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ALTERNATIVI ALLA SEGRETARIA È ORA CHE I RIFORMISTI FACCIANO SENTIRE LA VOCE
Lettera di Stefano Ceccanti, Enrico Morando e Giorgio Tonini per “la Repubblica”
La Segretaria Schlein ha pieno diritto di tentare di realizzare la piattaforma politico-culturale e programmatica con cui ha vinto il congresso. Noi, che abbiamo limpidamente avversato quella piattaforma, mettendo in evidenza il rischio di un regresso verso un antagonismo identitario incoerente con la natura stessa del Pd come partito a vocazione maggioritaria, abbiamo non solo il diritto, ma anche il dovere di far vivere (e di far percepire all’esterno del partito) una visione, una cultura politica e una proposta programmatica distinta e, per molti aspetti, alternativa a quella di Schlein.
(…) Nel Manifesto dei valori del 2008 (l’unico nel quale continuiamo a riconoscerci pienamente), è l’impegno costituente delle diverse culture del riformismo italiano, ciò che dà un fondamento di cultura politica alla funzione che il Pd assegna a se stesso: costituire il partito asse di una credibile alternativa di governo al destra-centro. L’effettiva contendibilità di linea politica e leadership è l’indispensabile corollario di questo fondativo pluralismo interno, poiché garantisce al tempo stesso dell’ampiezza della rappresentanza e della capacità di decisione del partito.
DARIO FRANCESCHINI ELLY SCHLEIN GATTOPARDO MEME BY SARX88
Per questo sono da evitare come la peste sia le scissioni ad opera di minoranze sconfitte in regolari Congressi, sia le sollecitazioni ad accomodarsi fuori rivolte da maggioranze inconsapevoli ed arroganti a chi non condivide la linea politica e le scelte del leader pro-tempore. (…)
Dopo il Congresso, la Segretaria ha sostanzialmente mantenuto una continuità sul rigoroso posizionamento euroatlantico rispetto all’aggressione russa in Ucraina. Al consolidamento di questa scelta dobbiamo e vogliamo attivamente concorrere, perché la collocazione europea ed atlantica è la prima che definisce l’identità di un partito e la sua visione della funzione dell’Italia nel mondo.
dario franceschini foto di bacco (2)
Quando invece Schlein sembra tentata — in tema di riforme istituzionali — dal rifugiarsi nell’Aventino, con il fallace argomento che non si tratterebbe di questione prioritaria nell’agenda del Paese, tocca a noi riformisti un’aperta contestazione di una scelta che — contraddicendo una delle architravi della piattaforma del Pd e, prima ancora, dell’Ulivo del 1996 — finirebbe per trasferire gratuitamente alla destra un patrimonio di riformismo istituzionale costitutivo dell’identità stessa del Partito democratico. Se Schlein è timida nel rivendicare ai Governi del PD o sostenuti dal PD un primato nella riduzione strutturale del cuneo fiscale sul lavoro che Meloni attribuisce al mini-intervento del suo recente decreto, tocca a noi riformisti mettere in evidenza i risultati del nostro impegno, anche al fine di impegnare l’intero partito su di un versante su cui il nostro rendiconto non è altrettanto soddisfacente: se i salari italiani sono così bassi, gli interventi di riduzione del prelievo fiscale sugli stessi possono alleviare la pena, ma non possono rimuovere la causa, che si chiama produttività del lavoro e dei fattori che non cresce adeguatamente o non cresce affatto.
La produttività cresce se i l sistemapubblico di istruzione si organizza attorno all’obiettivo di garantire formazione di qualità anche ai bambini meno fortunati per il livello di istruzione, di reddito e di patrimonio della famiglia in cui nascono.
Ma ancora esitiamo a farci i protagonisti della costruzione di un penetrante sistema di valutazione, che favorisca l’introduzione di forti discriminazioni positive a favore di chi si impegna di più e ottiene migliori risultati nelle realtà sociali e territoriali più difficili. Senza valutare tutto e tutti il sistema scolastico non favorisce né la crescita economica, né il superamento della disuguaglianza delle opportunità. (…) Introdurre queste innovazioni è oggi più facile di ieri, perché le necessarie riforme possono contare sulle ingentissime risorse finanziarie del programma Next Generation EU, i cui massicci investimenti possono a loro volta sostenere più efficacemente la crescita grazie alle riforme che li accompagnano. Ma il Governo Meloni rimanda le riforme (a partire da quelle più facili, come le gare per le concessioni balneari); irrita i partner europei non ratificando il nuovo MES; sembra incapace di incidere nel confronto sul nuovo Patto di stabilità, fino a ieri magistralmente impostato da Mario Draghi tra i capi di governo e da Paolo Gentiloni in Commissione. E diffonde pessimismo sul rispetto dei tempi in fatto di concreta realizzazione degli investimenti.
(...)
Certo, Schlein può ignorare queste sollecitazioni della minoranza riformista e proseguire sulla sua strada, insistendo sulle riforme istituzionali come diversivo e sulla priorità della redistribuzione rispetto alla crescita (nella pretesa che, alla fine, quest’ultima segua la prima, come l’intendenza napoleonica).
Sarà un peccato, perché per questa via il Pd potrà forse recuperare qualche punto percentuale a danno del M5S, ma non riuscirà a ridurre la distanza rispetto a Meloni sul terreno che conta davvero: la credibilità della proposta di governo.
Il timore di non riuscire a modificare l’orientamento di Schlein non può tuttavia indurci al silenzio rassegnato della fase post-congressuale: c’è una larga parte dell’elettorato di centrosinistra che ha bisogno di un riferimento solido, e oggi non lo trova. I riformisti del Pd, con una visibile battaglia delle idee all’interno del partito, possono fornirglielo. È molto probabile che non si tratterà di una battaglia breve, accompagnata da risultati immediati.
Anche per questo, è indispensabile che cominci subito, prima dell’estate, promuovendo un’occasione di confronto, aperto anche all’esterno del partito, per discutere, aggiornare e rilanciare un’ambiziosa agenda riformista.
lorenzo guerini foto di baccogiorgia meloni lorenzo guerini audizione al copasir
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