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Gianluca Veneziani per “Libero quotidiano”
E se lo dice anche lui, vuol dire che non è affatto una campagna di disinformazione dei soliti sovranisti e militanti di estrema destra. Se lo dice Alain Finkielkraut, filosofo francese, intellettuale lucidissimo nonché ebreo (i suoi genitori furono deportati ad Auschwitz), vuol dire che ha ragione chi vede nella cosiddetta commissione Segre una minaccia alla libertà di opinione, al diritto di esprimere posizioni contrarie all' immigrazione, e dunque un pericolo per la nostra democrazia.
Intervistato dal Corriere della Sera, il pensatore nota come la commissione che dovrebbe vigilare sui cosiddetti reati di odio si presti in realtà a un grosso cortocircuito: nata per stroncare ogni forma di intolleranza verbale, rischia essa stessa di essere intollerante verso chi la pensa diversamente.
«Credo che l' idea di istituire quella commissione», nota Finkielkraut, «possa aver provocato un' inquietudine legittima. Con il pretesto di lottare contro il razzismo, in Europa c' è la tendenza a stigmatizzare se non addirittura criminalizzare ogni cautela sull' immigrazione». Il filosofo non nega che nel nostro continente ci sia un antisemitismo di ritorno e che esso vada contrastato con ogni mezzo. Così come esprime tutta la sua solidarietà alla senatrice Segre, definendo «atroci» e «ignobili» gli attacchi a suoi danni.
PATTO SCELLERATO
Allo stesso tempo però avverte che sarebbe un errore strumentalizzare quei casi per fini che nulla hanno a che fare con la difesa degli ebrei. Magari confondendo l' antisemitismo con una lecita contrarietà all' invasione di migranti. «Sarebbe sbagliato», dichiara infatti, «usare questi episodi terribili per proibire ogni critica dell' immigrazione». E qua giunge illuminante l' esempio, da lui citato, del Patto di Marrakech, ossia l' accordo sottoscritto da molti Paesi (ma non dall' Italia) sul Global Compact, un piano globale sull' immigrazione, nato ufficialmente per renderla più sicura e ordinata, in realtà per incoraggiarla e presentarla come un evento benefico.
«Il Patto di Marrakech», continua Finkielkraut, «comincia con un inno all' immigrazione, stabilendo una sorta di canone al quale i media devono conformarsi. Posso capire che in Italia qualcuno non veda di buon occhio una commissione fatta con lo stesso spirito del Patto di Marrakech».
bruxelles i cortei dell'estrema destra contro il global compact 6
Qui la parola chiave è «conformarsi»: sia quel patto che la commissione nostrana contro l'odio, è il senso, vorrebbero uniformare le coscienze e le opinioni e adeguarle al Pensiero Unico favorevole all' invasione di migranti. Chi non accetta questa linea, rifiuta di aderire agli accordi o di votare per la commissione politically correct, e continua a ragionare con la propria testa si guadagna di diritto la patente di «odiatore».
Un marchio di infamia che rischia - e questo è l' aspetto più inquietante - di avere anche conseguenze penali. Alla faccia della democrazia. Finkielkraut però non si limita a rilevare le aberrazioni di chi vorrebbe combattere il razzismo dimostrandosi in realtà "razzista" contro chi si oppone al politicamente corretto. Compie un passo in avanti e fa notare come in molte parti di Europa, non ultima la sua Francia, il vero antisemitismo sia portato avanti non dalla destra ma proprio dalla sinistra. Lo stesso fronte politico, cioè, che è invece pronto ad assecondare ogni desiderata del mondo islamico.
SINISTRA VIOLENTA
bruxelles i cortei dell'estrema destra contro il global compact 8
«In questa versione», spiega lui, «l' antisemitismo non è più un volto del razzismo, ma una patologia dell' antirazzismo: per difendere i musulmani, considerati i nuovi dannati della Terra, si attaccano gli ebrei». Lo dimostrano da noi i cortei in cui militanti rossi spalleggiano volentieri gruppi filo-palestinesi e anti-sionisti, e in Francia le manifestazioni contro l' islamofobia in cui i partecipanti addirittura mostrano in maniera irrisoria le stelle gialle usate dai nazisti per marchiare gli ebrei, o casi come quello di cui è stato vittima lo stesso Finkielkraut: lo scorso febbraio dei gilet gialli, in realtà filo-islamici, hanno gridato al filosofo «Sporco sionista, torna a Tel Aviv».
Dove l' antisionismo era solo un pretesto per dichiarare il proprio disprezzo verso gli ebrei.
Insomma, con poche pennellate verbali il filosofo francese è riuscito a mettere a nudo la coscienza ipocrita della sinistra europea: nel migliore dei casi, essa è intollerante e nega la possibilità di contrapporsi al suo pensiero; nel peggiore, sta addirittura dalla parte degli odiatori per eccellenza, gli estremisti musulmani. Con il paradosso di voler combattere l' antisemitismo appoggiando la causa dei nazi-islamisti.
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