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Colloquio con Stefano Fassina di Francesco Bonazzi
Nessuna intenzione di andarsene e provocare una scissione, ma la ferma determinazione a non lasciare che il Pd diventi “il partito degli amministratori delegati e dei finanzieri d’assalto”. Archiviato un fine-settimana di forti divisioni, dalla piazza della Cgil alla Leopolda, Stefano Fassina prova a spiegare la battaglia della sinistra del partito, nella convinzione che si debba mantenere a tutti i costi un forte rapporto con il mondo del lavoro. Ovvero, con la Cgil di Susanna Camusso.
Allora onorevole Fassina, lei sabato è sceso in piazza contro il governo e questo fine settimana sembra avvicinare la scissione in casa Pd.
“Noi non vogliamo la scissione, lo dico con chiarezza una volta di più. Purtroppo c’è un processo di scissione molecolare in atto e dobbiamo cercare di evitarla tutti. Mi pare invece che questo della scissione venga considerato come un problema di qualcuno e non come un problema di tutto il partito”
La sinistra interna del Pd, e chi era in piazza sabato con la Cgil come lei, non dà questa impressione “unitaria”…
“Noi vogliamo semplicemente correggere i provvedimenti che non vanno nella direzione giusta, dalla legge delega del lavoro alla legge di Stabilità”.
La sensazione è che Renzie vi stia provocando. Non le pare?
“Certamente le sue conclusioni alla Leopolda non sono state un tentativo di comprendere i problemi aperti. Renzi sottovaluta che larga parte delle persone che erano in piazza sabato fa parte del famoso 40,8% delle Europee. Senza correzioni di rotta non si risolvono i problemi del Paese. Anche in questo fine settimana lui ha proposto una ricetta sbagliata”
Sbagliata in che cosa?
“Il premier presenta come fortemente innovativa una ricetta economica che raccomandano da trent’anni i conservatori e i cui risultati sono sotto i nostri occhi: svalutazione del lavoro e stagnazione”.
Non crede che Renzi in cuor suo si auguri una qualche aggregazione a sinistra del Pd, che potrebbe diventare il bersaglio quasi quotidiano delle sue ironie? Vi tratterebbe come una massa di gufi del paleolitico.
“Probabilmente è così, ma nessuno di noi intende lasciare il Pd. Noi vogliamo migliorare le risposte che il partito è in grado di offrire al Paese. Vogliamo tenere un rapporto stretto con una parte del mondo del lavoro senza la quale il Pd, semplicemente, non è più il Pd”.
Il partito perde tessere, ma ha il vento in poppa nei sondaggi. Bisogna riconoscere che il metodo Renzi sembra funzionare
“Io non so se funziona o non funziona. Il punto è se vogliamo allargare l’area degli interessi rappresentati dal Pd, oppure se vogliamo sostituire una parte di quegli interessi, come quelli del lavoro di cui parlavo prima, con qualcos’altro. Se diventiamo il partito degli amministratori delegati delle multinazionali o dei finanzieri d’assalto, temo che non riusciremo a dare quelle risposte di cui il Paese ha bisogno. Oltre al fatto che romperemmo i legami con un pezzo di società fondamentale”.
Cambiamo discorso. Lei è stato viceministro per l’Economia e segue anche le partite politico-finanziarie. Guardando i risultati degli stress test viene il sospetto che le banche francesi abbiano avuto un trattamento di riguardo. Non è che Hollande con l’Europa ha usato Renzi come lepre, lo ha fatto correre, e poi si è messo d’accordo con la Merkel? Le banche italiane pagano le spacconate europee di Renzi?
“Non credo questo, spero che non sia andata così. Credo che ci sia stata una valutazione con criteri che certamente non aiutavano le banche italiane, ma non drammatizzerei i risultati. Ci sono due banche con problemi di capitalizzazione. Carige sta correndo ai ripari e Monte dei Paschi, al netto dei Monti bond restituiti, necessita di 1,3 miliardi che possono essere ottenuti con un ulteriore aumento di capitale. I problemi delle banche italiane sono affrontabili senza bisogno di pesare sul bilancio pubblico e questo bisogna sottolinearlo”.
GIUSEPPE MUSSARI E SUSANNA CAMUSSO
Oggi, sul “Sole 24 Ore”, Marco Onado fa notare che ci sono i risultati positivi di banche che hanno un bilancio fortemente esposto verso attività speculative, come la Deutsche Bank. E non sono state bocciati istituti spagnoli, pur coinvolti da una crisi immobiliare particolarmente grave. Non è che sono stati scelti criteri discutibili per questi stress test?
“Non erano criteri omogenei e non erano criteri positivi per l’Italia, questo va detto. Credo che su ciò vada fatto un approfondimento perché dobbiamo pretendere trattamenti omogenei. Ci sono state alcune promozioni sorprendenti e non possiamo archiviare la pratica. Credo che anche il Parlamento, attraverso una serie di audizioni, debba approfondire questi aspetti per avere certezze sulla parità di trattamento delle banche”.
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