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Francesco Manacorda per "la Stampa"
«Stasera è finita la battaglia più dura della mia vita. Sono molto contento di essere tornato volontariamente in Italia e di essermi sottoposto con fiducia alla nostra giustizia». Gran brusio di sottofondo ed eccitazione alle stelle tra i collaboratori italiani di Silvio Scaglia. Lui, che dagli altari di Fastweb - di cui è stato uno dei fondatori e l'amministratore delegato - era precipitato rovinosamente nella polvere della carcerazione cautelare per associazione a delinquere transnazionale pluriaggravata, non perde la sua flemma anche se ricorda «un anno esatto di carcerazione preventiva, di cui tre mesi a Rebibbia e altri nove ai domiciliari in Valle d'Aosta».
Dopo le sue vicende giudiziarie, oggi Scaglia è un imprenditore che ha scelto di investire nel business della moda e della bellezza femminile - le modelle di Elite Group e l'intimo di La Perla - ed è già forte in un mercato da noi sconosciuto come quello della musica in Cina con la sua etichetta Gold Typhoon. Ma soprattutto, da ieri sera, è un uomo assolto dalle accuse che gli erano piombate addosso più di tre anni fa.
Che cosa le resta di questa esperienza, ingegner Scaglia?
«La consapevolezza che ci sono battaglie che vanno combattute. à l'unico modo per ristabilire il proprio onore, se mi passa l'espressione per salvare il proprio nome. Ma sono battaglie che in questo, come in tanti altri casi, sono quasi impossibili da combattere per le condizioni in cui uno si trova. La cosa tremenda quando si finisce nella mia condizione è che tutti ti trattano immediatamente come un colpevole. Sull'onda di questa vicenda stavano anche per buttare via una grande azienda come Fastweb senza troppa attenzione. Sono cose che lasciano il segno sulle persone, ma anche sulle società ».
Lei però è stato un imputato in qualche modo privilegiato, con tanto di sito web per rendere nota la sua posizione e la sua linea difensiva...
«Di certo lo sono stato, anche perché mi sono potuto permettere i migliori avvocati. Ma le assicuro che per tantissime persone che ho incontrato in prigione non è così. La metà delle persone che sono in carcere sono in attesa di giudizio e la metà circa di loro sono destinate a non essere poi condannate. Si tratta di decine di migliaia di individui, faccia lei i calcoli...».
Il Presidente Giorgio Napolitano sollecita misure per ridurre il sovraffollamento delle carceri. Lei concorda dopo la sua esperienza?
«Le carceri sono un posto orribile e il sovraffollamento, non a caso, è ciò di cui ci accusano in sede internazionale. Trovo che la battaglia del Presidente sia sacrosanta».
Lei questa sera è giustamente soddisfatto, ma il saldo tra l'assoluzione e la lunga carcerazione preventiva è positivo o negativo?
«Ovviamente è negativo perché la mia battaglia è stata durissima e inutile, nel senso che per le condizioni in cui sono stato messo ho dovuto faticare molto per far passare le mie ragioni».
Le resta un senso di sfiducia nella giustizia italiana?
«No, non direi, anzi alla fine mi pare che la giustizia abbia funzionato. Non mi parrebbe giusto generalizzare, anche se mi resta la rabbia verso il comportamento di un gruppo di procuratori».
Quando la sua vicenda sarà finita definitivamente ancora Italia o via dall'Italia?
«Ho appena investito in Italia con la mia holding Pgm, acquistando il marchio La Perla. Anzi direi che sono uno dei pochi che in questa fase ha scommesso in modo pesante su questo Paese. Poi vivo fuori dall'Italia, ma questo già da prima dell'arresto, per motivi familiari».
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