DAGOREPORT – AVVISATE IL GOVERNO MELONI: I GRANDI FONDI INTERNAZIONALI SONO SULLA SOGLIA PER USCIRE…
Alberto Simoni per “La Stampa”
giorgia meloni alla conferenza dei conservatori cpac, in florida
La Casa Bianca sceglie il tradizionale riserbo sulle vicende italiane ma il livello di attenzione per gli eventi politici a Roma si sta alzando. Così come la convinzione - suffragata dai sondaggi che circolano anche nelle stanze della diplomazia Usa - che Giorgia Meloni possa essere il prossimo premier.
Per questo gli sherpa sono già al lavoro per creare le premesse di un incontro con il presidente Biden allorquando Meloni dovesse traslocare a Palazzo Chigi. La data c'è già, così come il luogo: 15-16 novembre a Bali in occasione del G20.
Biden potrebbe incontrare Xi Jinping, Putin potrebbe tornare sulla scena e ci sarà l'esordio di Liz Truss, neo primo ministro britannico.
giorgia meloni davanti alla casa bianca 2
La Casa Bianca ha recepito l'ipotesi di allestire un incontro "a margine" e ha recapitato agli emissari - informali - della Meloni il messaggio che l'Italia resta un alleato fondamentale con il quale si condividono valori e interessi strategici ed economici che vanno al di là del colore politico e delle famiglie di appartenenza.
Una precisazione non richiesta, ma che spiega alcuni timori dopo che la stampa Usa - in primis il New York Times - nelle scorse settimane aveva lanciato l'allarme democrazia in Italia in caso di vittoria della destra. Biden - dicono fonti dell'Amministrazione - è uomo di lunga esperienza, frequentatore del Senato e con amici, molti, fra i repubblicani. È consapevole che in campagna elettorale o quando si parla davanti a platee omogenee (il riferimento è alla Conferenza dei conservatori, cui la Meloni partecipò in Florida in febbraio) i toni possano essere più carichi.
IL CREMLINO E LE ELEZIONI ITALIANE
Rispondendo a una domanda de La Stampa sul futuro governo, un portavoce del Dipartimento di Stato ha ribadito che «Usa e Italia continueranno a lavorare insieme su molti importanti dossier, inclusi sicurezza e sostegno all'Ucraina».
La caduta di Draghi è stata un fulmine a ciel sereno, mal colta negli ambienti diplomatici Usa che però in agosto hanno accelerato sulla definizione del profilo della leader di un partito che 4 anni fa non superava il 10%. E le credenziali di atlantista, solida sui temi della sicurezza e non ondivaga sul sostegno a Kiev avendo votato FdI sempre per l'invio di armi e sostegni, sono le carte che più contano.
Il Washington Post ieri ha dedicato una lunga intervista a Meloni - che ha ribadito le sue posizioni su atlantismo, visione dell'Europa e valori conservatori - e Adolfo Urso, senatore di FdI e presidente del Copasir, è in queste ore nella capitale Usa per una serie di incontri tesi a rafforzare il «profilo moderato del partito».
Una visita, come altre in passato, apprezzate dagli americani e che stanno contribuendo a rafforzare il profilo della leader della destra. L'agenda di Urso, qui come esponente di FdI e inviato di Meloni, è di livello governativo con incontri al Congresso e con esponenti dell'Amministrazione che sperano in una continuità con il governo Draghi.
giorgia meloni alla conferenza dei conservatori cpac, in florida
Non per niente lo stesso Urso, di ritorno da Kiev, ha sottolineato di aver parlato con il ministro Guerini e con Draghi, «cosa fatta anche prima di partire per Washington». Meloni non avrà una luna di miele agevole comunque negli Usa. In ambienti diplomatici si evidenzia che ci sono quattro elementi sui quali il giudizio è sospeso: anzitutto il dubbio sulla capacità di resistere a determinate pressioni e la posizione sui migranti.
Ma è sui rapporti con l'Europa e sulla composizione della coalizione di centro destra che si addensano le nuvole. L'Amministrazione Biden è la più pro-Ue che gli Usa abbiano avuto, le relazioni fra le singole capitali e Bruxelles sono monitorate attentamente.
Uscite come quella sulla «fine della pacchia», sollevano perplessità. Ma è soprattutto il ruolo di Salvini, che a Washington resta etichettato come filo Putin, a preoccupare. E la diffusione del report dell'intelligence sui finanziamenti russi a molti partiti, suona come un avvertimento
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