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Francesco Semprini per "La Stampa"
E' una promozione con riserva quella del Fondo monetario internazionale per il sistema bancario italiano, definito «stabile», ma non del tutto al riparo da rischi, legati alla fragilità economica del Paese, all'esuberanza del suo debito e alle ricadute sul sistema dei prestiti. Turbative nate anche da una situazione tributaria e fiscale malata, e per la quale occorre oggi agire sull'Iva e garantire coperture necessarie, se proprio ci si deve sganciare dall'Imu.
«Il sistema bancario ha retto alla crisi ed è in grado di far fronte ad eventuali altri choc perché i "buffer" di cui è dotato sono significativi», dice José Vinals, direttore del dipartimento dei mercati monetari e di capitali. «Una delle principali vulnerabilità è però insita nella debolezza economica del Paese e nella difficoltà delle attività di prestito», con le temute ricadute sulle imprese.
Eloquente è lo studio aggregato nella sezione «The euro area banking, corporate, and sovereign nexus», esposto nel Capitolo 1 per esaminare il rapporto fra banche e aziende. L'ipotesi di partenza è che il 45% dei crediti delle imprese in ogni Paese a moneta unica diventi insolvibile. In questo scenario il sistema bancario italiano dovrebbe fare i conti con perdite lorde per 125 miliardi di euro.
Ma al contrario della Spagna, ad esempio, dove le perdite stimate di 104 miliardi sarebbero del tutto coperte dagli attuali accantonamenti, il passivo dell'Italia rimarrebbe scoperto per 53 miliardi. «Tuttavia - dice il Gfsr - le perdite potenziali nette sarebbero finanziate dai profitti operativi senza erodere gli attuali cuscinetti di capitale».
Un elemento che conferma il buono stato di salute del sistema: «Fortunatamente, le autorità bancarie nazionali, e in particolare la Banca d'Italia, hanno già avviato una serie di esami sulla qualità dei prestiti e sulla performance delle banche, - dice Vinals - essenziali per assorbire eventuali perdite dovute a cattivi prestiti futuri».
Al contempo permangono in tutta la loro evidenza le debolezze derivanti dalle variabili macro, debito in primis. Da questo punto di vista, il Fmi esprime ottimismo sull'avvicinamento nel 2013 all'obiettivo del pareggio di bilancio strutturale, grazie al risanamento avviato in Italia e a un avanzo primario fra i migliori in Europa, confermando la stima di un deficit del 3,2% quest'anno e del 2,1% il prossimo, mentre la nota dolente è il debito, al 132,2% nel 2013 e al 133,1% nel 2014, incapace di scendere sotto del 120% prima del 2018.
Strettamente legato al risanamento dei conti pubblici è il capitolo tributario, in particolare Iva e Imu, i più scottanti capitoli dell'attuale dibattito di politica economica nazionale. «Se l'Imu sarà abolita dovrà essere compensata da altre entrate o tagli alla spesa», dice Michael Keen del Fmi, nel corso della presentazione del Fiscal Monitor, ricordano che Washington è comunque a favore di un tassa sulla prima casa. Sul lato della tassazione indiretta, Keen spiega invece che il nodo Iva potrebbe sciogliersi «allargando la base» imponibile e, prima ancora, «facendone rispettare» l'applicazione.
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