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Paolo Conti per il "Corriere della Sera"
«I miei tabulati telefonici? Possono tranquillamente prenderseli, guardarli, studiarli... magari sentirsi pure tutte le registrazioni. Tanto io non ho niente da nascondere».
Federica Sciarelli, conduttrice di «Chi l'ha visto», lei è stata oggetto di grande «attenzione» da un'associazione segreta che spiava sia lei che Henry John Woodcock. Voi due vi frequentate da molto tempo...
«Non parlo della mia vita privata. Però ripeto: non ho niente da nascondere e quindi questa "attenzione" mi può solo infastidire, non preoccupare. E non è una novità . Mi sono ritrovata sotto casa più di una volta i fotografi. Che hanno ripreso sempre la stessa scena: io, Woodcock, il mio cane che andiamo a correre al parco. Non sono mai riusciti a fotografare nulla di più. Semplicemente perché non c'è nulla di più. Siamo finiti sulle copertine. E vabbè. Ma la foto è sempre quella. Io, il cane, lui».
Tutta questa macchina sembra sia stata avviata per danneggiare proprio Woodcock...
«Non lo escludo. Può essere benissimo che volessero colpire lui, Henry John Woodcock».
E sempre la macchina doveva dimostrare che Woodcock le passava notizie riservate.
«Ecco, qui sta l'aspetto più assurdo e grottesco. Di mezzo c'è il caso di Elisa Claps, quindi la ferita aperta della Procura di Potenza che non è mai riuscita, diciamo così, a risolvere il caso. E fermiamoci qui. "Chi l'ha visto?" ha cominciato ad occuparsene dal 1994, con Donatella Raffai. Quando sono arrivata nel 2004, mi sono subito appassionata. Non conoscevo ancora Woodcock. Poi ci siamo incontrati, certo. Ma molto dopo. E parliamo di una persona che non si è mai occupata di omicidi ma solo di reati amministrativi. Diciamo che... ».
Diciamo che?
«Diciamo che, sulla storia di Elisa Claps, sono io, nel caso, a poter eventualmente raccontare qualcosa di inedito ad altre persone. Sono sempre stata convinta che fosse un caso di omicidio con occultamento di cadavere. E così, purtroppo, è stato».
Lei parla di «ferita aperta» della Procura. Pensa che la sua trasmissione possa aver infastidito qualcuno?
«So che ho quattro citazioni in giudizio. So che, ai tempi del delitto, nessuno chiese il sequestro dei vestiti sporchi di sangue di Danilo Restivo: e che l'8 novembre comincerà il processo contro di lui ma con rito abbreviato e nessuno chiederà conto di quell'incredibile omissione investigativa.
So che la famiglia Claps è dal primo momento convinta della colpevolezza di un uomo ora condannato in Gran Bretagna per l'assassinio di Heather Barnett: e che è probabilmente il vero autore di un terzo assassinio, quello di Jong-ok Shin, per il quale è ora in prigione Omar Benguit. E so soprattutto che è stata la nostra trasmissione, e non la Procura di Potenza, ad aver raccolto testimonianze e racconti che portavano verso un'unica direzione, Danilo Restivo».
Quale particolare l'ha colpita, sapendo di questa storia?
«Il ruolo dell'ex agente del Sisde Nicola Cervone, ora cancelliere al tribunale di Melfi, implicato in questa faccenda dei tabulati... Ho appena sentito Gildo Claps, il fratello di Elisa. E che mi ha detto: "Federica, ma si tratta di quello stesso Cervone che nel 1997 mi volle incontrare, me lo presentò un comune amico carabiniere. Cervone mi promise che mi avrebbe aiutato a scoprire la verità su mia sorella"».
E come andò, alla fine?
«Andò che quell'uomo, così mi racconta Gildo Claps, ebbe un atteggiamento a dir poco molto ambiguo. Telefonate notturne. Lunghi, interminabili colloqui che non portavano mai a niente. Finì che Claps smise di vederlo. Ma è chiaro che la presenza della stessa persona in due momenti così diversi è inquietante. Così come è inquietante, a mio avviso, che la chiesa dov'è stato ritrovato il corpo di Elisa Claps sia ancora sotto sequestro dal marzo 2010. Parliamo della Santissima Trinità , uno dei simboli di Potenza. Credo che una chiesa sotto sequestro da così tanto tempo sia un caso unico nella storia d'Italia. Se non forse del mondo».
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