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IL FASCINO AFRICANO CONQUISTA ISRAELE (E OBAMA)

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Davide Frattini per "Il Corriere della Sera"

La sua agente starà ad aspettarla nel parcheggio come una madre al primo appuntamento della figlia, come la madre che Yityish ha sepolto in Etiopia. Hanno cercato di ottenere un secondo invito, un altro posto alla tavola più ambita, quella della cena in onore di Barack Obama allestita alla residenza di Shimon Peres, il presidente israeliano.

Più eccitata che impaurita, la ventunenne Yityish Aynaw dovrà cavarsela da sola. Prima di giovedì sera le lezioni di inglese sono intensificate, anche se non ha ancora pensato quale frase potrebbe dire al presidente americano. Che l'ha voluta inserire nella lista dei centoventi ospiti, tra ministri, ex direttori del Mossad, generali e celebrità da più tempo di lei che lo è diventata meno di un mese fa, quando è stata eletta Miss Israele, la prima ragazza di origine etiope a vincere il titolo assegnato da 63 anni (il concorso è nato due anni dopo lo Stato ebraico). «Abbiamo una storia simile - commenta -. Anche Obama ha dovuto conquistarsi tutto da solo, è stata dura per lui come è stata dura per me».

Durante le finali ha battuto le altre 19 concorrenti - ha spiegato l'organizzatrice Iris Cohen alla rivista Tablet - per l'attitudine («non era la più bella, ma quando sale sul palcoscenico non puoi non notarla, è alta quasi 1 metro e 80») e per le frasi che hanno colpito i giudici. Come eroe ha scelto Martin Luther King e all'ambasciata americana non può essere sfuggito.

Obama arriva mercoledì in Israele per un'operazione fascino, così ha chiesto di parlare agli studenti delle università invece che davanti ai parlamentari della Knesset. Non porta un piano di pace dettagliato - ripetono i portavoce della Casa Bianca - vuole rassicurare Benjamin Netanyahu di essere pronto a intervenire per impedire che l'Iran costruisca la bomba atomica. I tempi (e le linee rosse che Teheran non deve superare) restano però quelli definiti da Washington: l'obiettivo della missione è strappare al primo ministro appena reinsediato la promessa di aspettare.

Nel 2003 Yityish ha lasciato le montagne di Gondar dove i Bet Israel (Casa d'Israele) hanno sempre pregato di «poter rivedere le colline di Gerusalemme» e con il fratello ha raggiunto la nonna a Netanya, sulla costa a nord di Tel Aviv. Il padre è morto in guerra quando aveva 2 anni, la madre di malattia quando ne aveva 10. «Ho usato i soldi messi da parte durante il militare per volare ad Addis Abeba e visitare la tomba di mia mamma. Era devastata come il resto del cimitero, sono rimasta finché non l'hanno sistemata».

Nell'ufficio di Bat Cohen, la sua agente, sta appesa una foto in bianco e nero di Golda Meir, scarpe sportive e impermeabile, la prima (e ancora unica) donna a ricevere l'incarico di primo ministro proprio il 17 marzo di 44 anni fa. «La ammiro perché è stata capace di ammettere gli errori commessi durante la guerra del 1973 e di dimettersi». Da allora - sostiene Yityish - le israeliane hanno conquistato sempre di più la parità e porta come esempio il suo periodo da sergente nell'esercito: «Addestravo i maschi e tutti quelli intorno a me erano maschi, mi rispettavano e la mia squadra era tra le migliori».

Sono passati quasi trent'anni dai primi voli organizzati dai servizi segreti che hanno portato gli ebrei etiopi nel Paese. Non la disturba che ci sia voluto così tanto tempo per eleggere una reginetta e non pensa che gli israeliani siano razzisti.

Nel 2006 è stato rivelato che le sacche di sangue donato dagli africani venivano gettate via per paura che fossero contaminate con il virus dell'Hiv, pochi mesi fa che le donne nei campi di transito erano state costrette a lasciarsi iniettare dosi di Depo-Provera, un contraccettivo a lungo termine.

«Anche la nostra comunità ha bisogno di aprirsi, spero che le storie come la mia aiutino a integrarci senza dimenticare chi siamo e da dove veniamo». Per questo non ha voluto cambiare il suo nome, come hanno fatto e fanno altri immigrati: Yityish in amarico vuol dire «guardare al futuro».

 

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