolari o azioni militari, in particolare nei confronti di Taiwan che con la sua ricchezza tecnologica rappresenterebbe un ottima fonte da cui attingere per la Cina».
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A conferma è giunta sabato una nota in cui la Casa Bianca esprime «preoccupazione per i tentativi in corso da parte della Repubblica Popolare di intimidire i vicini, incluso Taiwan».
In un quadro di questo genere Biden non può esporsi alla critica interna con un approccio di tipo moderato, costretto così a mantenere dritta la barra del timone sulla linea draconiana ma invocando modi e azioni diversi, come conferma Blinken.
«Credo che il presidente Trump avesse ragione riguardo a un approccio più duro verso la Cina - spiega il nuovo capo di Foggy Bottom -, sono però in disaccordo sui modi», ovvero aggressioni social ed eccessivo utilizzo di dazi.
Il nuovo corso della Casa Bianca farà ricorso a rapporti di forza che facciano perno su strategie più improntate al multilateralismo: «Parte di questa forza consiste nel collaborare con gli alleati e nell' impegno nelle istituzioni internazionali», dice Blinken. Un chiaro messaggio a Bruxelles.
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