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DAGOREPORT - GIORGIA MELONI SOGNA IL FILOTTO ELETTORALE PORTANDO IL PAESE A ELEZIONI ANTICIPATE?…
Fabrizio Roncone per il "Corriere della Sera"
L'onorevole Davide Faraone vorrebbe cavarsela con due battute. Lo aspettavano davanti alla sede del Pd, in via del Nazareno. Fotografi e cameramen in attesa fin dalle sei del mattino (Matteo Renzi continua a convocare la sua segreteria sempre molto presto). Lui, Faraone, è arrivato perfettamente sbarbato e in ghingheri, subito con su la faccia di quello rilassato, che non ha nulla da temere. Davide Faraone pensa: adesso gli dico un paio di cosucce, a questi qui, li placo, e via, risolvo.
Il succo delle cosucce è questo: «à importante che si indaghi su come vengono utilizzati i soldi pubblici, se emergerà che qualcuno ha rubato è giusto che vada in galera, io comunque sono tranquillo, posso dimostrare la mia innocenza e, ovviamente, non mi dimetto dalla segreteria» (è il responsabile dei settori Welfare e Scuola).
Gentile, avverte poi i fotografi che camminano all'indietro per flesciargli addosso di stare attenti a non inciampare. «Non vorrei avervi sulla coscienza...».
Ecco, appunto, parliamo un po' di coscienza: i magistrati di Palermo lo accusano di «peculato». La Guardia di Finanza ha setacciato scontrini e rimborsi relativi alle ultime due legislature dell'assemblea regionale siciliana e, a lui, vengono contestate spese per 3.380,60 euro (gli indagati, tra ex consiglieri come Faraone e funzionari dell'Ars, sono 97).
Una roba piuttosto grave per sperare di cavarsela rispondendo solo con qualche battuta. Le domande a cui Faraone deve ancora rispondere sono, sostanzialmente, due: una giudiziaria e una politica.
Primo: come e dove e perché ha speso quel denaro pubblico?
Secondo: perché il suo capo, Matteo Renzi, lascia intendere che Nunzia De Girolamo, la quale non risulta essere stata indagata, dovrebbe dimettersi, mentre lui, Faraone, che invece nel registro della Procura di Palermo è iscritto, dovrebbe continuare a far parte della segreteria del Pd come se niente fosse?
Ma Faraone, intanto, è sparito.
La giovane giornalista che abitualmente gli cura i rapporti con i mezzi di informazione risponde dall'Argentina, dov'è andata per una vacanza. «Mi spiace: ma Faraone ha deciso di non parlare più, per oggi».
Faraone non parla più? Ma davvero? Sul serio non intende rispondere a quelle due domandine?
Segue fitto giro di sms.
Finché non iniziano ad arrivare quelli spediti da Faraone in persona.
Allora, Faraone: può spiegare come li ha spesi quei soldi?
«Le risorse sono state spese tutte per pagare iniziative politiche o manifesti, pubblicità ...».
à sicuro? Ci pensi bene...
«Ripeto: niente cene, niente viaggi, nemmeno uno all'estero né in Italia, niente mutande, niente di niente. Quando capirò meglio di cosa sono accusato, farò una conferenza stampa. Non faccio il parafulmine per chi ha rubato solo perché sono un componente della segreteria di Renzi».
Però perché la De Girolamo, che non è indagata, secondo Renzi dovrebbe dimettersi, e lei onorevole, invece, procede diversamente?
«Guardi: mi contestano che ho utilizzato risorse per iniziative politiche individuali e non di gruppo. Devono ancora capire, secondo quanto dichiarato dalla Procura, come discernere ciò che è reato e ciò che non lo è».
Continua a non rispondere alla domanda: perché la De Girolamo dovrebbe dimettersi e lei resta invece al suo posto in segreteria?
«Io sono tranquillissimo. Sia da un punto di vista giudiziario, sia da quello comportamentale».
Risponde solo a una delle due domande. Inutile insistere. Magari è d'accordo con Renzi, o magari no, sta facendo di testa sua. Conosce la politica, Faraone (38 anni, da Palermo, separato e con una figlia, Saretta, alla quale dedicò il primo tweet subito dopo la nomina ufficiale in segreteria). Conosce la politica perché ci cresce dentro.
Il padre Rosario, dirigente della Cgil, lo porta, ancora ragazzo, alle assemblee sindacali. Lui ascolta, s'appassiona, entra nel Pds, fa carriera nei Ds, è ambizioso, determinato, spregiudicato, e sale veloce: il consiglio comunale, poi le primarie (perse) per diventare sindaco; quindi viene eletto all'Ars, lascia Bersani e diventa il primo «rottamatore» siciliano.
Appena entra a Montecitorio, quelli del M5S gli ricordano però subito che il suo nome compare in un'informativa dei carabinieri avendo incontrato «persone poi condannate per mafia» durante la campagna elettorale per le regionali del 2008. Striscia la notizia lo sorprende mentre rassicura un disoccupato, che promette di votarlo e farlo votare.
«Naaaaa... volgari trappoloni, sono». Ha sempre spiegato così.
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