DAGOREPORT - BLACKSTONE, KKR, BLACKROCK E ALTRI FONDI D’INVESTIMENTO TEMONO CHE IL SECONDO MANDATO…
Marco Palombi per il “Fatto Quotidiano”
Nella Fondazione An gli eredi del Movimento sociale italiano, spaccati in mille rivoli, litigano per il malloppo. La cosa curiosa giacché pure la politica, e non solo l' etica, è vittima incosciente della storia - è che i post missini, creando la Fondazione, si sono ispirati al lavoro fatto pochi anni prima dai Ds, l' ultimo trampolino da cui il Pci decise di annegarsi nel Pd (la Margherita invece, l' altro socio fondatore, non aveva patrimonio e, dopo lo scandalo Lusi, ha destinato tutte le rimanenze al Fondo per l' ammortamento del debito pubblico).
Anche nel caso del patrimonio del Bottegone, infatti, le cose non vanno benissimo: a novembre dovrebbe tenersi un'udienza per capire se le banche creditrici riusciranno a mettere le mani sui beni degli ex comunisti per coprire un buco da 200 milioni di euro.
La storia di come si è arrivati fin qui è istruttiva. Era il 2005 quando Piero Fassino e Ugo Sposetti - segretario e tesoriere dei Ds - cominciarono a cercare un modo per mettere al riparo il patrimonio del partito dai debiti e, in seguito, dalle mani dei dirigenti piddini, spesso estranei al vecchio ceto politico post -comunista. Fu così che i due nel 2007 chiesero a Linda Giuva, che poi è la signora D' Alema, di fare un bel censimento del patrimonio Pci-Pds-Ds.
ugo sposetti emanuele macaluso
Fino ad allora non si sapeva bene nemmeno chi avesse cosa: alcuni lasciti erano alle sezioni, la maggior parte alle federazioni provinciali, qualcosa al nazionale. Alla fine, comunque, i Ds risultarono proprietari di 2.399 immobili (qualcuno, nel frattempo, venduto): non solo case del popolo, ma pure palazzi di pregio, uffici/sezioni, appartamenti. Il valore stimato fu di circa mezzo miliardo di euro.
Poi c' erano gli archivi e, dal punto di vista patrimoniale, soprattutto le opere d' arte donate al Pci: i pezzi forti sono due enormi Guttuso (La battaglia di Ponte dell' Ammiraglio e I funerali di Togliatti, ma ci sono pure non disprezzabili litografie, oli, bozzetti, incisioni, disegni. Questo l' ordine alfabetico riportato all' epoca da Ceccarelli su Repubblica: "Afro, Attardi, Beck, Calabria, Cascella, Consagra, Dorazio, Enotrio, Carlo Levi, Mazzacurati, Mulas, Munari, Oliva, Turcato, Turchiaro, Vespignani, Zigaina, Ziveri".
Tutta questa roba, decisero i Ds, non deve entrare nel Pd, né finire in mano ai creditori. Lo strumento giuridico individuato per mettere tutto al riparo fu la Fondazione, curiosamente sul modello di quelle bancarie: se ne crearono 57 nelle varie federazioni provinciali a cui il partito donò gratuitamente il patrimonio immobiliare. Il compito, formalmente, è quello di custodire storia e memoria del Pci attraverso apposite iniziative di cultura politica: mostre, pubblicazioni, roba così.
La cosa bella è che le Fondazioni ex Ds non rispondono a nessuno: non al Pd nazionale, non ai livelli locali e nemmeno a Ugo Sposetti, che ha avuto più di un problema qualche tempo fa, quando cercava soldi per pagare un po' di debiti della fu Quercia. Di fatto ogni Fondazione locale ha un consiglio di amministratori e un comitato di indirizzo, la cui nomina è a vita e in cui si entra solo per cooptazione.
Metterci le mani è impossibile, a meno che non intervenga un giudice.
Il punto debole di tutta questa costruzione, infatti, sono i debiti non rimborsati dei Ds. All' alba del nuovo millennio l' esposizione della Quercia - vecchi debiti dell' Unità compresi - arrivava all' astronomica cifra di 540 milioni di euro.
Nel 2003 Sposetti fece il miracolo: ristrutturò i debiti grazie all'aiuto di Cesare Geronzi, all' epoca sovrano di Capitalia, e al gruppo Angelucci. Il buco passò a 150 milioni, poi saliti a 176 nell' ultimo rendiconto disponibile, quello del 2011: con gli interessi si arriva ai duecento reclamati dalle banche (da Intesa San Paolo a Bnl, da Unicredit a Banco Popolare).
Qui c' è un altro inghippo: una leggina del 2000 (governo D' Alema) ha in sostanza stabilito che sui debiti dei Ds c' è la garanzia dello Stato, cioè del Dipartimento editoria di Palazzo Chigi (per via dell' Unità). Le banche, quindi, oltre a chiedere il pignoramento del patrimonio ex Ds, hanno battuto cassa al governo, che giusto a maggio ha fatto sapere che sta tentando pure lui di capire se può rivalersi sulle Fondazioni della Quercia.
A novembre è fissata l'udienza definitiva, ma Sposetti non è preoccupato: "Sono un sostenitore del principio che alle banche i soldi non si restituiscono", dichiarò al Fatto. L'ultima crisi europea suggerirebbe che forse è un po' troppo fiducioso nel primato della politica.
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