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Alessandro Ferrucci per “il Fatto Quotidiano”
GIANFRANCO FINI CON JEAN MARIE LE PEN
La certezza arriva alla fine della terza sigaretta aspirata da Gianfranco Fini in 40 minuti: “Il capo dello Stato verrà eletto subito: l’intesa tra Berlusconi e Renzi è stata dimostrata, ed è probabile che ci sia già un accordo di massima”.
Nel suo ufficio istituzionale, con le finestre che danno sul Parlamento, l’ex leader di An approccia la sua nuova vita, parla di Islam (“lo studio da anni”), rimpiange il ministero degli Esteri (“l’esperienza più bella, anche questo mi unisce a D’Alema”) e guarda dal davanzale cosa accade nell’emiciclo che ha guidato come presidente.
Questa volta Berlusconi sta rispettando tutti gli accordi.
Se è convinto non lo ferma nulla.
A suo agio nel patto del Nazareno.
Gianfranco Fini con Elisabetta Tulliani
Politicamente si spiega, ha presente cosa rischiava dopo la scissione con l’Ncd e l’estromissione dal Parlamento? La marginalità politica.
E invece?
È arrivato Renzi e gli ha offerto la possibilità di aver un ruolo fondamentale, di ridisegnare la Costituzione, la nuova legge elettorale, l’elezione del capo dello Stato.
La politica discute se al Quirinale debba salire un arbitro o una personalità forte.
Ci sono persone autorevoli nel loro campo, ma non ci si improvvisa capo dello Stato.
Si è parlato di Riccardo Muti.
Sono usciti nomi di primo piano, ma che se fossero eletti la prima cosa che dovrebbero fare è un corso accelerato su cosa significa quel ruolo, specialmente in una democrazia come la nostra che non è una macchina perfetta. Con buona pace di tutti quelli che dicono: il presidente non conta nulla.
Napolitano ne è un esempio.
Come alcuni suoi predecessori. Lui è solo il più fresco, e penso a Scalfaro, per ricordi diretti.
Il presidente deve avere un quid.
Autorevolezza, cursus honorum. Il giorno dopo l’elezione deve chiamare Casa Bianca ed Eliseo, Obama e Hollande non devono essere costretti a chiedere prima il curriculum per capire con chi stanno parlando.
Vanno su Wikipedia.
Ecco, appunto. Il problema di questa fase di crisi della politica e aver portato una ricerca ossessiva del nuovismo, e Renzi è stato abile, ha coniato il termine rottamazione, che non è sinonimo di rinnovamento. Ma se questa ricerca di altro lo porti anche per il ruolo di presidente, si rischia il cortocircuito. Comunque la tentazione di un nome nuovo, non c’è più.
Cosa è cambiato?
I numeri. Per come è composto oggi il Parlamento, per come sono frammentati i partiti, per come si mescolano questioni che appartengono alla politica politicante, non ci sono le condizioni per un esterno alla politica.
Il borsino dà Amato in pole.
Ha autorevolezza e curriculum.
Anche molte risposte da dare, come le pensioni.
Li dà in beneficenza.
Mai dimostrato.
Uno deve guardare al giudizio complessivo.
Ha vissute altre elezioni: cosa accade?
Non esiste un voto uguale all’altro. Ciampi fu nominato al primo turno perché si trovò l’intesa in un incontro tra me e Letta al telefono con Berlusconi e Veltroni .
Pentito?
Assolutamente no, un uomo alieno dalla retorica.
Mentre con Scalfaro...
Momenti di aspro scontro, molto aspro.
Lo scrutinio segreto può riservare sorprese?
È il momento in cui ognuno si guarda allo specchio, ma allora i partiti avevano una certa coesione, leadership riconosciute. Oggi è più complicato.
Come cittadino, si sente rappresentato in Parlamento?
No. Ora ci sono tre formazioni definite di destra: Fratelli d’Italia, Forza Italia e Lega...
GIANFRANCO FINI FRANCESCO RUTELLI
Si è dimenticato l’Ncd.
Sono centristi, quindi torniamo ai tre: si possono definire di destra ma bisogna capire cosa vogliono dire. Buona parte dell’elettorato di An si trova in una condizione analoga alla mia, non si riconoscono in questi partiti, o solo minima parte.
Cosa votano?
Coloro con i quali ho parlato mi hanno detto Grillo, Renzi o niente.
Salvini?
Ha davanti il deserto dei Tartari, poi ha questo modo di affrontare certi problemi, lui va in televisione e lancia vaffanculi.
Gianfranco Fini e Massimo D Alema GetContent asp jpeg
C’è chi ipotizza il ritorno di Alfano con Berlusconi.
Ma se fino al giorno dello scioglimento delle Camere tu governi con Renzi, il giorno dopo cosa spieghi agli elettori? È complicato, e poi con la nuova legge elettorale l’Ncd può tenersi le mani libere.
Torniamo al Colle. Si aspettava i 101 di Prodi?
Qualche cosa sì, ma non con quei numeri. Non avevo ben chiaro che classe dirigente avesse portato Bersani in Parlamento.
Neanche Bersani.
Esatto, lo ha capito tardi.
Pure Berlusconi si è lamentato dei suoi eletti.
Si è sempre impicciato poco delle liste, dava i suoi nomi a Letta e Verdini, poi basta.
Renzi è forte come all’inizio?
È nella situazione favorevole di non avere competitor all’altezza. Questo non vuol dire che la squadra sia forte.
Il suo “mi cacci” rivolto a Berlusconi è stato esportato nel Pd verso alcuni democratici?
Non è paragonabile. Se c’è un errore che mi rimprovero è quello di non aver compreso un dato: non era sufficiente che alla base del Pdl ci fosse uno statuto e quindi delle regole,era indispensabile rispettare quelle regole. Nel Pd discutono, votano, ci sono documenti.
il battibecco fini e berlusconi
Cosa pensa di questo Pd?
Se mi avessero raccontato che il segretario del maggior partito di sinistra, un giorno avrebbe detto che la Cgil è il freno allo sviluppo e il pilastro della conservazione, avrei pensato: o sono ubriaco io, o chi l’ha detto.
Magari non è sinistra...
E fa riflettere e in un Paese come l’Italia che ha sempre avuto una forte componente di sinistra radicale. Anche Sel non è la Rifondazione di Bertinotti.
Cuperlo e Civati non fanno la traversata nel deserto.
Quando ti manca l’acqua a metà, poi sono cavoli amari...
(Quarta sigaretta).
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