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Fabio Martini per "la Stampa"
Ripete spesso che la «riunionite» è una malattia della politica romana, un vecchio rito da aborrire, eppure nella prossima settimana Matteo Renzi si impegnerà in una sfilza di incontri bilaterali, una decina, con i leader dei partiti piccoli e grandi per ascoltare i loro desiderata sul dossier della legge elettorale. Una «seccatura» che il decisionista Renzi si può concedere, visto che dopo fiumi di chiacchiere, proprio per effetto della sua iniziativa, stavolta la riforma potrebbe finalmente prendere forma.
E in vista della stretta si è ufficialmente aperto il «mercatino», il gioco più o meno trasparente dei calcoli da parte dei partiti. Naturalmente, nelle dichiarazioni apparentemente disinteressate dei leader, nessuno confessa le vere ragioni che li portano a caldeggiare un sistema, o a criminalizzarne un altro. Ma è proprio in questa zona grigia che si nasconde il segreto di una trattativa che sta per aprirsi e che Renzi vorrebbe chiudere entro fine gennaio.
Il partito del quale il Pd deve tener più conto almeno in prima battuta è il principale alleato nel governo Letta, il Nuovo Centro Destra di Angelino Alfano. Dice un notabile del partito come Renato Schifani: «Abbiamo aperto da tempo e con coraggio al doppio turno di coalizione, il "sindaco d'Italia", che è sempre stato un cavallo di battaglia della sinistra».
Il modello piace agli alfaniani per una ragione legata all'interesse di partito e degli eletti che sperano di esserlo ancora: al primo turno, ogni partito, all'interno di una coalizione, può presentare il proprio simbolo e questo consentirebbe al Ncd di farsi per conto proprio le liste elettorali, senza doverle contrattare con la pur alleata Forza Italia.
Punto cruciale per Alfano: allearsi con Berlusconi va bene, ma senza tornare a «casa», perché gli scissionisti sanno che a quel punto sarebbe scontata la falcidia di gran parte di loro. E il «Sindaco d'Italia» ha un'attrattiva in più per gli alfaniani: i parlamentari potrebbero essere eletti col sistema delle preferenze, un sistema gradito alla tradizione post-democristiana e da sempre avversato da quella berlusconiana.
E il partito di Berlusconi? Ha un interesse capovolto a quello del Ncd, come dimostra quanto sostiene Maria Stella Gelmini, uno dei personaggi emergenti della nuova Forza Italia: «à nota la nostra posizione a favore del modello spagnolo, il che non esclude l'apertura a nuovi modelli». Il modello «alla spagnola» (118 circoscrizioni molto piccole, in ciascuna delle quali eleggere 4-5 deputati, con un premio del 15% al primo partito) con gli attuali rapporti di forza finirebbe per premiare i tre partiti medio-grandi (Pd, Cinque Stelle, Forza Italia), facendo quasi sparire i restanti, a cominciare dal Ncd .
E il Cinque Stelle? Negli ultimi giorni, diversi esponenti del movimento di Grillo hanno ripetuto di preferire il «Mattarellum» puro (75% dei seggi eletti nei collegi e il 25% col proporzionale), perché contano di risultare primi in diversi collegi, anche se informalmente fanno capire che andrebbe bene, anzi meglio, lo «spagnolo» che alla Camera garantirebbe al secondo partito per consistenza nazionale almeno 118 seggi.
E il Pd? Matteo Renzi ha sempre fatto capire di avere una preferenza - ma non una opzione - per il «sindaco d'Italia» e nella sua lettera agli altri partiti ha scritto che in quel caso, per eleggere i parlamentari, si potrebbero adottare in alternativa, le preferenze, una lista bloccata corta o anche i collegi.
Confessa un renziano doc: «Per Matteo la soluzione meno gradita è quella delle preferenze, che non gli garantirebbe il controllo dei gruppi parlamentari, cosa più semplice col sistema dei collegi». Ecco perché, dal mondo renziano, trapela una preferenza: dopo aver raccolto le diverse opzioni dagli altri partiti, Renzi potrebbe proporre un mix: al primo turno competizione nei collegi uninominali del Mattarellum, mentre il premio sarebbe assegnato al secondo turno con una competizione tra le prime due coalizioni.
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