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Walter Rauhue per “la Stampa”
MIGRANTI IN GERMANIA - HANGAR DI TEMPELHOF
Quattro metri quadrati di Germania. Giusto lo spazio per una piccola branda, una seggiola di plastica bianca e un scendiletto. È una squallida realtà quella che attende i profughi che approdano al centro di prima accoglienza di Berlino allestito all' interno dell' immenso hangar 2 nell' ex aeroporto cittadino di Tempelhof. «L' hangar della vergogna», come lo chiamano le associazioni di volontari, le ong e i collaboratori della Caritas che, in un drammatico appello al comune, ne chiedono l' immediata chiusura.
O il «terminal dell' inferno», come si sono ormai abituati a chiamarlo i loro inquilini, i tanti rifugiati fuggiti dalla Siria, dall' Afghanistan o dall' Iraq e arrivati in Germania, la terra promessa dei disperati d' ogni dove. Ma l' hangar 2 di Berlino, questa buia, maleodorante e caotica anticamera della loro Germania è l' opposto di quanto avevano sognato lungo tutta la loro interminabile fuga.
MIGRANTI IN GERMANIA - HANGAR DI TEMPELHOF
L' hangar nel quale un tempo parcheggiavano i primi Junker F 13 della Lufthansa, i Douglas DC3 degli americani e ancor prima i dirigibili Zeppelin, è una struttura in acciaio, vetro e cemento armato lunga 250 metri e alta 30 nella quale attualmente sono ammassati circa 600 profughi. Donne, uomini e bambini costretti a vegetare giorno e notte nei microscopici spazi "privati" divisi tra loro solo da sottili tende in stoffa.
Nessuna privacy, ovunque regna un frastuono assordante di mille voci-dialetti e lingue, rumori metallici, annunci diffusi tramite gli altoparlanti, le grida di bambini che improvvisano improbabili giochi nei corridoi. E ancora: gli odori che provengono dalla mensa improvvisata nell' hangar accanto e che si mischiano a quelli provenienti dai bagni chimici allestiti negli androni. I bidoni della spazzatura che straripano di piatti, bicchieri, bottiglie di plastica. Agenti della sorveglianza privata che gridano pur di farsi sentire e locandine tappezzate con le informazioni contraddittorie e comunque incomprensibili per i nuovi arrivate diramate dagli uffici addetti all' immigrazione.
I GIORNI DEGLI ARRIVI
MIGRANTI IN GERMANIA - HANGAR DI TEMPELHOF
«Fino a 2-3 anni fa tutti i profughi assegnati alla città stato di Berlino venivano prima portati in questi hangar - racconta Dimitri, 22 anni, volontario della chiesa evangelica. - All' apice dell' ondata migratoria, quando ogni mese solo a Berlino arrivavano 18-20 mila rifugiati e la cancelliera Merkel si faceva celebrare per la sua politica dell' accoglienza, fino a 4 hangar sono stati adibiti ad enormi dormitori. Fino a 4800 perone vivevano qui in condizioni indegne per la capitale di uno dei Paesi più ricchi del mondo».
Oggi è rimasto solo l' hangar 2. Gli altri sono stati chiusi e i profughi distribuiti in altri centri stabili disseminati in tutta la città o si sono trovati da soli altre sistemazioni.
MIGRANTI IN GERMANIA - HANGAR DI TEMPELHOF
«Non c'è più bisogno di una struttura così grande a Berlino», ammette la portavoce dell' assessorato per l' assistenza sociale Karin Rietz. La Germania ha di nuovo chiuso le sue frontiere e il numero dei nuovi arrivi a Berlino è notevolmente diminuito a circa 600-800 profughi al mese. «In realtà il centro di prima accoglienza all' interno dell' hangar era stato pensato per una permanenza massima degli ospiti di massimo una-due notti», dichiara la Rietz. Ma la realtà è un' altra. Molti rifugiati sono costretti a rimanere in questo inferno anche tre mesi.
MIGRANTI IN GERMANIA - HANGAR DI TEMPELHOF
Un luogo simbolico e leggendario, che negli anni del dopoguerra rappresentava per i cittadini di Berlino ovest un' ancora di salvezza e di sopravvivenza. Negli anni del blocco sovietico di Berlino ovest , era da qui che le truppe di Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia organizzarono il ponte aereo. Ogni minuto a Tempelhof atterrava un aereo con a bordo viveri, carbone, medicinali, benzina, sigarette e tutto quello che una città di 2 milioni di abitanti aveva bisogno per sopravvivere. Oggi la capitale tedesca non riesce a garantire qui nemmeno una sopravvivenza dignitosa a 600 profughi.
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